CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 21 novembre 2013, n. 26150
Tributi – Accertamento – Mancata risposta al questionario – Accertamento induttivo mediante applicazione dei parametri-studi di settore – Procedimento legittimo
Osserva
La CTR di Napoli ha respinto l’appello dell’Agenzia delle Entrate -appello proposto contro la sentenza n.271/06/2008 della CTP di Avellino che aveva accolto il ricorso della parte contribuente M.S.- ed ha cosi annullato l’avviso di accertamento per IVA-IRPEF-IRAP relativo agli anni 1998 e 1999 nella parte in cui venivano ripresi a tassazione ricavi non dichiarati, mediante ricostruzione induttiva del reddito di impresa ed applicazione dei “parametri” quale strumento presuntivo di detti maggiori ricavi, atteso che il contribuente (convocato in ufficio per l’esibizione della documentazione contabile con questionari) non aveva ottemperato a tale richiesta.
La predetta CTR ha motivato la decisione nel senso che l’art. 39 del DPR n.600/1973 non giustifica la rettifica del reddito dichiarato in forza della sola omessa risposta al questionario ma in presenza di gravi inadempienze. D’altronde l’Agenzia non aveva in alcun modo contestato la regolarità della contabilità aziendale sicché l’accertamento dei maggiori ricavi non poteva essere affidato alla considerazione dei valori medi del settore economico di appartenenza, inidonei a configurare presunzione grave e precisa.
L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a unico motivo.
La parte contribuente non si è costituita.
Il ricorso – ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore, componente della sezione di cui all’art.376 cpc- può essere definito ai sensi dell’art.375 c.p.c.
Infatti, con il motivo unico di impugnazione (centrato sulla violazione dell’art. 39 comma 2, lett. d) e dell’art. 41 DPR n. 600/1973, dell’art. 55 del DPR 633/1972 nonché degli art.2697 cod. civ. e 116 cpc) la ricorrente Agenzia – dopo avere premesso che, per effetto della omessa presentazione delle menzionate documentazioni contabili, aveva provveduto alla ricostruzione induttiva dell’imponibile, prescindendo da eventuali scritture contabili ed avvalendosi di presunzioni semplici, quali appunto l’applicazione del metodo parametrico – evidenziava l’erroneità della pronuncia impugnata alla luce della lettera dell’art. 39 dianzi citato, nella parte in cui legittima appunto un siffatto metodo di accertamento “quando il contribuente non ha dato seguito agli inviti disposti dagli uffici ai sensi dell’art. 32 primo comma n.3 e 4….”.
Il motivo appare fondato e da accogliersi.
Ed invero, è giurisprudenza pacifica della Suprema Corte che:”in tema di accertamento delle imposte sui redditi, il comportamento del contribuente che ometta di rispondere ai questionari previsti dall’art. 32, n. 4, del d.P.R. n. 600 del 1973 e non ottemperi alla richiesta di esibizione di documenti e libri contabili relativi all’impresa esercitata, impedendo in tal modo, o comunque ostacolando, la verifica dei redditi prodotti da parte dell’Ufficio, vale di per sé solo ad ingenerare un sospetto sull’attendibilità di dette scritture, rendendo “grave” la presunzione di attività non dichiarate desumibile dal raffronto tra le percentuali di ricarico applicate e quelle medie del settore, e, conseguentemente, legittimo l’accertamento induttivo emesso su quella base dall’Ufficio ex art. 39, primo comma, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973″ (per tutte, Sez. 5, Sentenza n. 19014 del 28/09/2005).
Non vi è dubbio perciò che sussistessero i presupposti per la rideterminazione induttiva del reddito d’impresa, in termini tali che sarebbe spettato poi al giudice del merito acclarare non già se la determinazione dell’imponibile fosse stata effettuata con modalità analitiche e con riferimento alla contabilità d’impresa ma se -a fronte delle induzioni semplici sulle quali l’accertamento appariva fondato- la parte contribuente aveva addotto le opportune prove contrarie ai fini della dimostrazione della produzione di un reddito inferiore a quello induttivamente acclarato.
Non essendosi attenuto il giudice del merito al principio di diritto sopra enunciato, non resta che cassare la decisione impugnata e restituire la controversia al giudice del merito per un nuovo esame delle censure di appello, alla luce della corretta regula iuris.
Si ritiene – perciò – che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza.
Roma 30 marzo 2013
che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie; che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto; che le spese di lite possono essere regolate dal giudice del rinvio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso. Cassa la decisione impugnata e rinvia alla CTR Campania che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese di lite del presente grado.
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