Corte di Cassazione sentenza n. 4004 del 13 marzo 2012
ICI – IL FABBRICATO INAGIBILE GODE DELLA RIDUZIONE AL 50%
massima
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Nell’ipotesi di immobile inagibile l’ICI va ridotta al 50%, ai sensi dell’art. 8, primo comma, d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, e, qualora dette condizioni di inagibilità o inabitabilità – accertabili dall’ente locale o comunque autocertificabili dal contribuente – permangano per l’intero anno, il trattamento agevolato deve estendersi a tutto il relativo arco temporale, nonché per i periodi successivi, ove sussistano le medesime condizioni di fatto.
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Fatto e diritto
La Corte;
– rilevato che, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
“Con sentenza n. 125/29/09, la CTR della Puglia accoglieva l’appello proposto dal Comune di Calimera avverso la decisione di prime cure, con la quale era stata dichiarata la cessazione della materia del contendere, sul ricorso proposto dai contribuenti nei confronti degli avvisi di accertamento ai fini ICI per l’anno 1998, sul presupposto dell’avvenuto annullamento di detti atti impositivi da parte dell’Agenzia del Territorio. Il giudice di appello riteneva, invero, in via pregiudiziale, di dover escludere la cessazione della materia del contendere, essendo stati gli atti annullati da un ente diverso da quello (il Comune di Calimera) che li aveva emanati, ed affermava – nel merito – che lo stato di inagibilità dell’immobile, risalente al 1990, non poteva determinare l’annullamento retroattivo della rendita catastale, sulla quale va computata l’imposta, atteso il disposto dell’art. 8 della l. n. 504/92.
Avverso la suddetta decisione della CTR della Puglia hanno proposto ricorso per cassazione i contribuenti articolando tre motivi, con i quali deducono la violazione e falsa applicazione degli artt. 74, co. 3 della l. n. 342/00, 3, co. 2 del d.lgs. n. 546/92, 8, co. 1 del d.lgs. n. 504/92, e 100 c.p.c.. L’amministrazione intimata ha replicato con controricorso.
Il ricorso, ad avviso del relatore, si palesa manifestamente infondato.
Per quanto concerne, infatti, il primo motivo, va rilevato che la sentenza di appello – diversamente da quanto assumono i ricorrenti – non ha affatto accertato il difetto di legittimazione passiva dell’Agenzia del Territorio, ma si è limitata ad escludere che l’annullamento degli atti impositivi possa determinare la cessazione della materia del contendere, trattandosi di avvisi di accertamento emessi da un ente diverso.
Del pari infondato si manifesta, peraltro, anche il secondo motivo di ricorso, atteso che lo stato di inagibilità dell’immobile, cui si riferisce l’imposta in discussione, non può affatto comportare – come pretenderebbero i ricorrenti – l’annullamento retroattivo della rendita catastale, essendo tale effetto giuridico escluso dalla stessa norma dell’art. 8 della l. n. 504/92, invocata dagli istanti. Ed invero, va rilevato al riguardo che, in tema di ICI, e nell’ipotesi di immobile inagibile, inabi-tabile e comunque di fatto inutilizzato, l’imposta va ridotta al 50 per cento – e, dunque, va pur sempre corrisposta, sia pure in misura dimidiata – ai sensi dell’art. 8, co. 1, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, per il tempo in cui l’immobile è inagibile.
Sicché, fino a che la nuova rendita sia determinata, non può neppure applicarsi l’art.5, quarto comma, del d.lgs. n. 504 citato, laddove dispone che i fabbricati, per i quali sono intervenute variazioni permanenti che influiscono sull’ammontare della rendita catastale, il valore è determinato con riferimento alla rendita dei fabbricati similari già iscritti, ed inoltre, gli effetti della variazione si producono solo dal momento in cui la stessa è formalmente tradotta in un atto amministrativo (cfr. Cass. 13230/05). Per il che tali effetti non possono operare – come preteso dai ricorrenti – con effetto retroattivo.
Ne discende che, essendo stato l’immobile de quo riclassificato quale unità collabente solo il 6.6.2003, l’imposta è da ritenersi dovuta fino a tale data, nella misura ridotta del 50%.
Manifestamente infondato è, infine, il terzo motivo di ricorso, atteso che l’invocato disposto dell’art. 100 c.p.c. non si attaglia all’ipotesi, ricorrente nella specie, dell’interesse nel procedimento amministrativo, bensì esclusivamente a quella dell’interesse della parte ad agire nel processo.
Per tutte le ragioni che precedono, pertanto, il ricorso può essere deciso in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375, co. 1 c.p.c.”;
– che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;
– che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie.
Considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, riaffermato il principio di diritto sopra richiamato, il ricorso deve essere rigettato.
Concorrono giusti motivi – in considerazione della materia del contendere – per dichiarare interamente compensate fra le parti le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso; compensa le spese del presente giudizio.
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