Corte di Cassazione sentenza n. 2771 del 6 febbraio 2013
SICUREZZA SUL LAVORO – RICONOSCIMENTO DI UNA MAGGIORE RENDITA DA INFORTUNIO SUL LAVORO – INABILITA’ – GRADO DI RIDUZIONE PERMANENTE DELL’ATTITUDINE AL LAVORO
massima
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A norma dell’art. 79 del D.P.R. 1124/1965, il grado di riduzione permanente dell’attitudine al lavoro causata da infortunio, quando risulti aggravata da inabilità preesistenti derivanti da fatti estranei al lavoro, deve essere rapportata non alla normale attitudine al lavoro ma a quella ridotta per effetto delle preesistenti inabilità, e deve essere calcolata secondo la cosiddetta formula Gabrielli, senza che abbia rilievo la circostanza che l’inabilità preesistente e quella da infortunio incidano sullo stesso apparato anatomo-funzionale.
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FATTO
Il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto accoglieva la domanda proposta da (Omissis) nei confronti dell’INAIL diretta al riconoscimento di una maggiore rendita da infortunio sul lavoro (rapina avvenuta il 13 maggio 1998), condannando l’Istituto al pagamento della rendita nella misura del 12% a decorrere dal 13 maggio 1998, oltre interessi legali. Proponeva appello l’INAIL; resisteva l’assicurata. Disposto il rinnovo della c.t.u., la Corte d’appello di Messina, con sentenza depositata il 27 settembre 2007, accoglieva il gravame e respingeva la domanda proposta dalla (Omissis), che qui propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
Resiste l’INAIL con controricorso, poi illustrato con memoria.
DIRITTO
1. Con i due motivi, la ricorrente denuncia violazione ed erronea applicazione dei criteri di cui al D.P.R. n. 1124/1965, art. 79 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3). Lamenta che la Corte territoriale, nell’accertare un preesistente evento che avrebbe già compromesso l’attitudine al lavoro, non quantificò la percentuale di inabilità, ad esso relativa, violando il citato art. 79, in base al quale il grado di riduzione permanente dell’attitudine al lavoro causata da infortunio, quando risulti aggravata da inabilità preesistenti derivanti da fatti estranei al lavoro, deve essere rapportata non alla normale attitudine al lavoro ma a quella ridotta per effetto delle preesistenti inabilità, e deve essere calcolata secondo la cosiddetta formula (Omissis), senza che abbia rilievo la circostanza che l’inabilità preesistente e quella da infortunio incidano sullo stesso apparato anatomo-funzionale. Denuncia inoltre una omessa e/o insufficiente motivazione su “un fatto decisivo per il ricorso”, e cioè l’omessa valutazione della percentuale invalidante sull’effettiva attitudine al lavoro per pregresse infermità (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).
2. I motivi, che per la loro connessione possono essere congiuntamente esaminati, risultano inammissibili.
Deve infatti rilevarsi che entrambi contengono censure alla c.t.u. contabile, che tuttavia non risulta prodotta, nè viene indicata la sua esatta collocazione all’interno dei fascicoli di causa.
Conviene al riguardo rimarcare che il ricorrente che, in sede di legittimità, denunci il difetto di motivazione sulla valutazione di un documento o di risultanze probatorie o processuali, ha l’onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova o il contenuto del documento trascurato od erroneamente interpretato dal giudice di merito, indicandone la sua esatta ubicazione all’interno dei fascicoli di causa (Cass. sez. un. 3 novembre 2011 n. 22726), al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare, e, quindi, delle prove stesse, che, per il principio dell’autosufficienza del ricorso per cassazione, la S.C. deve essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell’atto (Cass. ord. 30 luglio 2010 n. 17915).
Il ricorso risulta poi inammissibile per difetto di autosufficienza, non avendo la ricorrente indicato, né in alcun modo documentato, l’entità dei postumi inabilitanti in tesi conseguenti il pregresso infortunio extra lavorativo. In tale quadro, avendo il c.t.u. ritenuto che la percentuale di inabilità conseguente l’infortunio sul lavoro subito (sindrome ansioso depressiva), in soggetto già affetto da tale patologia, doveva quantificarsi nella percentuale complessiva del 7%; non avendo la ricorrente dedotto diversi elementi di valutazione, limitandosi a contestare la relazione peritale, peraltro non prodotta e non individuata all’interno dei fascicoli di causa, la sentenza impugnata, che ha motivatamente condiviso le conclusioni dell’ausiliare, non merita le censure mossele.
Il ricorso deve dunque dichiararsi inammissibile. Nulla per le spese, non applicandosi ratione temporis, il D.L. n. 269/2003.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese.
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