CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 11 settembre 2013, n. 20836
Lavoro – Periodo di riposo – Ferie annuali – Mancato godimento – Diritto all’indennità sostitutiva – Risarcimento del danno e compenso della prestazione lavorativa prestata in periodo destinato al riposo – Trattamento di fine rapporto
Svolgimento del processo
La Corte di appello, giudice del lavoro, di Lecce, sezione distaccata di Taranto, in accoglimento dell’appello proposto da M.P. nei confronti della I. S.p.A., riconosceva il diritto del lavoratore al computo dell’indennità sostitutiva delle ferie tenendo conto, nella base di calcolo, di ogni emolumento che, in funzione integrativa della retribuzione, assumesse il carattere della obbligatorietà, della continuità, della determinatezza o determinabilità e così, nello specifico, del premio di produzione e della gratifica natalizia e della tredicesima mensilità. Accoglieva, altresì, la domanda diretta ad ottenere l’inclusione della indennità sostitutiva delle ferie ai fini della determinazione del t.f.r.. A base di tale decisione la Corte territoriale poneva l’orientamento espresso a questa Corte in varie sentenze, tra cui la n. 236/2005, nel senso del riconoscimento della natura retributiva dell’indennità sostituiva in questione.
Per la cassazione di tale sentenza la I. S.p.A. propone ricorso affidato a due motivi.
E’ rimasto solo intimato M.P.
Motivi della decisione
1. Con il primo la ricorrente denuncia: “Violazione e falsa applicazione degli artt. 36, comma 3, Cost., 2109, 2120, 2126, 2043 e 2058 cod. civ. (in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ.)”. Si duole della ritenuta natura retributiva dell’indennità sostitutiva delle ferie e dunque della conseguente inclusione nella base di calcolo, di ogni emolumento che, in funzione integrativa della retribuzione, assumesse il carattere della obbligatorietà, della continuità, della determinatezza o determinabilità e così, nello specifico, del premio di produzione e della gratifica natalizia e della tredicesima mensilità nonché della inclusione di tale indennità ai fini della determinazione del t.f.r.. Richiama pronunce recenti di questa Corte che hanno, al contrario, riconosciuto la natura risarcitoria di tale indennità.
2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 13 disciplina speciale parte terza e dell’art. 15 disciplina speciale parte prima del c.c.n.l. addetti all’industria metalmeccanica privata; violazione e falsa applicazione dell’accordo del 20/5/1989″. Si duole dell’inclusione dell’indennità sostitutiva delle ferie ai fini del trattamento di fine rapporto anche sotto altro profilo e cioè rilevando che la regolamentazione contrattuale non include tra i tassativi emolumenti che concorrono a determinare la base di calcolo di tale trattamento anche l’indennità sostitutiva delle ferie”.
3. I motivi attengono alla questione della natura giuridica dell’indennità sostitutiva delle ferie che rileva sotto vari profili: previdenziale, del computo del t.f.r.; dell’applicazione del termine di prescrizione (quinquennale o decennale); della liberazione dall’obbligazione quando il godimento delle ferie sia divenuto impossibile non per responsabilità del datore; della concezione dell’obbligazione feriale come obbligazione alternativa (avente cioè un oggetto duplice a facoltà alternativa) oppure come obbligazione avente un unico oggetto.
Va, in primo luogo, chiarito che la presente vicenda si è svolta in epoca antecedente sia all’entrata in vigore del d.lgs. 8 aprile 2003, n. 66 (di attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/14/CE) – il cui art. 10, modificato dal d.lgs. 19 luglio 2004, n. 213 prevede una disciplina delle ferie annuali, complementare rispetto a quella di cui all’art. 2109 cod. civ. – sia all’emanazione della direttiva 4 novembre 2003, n. 2003/88/CE, il cui art. 7, si occupa ugualmente del diritto del lavoratore alle ferie annuali.
Fatta questa premessa, va precisato che, in base a consolidati e condivisi orientamenti di questa Corte, il diritto alle ferie nel nostro ordinamento gode di una tutela rigorosa, di rilievo costituzionale, visto che l’art. 36 Cost., comma 3, prevede testualmente che “il lavoratore ha diritto al riposto settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi”.
All’interno della più ampia categoria dei riposi lavorativi (pause intermedie, riposo giornaliero, settimanale ed annuale) quello feriale riveste una più accentuata dimensione personalistica ed esistenziale in quanto rivolto – più delle altre tipologie di riposo – non solo al recupero delle energie psicofisiche spese dal lavoratore per l’esecuzione della prestazione, ma anche a consentire alla persona di poter coltivare interessi morali e materiali, personali e sociali di natura extralavorativa, fruendo di un periodo tempo libero retribuito.
Le ferie rappresentano, perciò, un diritto che va correlato alla persona che al lavoratore e vanno riguardate più in funzione della qualità della vita che del rispetto di equilibri contrattuali.
La duplicità delle funzioni rivestite dal periodo feriale è stata riaffermata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 543/1990 secondo la quale: “Non vi è dubbio che la disposizione contenuta nel terzo comma dell’art. 36 Cost. garantisce la soddisfazione di primarie esigenze del lavoratore, dalla reintegrazione delle sue energie psico-fisiche allo svolgimento di attività ricreative e culturali, che una società evoluta apprezza come meritevoli di considerazione”.
In base all’art. 2109, comma 2, cod. civ. l’esatta determinazione del periodo feriale, presupponendo una valutazione comparativa di diverse esigenze, spetta unicamente all’imprenditore quale estrinsecazione del generale potere organizzativo e direttivo dell’impresa; al lavoratore compete soltanto la mera facoltà di indicare il periodo entro il quale intende fruire del riposo annuale, anche nell’ipotesi in cui un accordo sindacale o una prassi aziendale stabilisca – al solo fine di una corretta distribuzione dei periodi feriali – i tempi e le modalità di godimento delle ferie tra il personale di una determinata azienda. Peraltro, allorché il lavoratore non goda delle ferie nel periodo stabilito dal turno aziendale e non chieda di goderne in altro periodo dell’anno non può desumersi alcuna rinuncia – che, comunque, sarebbe nulla per contrasto con norme imperative (art. 36 Cost. e art. 2109 cod. civ.) – e quindi il datore di lavoro è tenuto a corrispondergli la relativa indennità sostitutiva delle ferie non godute (cfr. Cass. 12 giugno 2001, n. 7951; id. 18 giugno 1988, n. 4198; 2 ottobre 1998, n. 9797).
In merito alla natura di tale indennità, vi è stata qualche incertezza nella stessa giurisprudenza di questa Corte.
Così è stato ritenuto (si veda Cass. 11 maggio 2011, n. 10341; id. 27 agosto 2003, n. 12580) che l’indennità sostitutiva delle ferie e dei riposi settimanali non goduti ha natura non retributiva ma risarcitoria ed è pertanto esclusa dall’obbligo della contribuzione restando soggetta alla prescrizione ordinaria decennale, decorrente anche in pendenza del rapporto di lavoro. Si è, in sostanza, considerato che il relativo diritto derivi dall’inadempimento contrattuale del datore il quale ha l’obbligo di far godere le ferie al lavoratore, ponendosi in rilievo il fatto che l’indennità sia rivolta a riparare la lesione di un diritto, il danno costituito dalla perdita del riposo; e che non abbia un diretto legame con la prestazione resa dal lavoratore (oltretutto legittima nella sua genesi).
Di contro è stato affermato (Cass. 10 maggio 2010, n. 11262; id. 3 aprile 2004, n. 6607) che l’indennità sostitutiva di ferie non godute è assoggettabile a contribuzione previdenziale a norma dell’art. 12 della legge n. 153 del 1969, sia perché, essendo in rapporto di corrispettività con le prestazioni lavorative effettuate nel periodo di tempo che avrebbe dovuto essere dedicato al riposo, ha carattere retributivo e gode della garanzia prestata dall’art. 2126 cod. civ. a favore delle prestazioni effettuate con violazione di norme poste a tutela del lavoratore sia perché un eventuale suo concorrente profilo risarcitorio – oggi pur escluso dal sopravvenuto art. 10 del d.lgs. n. 66 del 2003, come modificato dal d.lgs. n. 213, del 2004, in attuazione della direttiva n. 93/104/CE – non impedirebbe la riconducibilità all’ampia nozione di retribuzione imponibile delineata dal citato art. 12, costituendo essa comunque un’attribuzione patrimoniale riconosciuta a favore del lavoratore in dipendenza del rapporto di lavoro e non essendo ricompresa nella elencazione tassativa delle erogazioni escluse dalla contribuzione. La natura retributiva guarda, dunque, alla prestazione contrattualmente non dovuta, perché illecitamente prestata contra legem ex art. 2126 cod. civ. che, al secondo comma, riconosce il diritto, appunto, alla retribuzione.
E’ stato anche ritenuto (così Cass. 9 luglio 2012, n. 11462), propendendosi per la natura mista dell’indennità in questione, che, in relazione al carattere irrinunciabile del diritto alle ferie, garantito dall’art. 36 Cost. – ed ulteriormente sancito dall’art. 7 della direttiva 2003/88/CE (v. la sentenza 20 gennaio 2009 nei procedimenti riuniti c-350/06 e c-520/06 della Corte di giustizia dell’Unione europea) -, ove in concreto le ferie non siano effettivamente fruite, anche senza responsabilità del datore di lavoro, spetta al lavoratore l’indennità sostitutiva che ha, per un verso, carattere risarcitorio, in quanto idonea a compensare il danno costituito dalla perdita di un bene (il riposo con recupero delle energie psicofisiche, la possibilità di meglio dedicarsi a relazioni familiari e sociali, l’opportunità di svolgere attività ricreative e simili) al cui soddisfacimento l’istituto delle ferie è destinato e, per altro verso, costituisce erogazione di indubbia natura retributiva, perché non solo è connessa al sinallagma caratterizzante il rapporto di lavoro, quale rapporto a prestazioni corrispettive, ma più specificamente rappresenta il corrispettivo dell’attività lavorativa resa in periodo che, pur essendo di per sé retribuito, avrebbe invece dovuto essere non lavorato perché destinato al godimento delle ferie annuali, restando indifferente l’eventuale responsabilità del datore di lavoro per il mancato godimento delle stesse.
A tal più recente indirizzo (che conferma altro precedente espresso da Cass. 25 settembre 2004, n. 19303; id. 19 maggio 2003, n. 7836; 2 agosto 2000, n. 10173; 5 maggio 2000, n. 5624; 13 marzo 1997, n. 2231) si intende dare continuità considerando che l’indennità in questione, oltre a poter avere carattere risarcitorio, non è che il corrispettivo dell’attività resa in un periodo che avrebbe dovuto essere destinato al riposo (cioè il corrispettivo dell’attività lavorativa resa in periodo che, pur essendo retribuito di per sé, avrebbe dovuto essere non lavorato).
Per completezza si aggiunge che, in più occasioni, clausole di contratti collettivi che prevedevano esclusivamente il godimento delle ferie e non anche l’indennità sostitutiva sono state interpretate – in applicazione del principio di conservazione del contratto – nel senso che la mancata fruizione delle ferie per causa non imputabile al lavoratore, non può escludere il diritto di quest’ultimo all’indennità sostitutiva delle stesse, in considerazione della irrinunciabilità del relativo diritto stesso (così Cass. 9 novembre 2002, n. 15776; id. 17 febbraio 2003, n. 2360; 9 aprile 2003, n. 5515; 16 maggio 2003, n. 7714; 7 maggio 2004, n. 8741; 10 gennaio 2007, n. 237 e la più recente Cass. 9 luglio 2012, n. 11462 già sopra citata secondo la quale va ritenuta l’illegittimità, per contrasto con norme imperative, delle disposizioni dei contratti collettivi che escludano il diritto del lavoratore all’equivalente economico di periodi di ferie non goduti al momento della risoluzione del rapporto, salva l’ipotesi del lavoratore che abbia disattesa la specifica offerta della fruizione del periodo di ferie da parte del datore di lavoro).
L’impugnata sentenza non si è discostata da tali princìpi sia laddove ha ritenuto che dovesse essere incluso nella base di calcolo dell’indennità sostitutiva delle ferie ogni emolumento che, in funzione integrativa della retribuzione, assumesse il carattere della obbligatorietà, della continuità e della determinatezza e determinabilità (e così si dovesse tener conto della incidenza della quota oraria del premio di produzione e della gratifica natalizia) sia che si dovesse computare la suddetta indennità ai fini della determinazione del t.f.r..
Quanto, infine, al rilievo secondo il quale la Corte territoriale avrebbe omesso di considerare, ai fini della determinazione dei criteri di calcolo, gli artt. 13 disciplina speciale parte terza e 15 disciplina speciale parte prima del c.c.n.l. addetti all’industria metalmeccanica privata nonché l’accordo del 20/5/1989 (quest’ultimo in particolare prevedente che il conguaglio del premio di produzione dovesse avvenire con riferimento ad un insieme tassativo di emolumenti tra cui non era ricompresa l’indennità sostitutiva delle ferie), va rilevato che lo stesso, oltre a muovere dal medesimo erroneo presupposto della natura risarcitoria dell’indennità per cui è causa, si infrange contro il (non censurato) passaggio motivazionale secondo il quale i calcoli sviluppati per la determinazione del credito complessivo vantato dall’appellante non erano stati contestati dalla società (senza dire che neppure risulta quando ed in che termini la questione dell’esistenza, per scelta contrattuale, di limiti al principio, posto a base del decisum, dell’onnicomprensività della retribuzione, sia stata prospettata al giudice del merito, essendo a tal fine del tutto sufficiente l’indicazione dell’avvenuta produzione, in sede di giudizio di primo grado, del c.c.n.l. e dell’accordo sopra richiamati).
4. Da tanto consegue che il ricorso deve essere rigettato.
5. Infine nulla va disposto per le spese del presente giudizio di legittimità essendo rimasto il P. solo intimato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; nulla per le spese del presente giudizio di legittimità.
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