CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 12 dicembre 2013, n. 28234
Tributi – Agevolazione prima casa – Acquisto immobile poi rivenduto – Mancato trasferimento di residenza nel comune della prima abitazione – Non sussiste
Fatto
Con l’impugnata sentenza n. 14/16/07, depositata il 23 agosto 2007, la Commissione Tributaria Regionale della Toscana, rigettato l’appello della contribuente P.M., confermava la decisione n. 112/11/05 della Commissione Tributaria Provinciale di Firenze che aveva respinto il ricorso avverso l’avviso di liquidazione n. 20011V004668000 col quale, a seguito di revoca del beneficio “prima casa” per non aver tempestivamente trasferito la residenza nel Comune in cui era l’abitazione, veniva recuperata l’ordinaria imposta di registro.
La CTR, pur dando atto che la contribuente aveva chiesto l’agevolazione per l’appartamento in Scandicci acquistato con atto registrato il 28 maggio 2001, Comune in cui però mai la contribuente aveva trasferito la residenza, poiché l’abitazione veniva in effetti rivenduta quasi immediatamente il 13 dicembre 2001 “per questioni familiari”, cioè per la separazione dal marito, con pressoché contemporaneo acquisto di altra casa in Comune di M. il 24 dicembre 2001, Comune nel quale aveva poi trasferito la residenza il 30 aprile 2002, riteneva che lo stesso la contribuente fosse decaduta dal beneficio, questo perché, la P M, pur avendo trasferito la residenza nella casa di M. entro l’anno dall’alienazione di quello acquistato coll’agevolazione nel Comune di Scandicci, secondo la previsione contenuta all’art. 1, Nota II bis, 4., della Parte I, Tabella allegata al d.p.r. 26 aprile 1986, n. 131, “avrebbe dovuto pur sempre portare in Scandicci la propria residenza”.
Contro la sentenza della CTR, la contribuente proponeva ricorso per cassazione affidato a due motivi.
L’intimata Agenzia delle Entrate si costituiva ai sensi dell’art. 370 comma 1 c.p.c.
Diritto
1. Col primo motivo di ricorso, la contribuente censurava la sentenza à sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. per violazione e falsa applicazione del “comma 4 della nota 2-bis dell’art. 1 della tariffa – parte I d.p.r. 26.4.1986, n. 131”, deducendo, a riguardo, che la contribuente non era incorsa nella decadenza in parola, come aveva invece erroneamente statuito la CTR, in quanto il mancato trasferimento in Comune di Scandicci era stato “dovuto a una causa di forza maggiore sopraggiunta”. Il quesito era: “se, contrariamente alla sentenza impugnata, il comma 4 della nota 2-bis dell’art. 1 della tariffa – parte I d.p.r. 26.4.1986, n. 131 sia o meno applicabile alla ricorrente che con dichiarazioni mendaci per non avere trasferito la propria residenza nell’appartamento acquistato dopo aver goduto delle agevolazioni fiscali per la prima casa, abbia rivenduto l’immobile prima della scadenza dei 18 mesi (termine per trasferire la residenza nell’appartamento) e nel termine di un anno abbia riacquistato altro appartamento e nei termini di legge lo abbia adibito a propria abitazione e trasferito la propria residenza. Il tutto, comunque, anche entro gli originali diciotto mesi. Infatti l’atto in contestazione è del 9 maggio 2001 e la residenza è stata trasferita a Lucignano frazione del Comune di M., il 30 aprile 2002”.
Il motivo, così come puntualizzato nel riportato quesito di diritto ex art. 366 bis c.p.c., è infondato in quanto, come questa Corte ha di recente avuto occasione di chiarire: “La previsione di cui al comma 4, ultimo periodo, della Nota II bis all’art. 1 della Tariffa, Parte I, allegata al d.p.r. n. 131 del 1986, secondo la quale la decadenza dalle agevolazioni è evitata se, pur avendo il contribuente trasferito l’immobile acquistato con i detti benefici prima del decorso del termine di cinque anni dall’acquisto stesso, entro un anno dall’alienazione ne acquista un altro da adibire ad abitazione principale, si riferisce, in base alla lettera ed alla ratio della disposizione, al solo caso in cui il primo acquisto sia stato effettuato in presenza dei requisiti per la fruizione e il mantenimento del beneficio e non anche quando per tale primo acquisto l’agevolazione non spettasse a causa di dichiarazione mendace, originariamente o per fatti sopravvenuti, quale la mancata, definitiva, realizzazione dell’intento di stabilire la propria residenza nel Comune di ubicazione dell’immobile (come avvenuto nella fattispecie, in cui la contribuente non aveva trasferito la residenza nel termine di legge, ed anzi, quando era ancora in corso tale termine, aveva rivenduto l’immobile e ne aveva acquistato un altro in un’altra città, ivi stabilendo la residenza, così dimostrando il definitivo abbandono dell’originario proposito)” (Cass. sez. trib. n. 3749 del 2013). Deve esser aggiunto, anche sotto il profilo del difetto di autosufficienza, che la ricorrente non ha affatto esplicitato se abbia o no conseguito l’agevolazione con riferimento alla seconda casa di M.. In effetti, la appena rammentata interpretazione della Corte è intesa correttamente ad evitare che si possa lucrare due volte il medesimo beneficio in mancanza delle condizioni per poterne godere con riferimento alla prima abitazione sub specie di mancato trasferimento della residenza.
2. Col secondo motivo di ricorso, la contribuente censurava la sentenza à sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. “per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio”, deducendo, a riguardo, che erroneamente la CTR l’aveva ritenuta decaduta dal beneficio, rientrando, invece, la concreta fattispecie, in quella esonerativa della decadenza di cui all’art. 1, Nota II bis, 4., della Parte I, Tabella allegata al d.p.r. 26 aprile 1986, n. 131..
Il motivo è inammissibile perché, con lo stesso, all’evidenza, si denuncia non un vizio motivazionale in ordine all’affermazione di dimostrazione o meno di un fatto controverso, bensì si impugna un vero e proprio error in iudicando, cioè la falsa interpretazione dell’art. 1, Nota II bis, 4., della Parte I, Tabella allegata al d.p.r. 26 aprile 1986, n. 131, quindi unicamente censurabile à sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. (Cass. sez. lav. n. 7394 del 2010; Cass. sez. I n. 4178 del 2007).
3. Il ricorso deve essere quindi rigettato e poiché l’Agenzia delle Entrate non si è difesa, non deve farsi luogo al regolamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Respinge il ricorso.
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