La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 27568 depositata il 10 dicembre 2013 intervenendo in tema accertamento fiscale ha confermato il principio statuito in altre sentenze, secondo cui il fisco può rettificare induttivamente le percentuali di ricarico, anche sulla base di un ridotto numero di documenti, nel caso in cui si rilevi che le operazioni commerciali collegate siano da considerarsi antieconomiche. Affermando anche nel caso di cessione di campioni gratuiti, non prodotti internamente dall’impresa e mancanti della descrizione prevista dall’art. 2, comma 3, lettera d) D.P.R. n. 633/1972, l’Amministrazione finanziaria può procedere al recupero a tassazione dei medesimi.
La vicenda ha riguardato una società di capitale che commercializzava pelli conciate a cui veniva notificato avviso di accertamento per il recupero di maggiori redditi IREPG, IRAP e IVA basato sul metodo delle percentuali di ricarico.
La società contribuente impugnava l’accertamento dinnanzi alla Commissione Tributaria Provinciale i cui giudici accoglievano le doglianze della ricorrente. L’Amministrazione Finanziaria impugnava la pronuncia del giudice di prime cure inanzi alla Commissione Tributaria Regionale che rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate. In particolare per la CTR rilevava come il ricarico operato nell’accertamento non era supportato da sufficienti elementi di prova, basandosi sull’esame di un esiguo numero di documenti. Per i giudici di appello, infine, in merito alla ripresa a tassazione dei campioni ceduti gratuitamente dalla impresa, precisava come fossero di modico valore e riportassero la dicitura “campioni gratuiti”.
L’Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza di appello proponeva ricorso, basato su due motivazioni di censura, alla Corte Suprema. Il Fisco lamentava, tra l’altro, che la Ctr non aveva preso in considerazione il ricarico applicato dall’Ufficio, in quanto supportato da un numero esiguo di documenti e sul corretto trattamento della cessione di campioni gratuiti, così come normata dall’art. 2, comma 3, lettera d), D.P.R. n. 633/1972.
Gli Ermellini accolgono il ricorso dell’Agenzia cassando la sentenza impugnata e rinviando ad altra sezione della CTR. I giudici di legittimità riafferma quanto già stabilito in precedenti sentenze della Corte precisando che è da ritenersi “… legittima la presunzione che la percentuale di ricarico applicata sulla merce venduta in evasione è uguale a quella applicata sulla merce commercializzata ufficialmente, a meno che il contribuente non provi di aver venduto a prezzi inferiori le merci non documentate, e ciò anche con riferimento alla media del medesimo settore merceologico …” , come nel caso di specie. (Cassazione sentenza n. 26312 del 16 dicembre 2009; n. 14328/2009).
I giudici del Palazzaccio condividono anche la seconda doglianza dell’Agenzia condividendone la censura in quanto il Giudice della Ctr si è limitato ad evidenziare che sulle merci cedute a titolo gratuito ci fosse scritto “campioni gratuiti” senza attenersi a quanto disposto dall’art. 2, comma 3, lettera d) del D.P.R. n. 633/1972, ovvero che per le merci non di produzione della ditta interessata, i beni ceduti a titolo gratuito, oltre al contrassegno, devono presentare altri elementi, tra cui il fatto di essere di modico valore, elementi che non risultano enunciati nel caso in esame.
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