CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 10 febbraio 2014, n. 2956
Procedure concorsuali – Concordato preventivo – Commissario giudiziale – Liquidatore – Duplicità di funzione – Compenso – Liquidazione autonoma
Rilevato che II Tribunale di Taranto – sez. Fallimentare, con provvedimento in data 4/1/2008, ha liquidato (nella misura di € 27.000,00 oltre accessori) il compenso in favore dell’avv. A. M., qualificato “già commissario giudiziale e liquidatore del concordato preventivo C. srl “, risolto con sentenza dello stesso Tribunale, n. 47/06, che ne ha dichiarato il fallimento nominando altro professionista come curatore;
che, con successivo decreto, in data 18.1.2008, lo stesso giudice, “vista la nota del curatore”, ha rettificato la precedente liquidazione in favore del menzionato avv. M., “commissario giudiziale e liquidatore” del citato concordato preventivo, portando l’importo liquidato a € 47.000,00, per l’opera prestata “quale commissario liquidatore”;
che l’avv. M. ha impugnato tale decreto di liquidazione con ricorso per cassazione affidato a due motivi, illustrati anche con memoria, mentre la curatela fallimentare intimata non ha svolto attività difensiva;
Considerato che con il primo mezzo (con il quale si duole della violazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c. e della falsa applicazione dell’art. 39 della l.f. e dell’art. 1, commi 1 e 2, DM 28.7.1992) il ricorrente pone il seguente quesito di diritto: se possa il Tribunale (fallimentare) provvedere con un’unica liquidazione in presenza di due funzioni distinte svolte dal richiedente, al contempo commissario giudiziale e liquidatore;
che, osserva il ricorso, le funzioni attribuite al professionista erano duplici e tra loro ontologicamente diverse: l’una (quelle di commissario giudiziale), di vigilanza, sotto la direzione del GD, di controllo del debitore nell’amministrazione dei beni e nell’esercizio dell’impresa e di sorveglianza sull’adempimento del concordato, secondo le modalità contenute nella sentenza di omologazione, con il conseguente potere-dovere di riferire al GD e chiedere la risoluzione dello stesso concordato; l’altra (quella del liquidatore), di realizzazione dell’attivo e di ripartizione del ricavato, al pari di quanto compete al curatore fallimentare;
che, da tale diversità di funzioni, conseguirebbe anche un diverso criterio di liquidazione delle relative spettanze: ai sensi dell’art. 39 l.f. e 1 e 5 del DM n. 570 del 1992, per il commissario giudiziale, considerando l’opera prestata, i risultati ottenuti, l’importanza del concordato e la sollecitudine mostrata nello svolgimento della propria opera, sulla base dei valori d’inventario; ai sensi dell’art. 1 DM n. 570 del 1992 per il liquidatore, considerando l’attivo effettivamente che, in ogni caso, non sussisterebbe alcuna motivazione in ordine alla mancata distinzione dei compensi, con violazione del principio costituzionale fissato dall’art. Ili, primo comma, Cost.;
che con il secondo motivo (con il quale si duole della violazione dell’art. 360 nn. A e 5 c.p.c., in relazione all’art. 39 della l.f. e dell’art. 1, commi 1 e 2, DM 28.7.1992 n. 570) il ricorrente pone il seguente quesito di diritto: se il Tribunale (fallimentare) possa, senza alcun ragionamento, unificare le due funzioni e liquidare un unico compenso, e liquidare al di sotto dei minimi previsti, non considerando l’ammontare del passivo, l’attività di commissario giudiziale, di contro alla previsione dell’art. 39 l.f. che equipara, ai fini della liquidazione, le funzioni di commissario a quelle del curatore fallimentare;
che, osserva il ricorso, i provvedimenti censurati confonderebbero le due diverse qualità cumulate dal professionista, non tenendo conto dei parametri richiesti dalla normativa applicabile (nonché dei valori minimi tariffari inderogabili) e unificando indebitamente le due diverse attività svolte, omettendo il riferimento all’attivo ed al passivo per il commissario ed all’attivo realizzato per il liquidatore; che la curatela fallimentare intimata non ha svolto difese;
che, in prossimità dell’udienza, il ricorrente ha depositato, ai sensi dell’art. 378 c.p.c., memoria contenente note illustrative.
Considerato che i due motivi di ricorso, tra loro strettamente connessi, devono essere trattati congiuntamente;
che, infatti, i due mezzi censurano il decreto del Tribunale del 18 gennaio 2008 imputandogli: 1) la mancata distinzione tra le funzioni giurisdizionali svolte dall’unico professionista nominato come commissario giudiziale e liquidatore dello stesso concordato preventivo, successivamente risolto con la dichiarazione di fallimento della società di capitali a tale procedura sottoposta; 2) il mancato richiamo ai diversi criteri di liquidazione dei due compensi spettanti al medesimo professionista, in ragione della duplice diversità di funzioni assegnategli; 3) il mancato rispetto dei parametri minimi imposti dall’art. 1 del DM 28.7.1992 n. 570, anche in relazione al volume del passivo (valevole per il commissario) ed all’attivo realizzato (valevole per il liquidatore); 4) la mancata motivazione della liquidazione concretamente adottata; che il ricorso, nel suo complesso, è fondato e deve essere accolto;
che, infatti, il decreto del Tribunale del 18 gennaio 2008, in quanto modificativo e sostitutivo del provvedimento del 4 gennaio 2008, costituisce la fonte regolativa delle spettanze del professionista ricorrente in relazione alla sua legittima richiesta di liquidazione per la duplice attività (di commissario giudiziale e di liquidatore del concordato preventivo) svolta fino al momento della risoluzione della procedura;
che in relazione ad esso, pertanto, è pienamente giustificato ed attuale l’interesse a ricorrere dell’odierno istante;
che, con riferimento alle doglianze espresse con i due mezzi d’impugnazione, risulta preliminarmente fondata quella con la quale l’interessato si duole della mancata motivazione del decreto del Tribunale, sia in ordine ai parametri di liquidazione (rispetto ai quali si censura la violazione dei minimi tariffari stabiliti dal DM n. 570 cit., in relazione ai valori dell’attivo realizzato e del passivo stimato), sia in ordine alla duplicità di funzioni svolte (seppure in parte – e solo nominalisticamente – riconosciute nella premessa del provvedimento impugnato, ma non anche nella sua parte motiva e dispositiva);
che tale ultimo profilo costituisce una violazione del complesso normativo disciplinante il concordato preventivo il quale, sebbene (e da ultimo) abbia portato questa Corte ad affermare il principio di incompatibilità delle due funzioni in vista e per l’espletamento della sua fase esecutiva (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1237 del 2013), non consente di obliterarne, per tutti i casi in cui – anteriormente a quest’ultima pronuncia – vi sia stata una duplicità di ruoli affidati e svolti dalla stessa persona, con la conseguente necessità di assicurare la doppia liquidazione in ragione del duplice incarico svolto e dei parametri normativi di riferimento per la liquidazione dei conseguenti compensi professionali: cfr. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 27085 del 2011 che ha stabilito il principio (valido ogniqualvolta lo stesso professionista sia stato munito di tale duplicità di attribuzioni, con stabile provvedimento giurisdizionale) secondo cui, in tema di concordato preventivo con cessione di beni, nel caso in cui il medesimo soggetto ricopra il doppio incarico, prima di commissario giudiziale del concordato e poi anche di liquidatore, il relativo compenso non può prescindere dal distinto ruolo assunto e dal conseguente espletamento dell’ulteriore e diversa attività, che merita, quindi, separata ed autonoma remunerazione;
che tale principio, unitamente a quello della mancata motivazione del provvedimento di liquidazione nel caso concreto, è stato violato nella specie onde s’impone il suo annullamento e il rinvio della causa (anche per la liquidazione delle spese di questa fase) ad altra sezione dello stesso Tribunale perché, in ossequio al principio enunciato ed a quello della necessaria motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, venga riesaminata l’istanza del professionista tesa alla duplice liquidazione del compenso richiesto per ciascuna delle due diverse funzioni svolte nel corso delle varie fasi del concordato in questione ed osservato il principio del rispetto delle previsioni tariffarie.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese di questa fase, al Tribunale di Taranto in diversa composizione.
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