Corte di Cassazione sentenza n. 22895 del 4 novembre 2011
LAVORO (RAPPORTO DI) – PREVIDENZA SOCIALE – MALATTIA, ASSICURAZIONE E ASSISTENZA: IN GENERE – CONTRIBUZIONE FIGURATIVA
massima
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Ha diritto alla contribuzione figurativa relativa ai periodi di astensione obbligatoria per maternità fuori dal rapporto di lavoro la colf anche se all’epoca della maternità non sussisteva la relativa tutela in favore delle lavoratrici domestiche.
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso notificato il 30 marzo 2007, l’INPS chiede, con un unico motivo, la cassazione della sentenza pubblicata il 28 settembre 2006 e notificata il successivo 1° febbraio 2007, con la quale la Corte d’appello di Torino ha confermato la decisione di primo grado di accoglimento della domanda di C. P. di ricostruzione della pensione di vecchiaia in godimento dal 1° dicembre 1992, quale lavoratrice domestica, in forza dell’accredito della contribuzione figurativa relativa ai periodi di astensione obbligatoria per maternità caduti tra il 1961 e il 1967, fuori dal rapporto di lavoro, in anni in cui non era prevista l’assicurazione obbligatoria per le lavoratrici domestiche, di cui alla legge n. 1204 del 1971. Con la conseguente condanna dell’INPS alla corresponsione degli arretrati di pensione.
In proposito, i giudici hanno osservato che l’art. 2, comma 4° D.Lgs. 16 settembre 1996 n. 564, nello stabilire che i periodi corrispondenti all’astensione obbligatoria dal lavoro di cui agli artt. 4 e 5 della legge 30 dicembre 1971 n. 1204 e successive modificazioni e integrazioni, verificatisi al di fuori del rapporto di lavoro, sono oggetto di accredito figurativo, richiede solo che il soggetto richiedente: a) sia iscritto al fondo pensioni lavoratori dipendenti o a forme sostitutive ed esclusive dell’A.G.O. e b) che possa far valere, al momento della domanda, almeno cinque anni di contribuzione versata in costanza di rapporto di lavoro; senza viceversa attribuire alcun rilievo al fatto che all’epoca della maternità sussistesse o meno la relativa tutela in favore delle lavoratrici domestiche e di quelle a domicilio.
L’INPS al contrario sostiene col ricorso (con cui deduce la violazione degli artt. 2114 c.c., 1, 2, 4, 5, 6 e 9 L. n. 1204/71 e 25 D.Lgs. n. 151/01) che presupposto imprescindibile per il riconoscimento del beneficio dei contributi figurativi in esame è costituito dalla vigenza dell’assicurazione obbligatoria per la categoria cui appartiene l’interessata nel periodo corrispondente all’astensione obbligatoria per maternità.
Resiste alle domande C. P. con controricorso, depositando altresì una memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La tesi sostenuta dall’INPS non ha fondamento nella disciplina legale dell’istituto.
Secondo, infatti, la costante giurisprudenza di questa Corte (cfr. ad es. Cass. nn. 23037/10, 17517/10 e 15081/08) il principio di cui all’art. 2, comma 4° del D.Lgs. n. 564 del 1996, che consente che i periodi corrispondenti all’astensione obbligatoria verificatisi al di fuori del rapporto di lavoro siano oggetto di accredito figurativo nell’ambito del fondo pensioni lavoratori dipendenti o di forme sostitutive ed esclusive dell’A.G.O., si applica anche in favore della lavoratrice domestica e di quella a domicilio, sebbene all’epoca della maternità non esistesse ancora la tutela previdenziale in favore di tali categorie di lavoratrici.
Tuttavia devesi rilevare, d’ufficio, che la pretesa della originaria dipendente è infondata, per cui il ricorso va accolto.
Premesso che la P. fruisce di pensione di vecchiaia con decorrenza dal dicembre 1992 (come dalla stessa dichiarato nel controricorso e accertato nella sentenza della Corte d’appello di Torino), la sua situazione pensionistica, per quanto riguarda il tema oggetto del giudizio, era retta dall’art. 14, comma 3° del D.Lgs. 30 dicembre 1992 n. 593, il quale riconosceva l’accredito contributivo figurativo per i periodi di astensione obbligatoria per maternità ricadenti fuori del rapporto di lavoro, purché verificatisi successivamente al 1° gennaio 1994.
Quest’ultima limitazione temporale non figurava più nella successiva norma di cui all’art. 2, quarto comma del D.Lgs. 16 settembre 1996 n. 564, il quale peraltro limitava il beneficio a coloro che fossero iscritti al Fondo pensioni e quindi in attività alla data della nuova disciplina, con esclusione pertanto dei soggetti già pensionati a tale data (nel medesimo senso con riguardo all’interpretazione dell’analogo art. 25, secondo comma del D.Lgs. 26 marzo 2001 n. 151, oggetto altresì di interpretazione autentica ad opera dell’art. 2, comma 504° della legge 24 dicembre 2007 n. 244, successivamente dichiarato costituzionalmente corretto, in riferimento agli artt. 3, 31 e 37 Cost., da Corte cost. 22 febbraio 2010 n. 71, cfr., ad es., Cass. 12 novembre 2010 n. 23037 e 16 dicembre 2010 n. 25460).
Incidentalmente si rileva infine che ambedue le norme citate sono state poi abrogate dall’art. 86, secondo comma del D.Lgs. n. 151 del 2001, dalla data di entrata in vigore dello stesso, in quanto sostituiti dal citato art. 25, secondo comma di quest’ultimo.
Consegue a quanto rilevato sul piano della disciplina legislativa delegata che, essendo la P. già pensionata dal dicembre 1992, non le spettava il richiesto accredito contributivo figurativo.
Per i motivi indicati, il ricorso va pertanto accolto e la sentenza impugnata va cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può infine essere decisa nel merito, col rigetto della originaria domanda di C.P.
Essendo la decisione fondata unicamente sul rilievo d’ufficio della disciplina di legge relativa all’istituto esaminato, si ritiene equo compensare integralmente tra le parti le spese dell’intero processo.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda originaria di C.P.; compensa integralmente tra le parti le spese dell’intero processo.
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