Corte di Cassazione sentenza n. 4188 del 20 febbraio 2013
PREVIDENZA – CONTRIBUTI ASSICURATIVI – MANCATA PRESENTAZIONE DELLA DENUNCIA MENSILE – OCCULTAMENTO DELLE RETRIBUZIONI EROGATE – ELEMENTO INTENZIONALE
massima
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In tema di obblighi contributivi verso le gestioni previdenziali e assistenziali, l’omessa o infedele denuncia mensile all’INPS attraverso i modelli DM10 circa rapporti di lavoro e retribuzioni erogate integra “evasione contributiva” ex art. 116, comma 8, lett. b), della legge n. 388/2000, e non la meno grave “omissione contributiva” di cui alla lett. a) della medesima norma, in quanto l’omessa o infedele denuncia fa presumere l’esistenza della volontà datoriale di occultare i dati allo specifico fine di non versare i contributi o i premi dovuti. Ne consegue che grava sul datore di lavoro inadempiente l’onere di provare l’assenza d’intento fraudolento e, quindi, la propria buona fede.
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Pescara accoglieva l’opposizione proposta dalla s.a.s. P.A. avverso la cartella esattoriale notificatale per l’importo di € 32.643,54 a titolo di contributi e somme aggiuntive, ritenendo che esse dovessero essere determinate ex art. 116, comma 8, lett. a) della legge n. 388/00, mentre l’Istituto aveva irrogato la sanzione al tasso previsto dalla lettera b) del citato comma 8 poiché la società non aveva provveduto alla presentazione della denuncia mensile (DM 10) nei termini di legge né al pagamento dei contributi nei trenta giorni dalla presentazione. Avverso tale sentenza proponeva appello l’INPS, rilevando che per l’applicazione della sanzione di cui alla lettera a), oltre alla presentazione, anche in ritardo, dei modelli DM 10/M, occorreva altresì il pagamento dei contributi entro trenta giorni, disciplina imposta dalla disposizione testuale dell’ipotesi sub b), ove si legge, nell’inciso finale, che la sanzione de qua non è dovuta “sempre che il versamento dei contributi o premi sia effettuato entro trenta giorni dalla denunzia stessa”. Evidenziava che in caso di mancata presentazione della denuncia mensile, poiché si determinava l’incontestabile effetto dell’occultamento delle retribuzioni erogate relative ai periodi di paga scaduti, l’INPS non era posto in grado di conoscere l’obbligazione contributiva che poteva pretendere, mentre lo specifico elemento intenzionale introdotto con la norma de qua non poteva dar luogo ad un aggravamento della posizione creditoria dell’Istituto, dovendo ritenersi gravare sul debitore l’onere della prova negativa dell’esistenza di una specifica intenzione di non versare i contributi.
La Corte di appello dell’Aquila, con sentenza depositata l’8 febbraio 2007, accoglieva parzialmente il gravame e limitava l’annullamento della cartella esattoriale opposta alle somme aggiuntive calcolate per i periodi dicembre 2001, febbraio e marzo 2002, ed aprile 2004, ritenendo che esse dovessero determinarsi ai sensi dell’art. 116, comma 8, lett. a) della L. n. 388/00. Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso l’INPS, affidato ad unico motivo.
Resiste la s.a.s. P.A. con controricorso, poi illustrato con memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. L’INPS denuncia violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 116, comma 8 lett. b) della legge n.388/00, 1218 e 2697 c.c. (art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.).
Lamenta che nel caso di specie, concernente il mancato pagamento di contributi rispetto ai quali il datore di lavoro aveva omesso di presentare all’Istituto, entro il termine di legge, i modelli DM 10, concretava un’ipotesi di evasione e non di semplice omissione contributiva.
La questione ha formato oggetto di diverse e contrastanti pronunce di questa S.C., affermandosi dapprima che in tema di obbligazioni contributive nei confronti delle gestioni previdenziali ed assistenziali, l’omessa denuncia all’INPS di lavoratori, ancorché registrati nei libri paga e matricola, configura l’ipotesi di “evasione contributiva” di cui all’art. 116, comma 8, lett. B), della legge n. 388 del 2000 e non la meno grave fattispecie di “omissione contributiva” di cui alla lettera A) della medesima norma, che riguarda le sole ipotesi in cui il datore di lavoro, pur avendo provveduto a tutte le denunce e registrazioni obbligatorie, ometta il pagamento dei contributi, dovendosi ritenere che l’omessa denuncia dei lavoratori all’INPS faccia presumere l’esistenza della volontà del datore di occultare i rapporti di lavoro al fine di non versare i contributi, e gravando sul medesimo l’onere di provare la sua buona fede, che non può reputarsi assolto in ragione della mera registrazione dei lavoratori nei libri paga e matricola, che restano nell’esclusiva disponibilità del datore stesso e sono oggetto di verifica da parte dell’istituto previdenziale solo in occasione delle ispezioni (Cass. 10 maggio 2010 n. 11261). Si è poi invece sostenuto che nel vigore della legge 23 dicembre 2000, n. 388, la mera mancata presentazione del modello DM/10 (recante la dettagliata indicazione dei contributi previdenziali da versare) configura la fattispecie della omissione – e non già della evasione -contributiva, ricadente nella previsione della lett. a) dell’art. 116, comma 8, della medesima legge, qualora il credito dell’istituto previdenziale sia comunque evincibile dalla documentazione di provenienza del soggetto obbligato (nella specie libri contabili e denunce riepilogative annuali), dovendo in tal caso escludersi l’occultamento del rapporto di lavoro e delle retribuzioni erogate (Cass. 20 gennaio 2011 n. 1230). Successivamente la Corte ha affermato che l’omessa o infedele denuncia mensile all’INPS (attraverso i cosiddetti modelli DM10) di rapporti di lavoro o di retribuzioni erogate, ancorché registrati nei libri di cui è obbligatoria la tenuta, concretizza l’ipotesi di “evasione contributiva” di cui all’art. 116, comma 8, lett. B), della legge n. 388 del 2000, e non la meno grave fattispecie di “omissione contributiva” di cui alla lettera A) della medesima norma, che riguarda le sole ipotesi in cui il datore di lavoro, pur avendo provveduto a tutte le denunce e registrazioni obbligatorie, ometta il pagamento dei contributi, dovendosi ritenere che l’omessa o infedele denuncia configuri occultamento dei rapporti o delle retribuzioni o di entrambi e faccia presumere l’esistenza della volontà datoriale di realizzare tale occultamento allo specifico fine di non versare i contributi o i premi dovuti; conseguentemente, grava sul datore di lavoro inadempiente l’onere di provare la mancanza dell’intento fraudolento e, quindi, la sua buona fede, onere che non può tuttavia reputarsi assolto in ragione della avvenuta corretta annotazione dei dati, omessi o infedelmente riportati nelle denunce, sui libri di cui è obbligatoria la tenuta (Cass. 27 dicembre 2011 n. 28966).
L’orientamento è stato di recente ribadito da Cass. 25 giugno 2012 n. 10509, secondo cui l’omessa o infedele denuncia mensile all’INPS attraverso i modelli DM10 circa rapporti di lavoro e retribuzioni erogate integra “evasione contributiva” ex art. 116, comma 8, lett. b), della legge n. 388 del 2000, e non la meno grave “omissione contributiva” di cui alla lettera a) della medesima norma, in quanto l’omessa o infedele denuncia fa presumere l’esistenza della volontà datoriale di occultare i dati allo specifico fine di non versare i contributi o i premi dovuti. Ne consegue che grava sul datore di lavoro inadempiente l’onere di provare l’assenza d’intento fraudolento e, quindi, la propria buona fede.
Il Collegio condivide tale più recente orientamento, correttamente basato sulla circostanza che l’omessa o infedele denuncia fa presumere l’esistenza della volontà datoriale di occultare i dati allo specifico fine di non versare i contributi o i premi dovuti, salvo prova contraria del soggetto obbligato.
L’orientamento di questa Corte, da cui il Collegio non ha ragione di discostarsi, è pertanto nel senso che la mancata presentazione, nei termini, dei Mod. DM10, vigente l’attuale formulazione dell’art. 116 L. n. 388/00 (richiedente la prova dell’intento fraudolento del datore di lavoro, Cass. sez. un. n. 4808/05), consenta al datore di lavoro di provare l’assenza dell’elemento intenzionale.
Nella specie la Corte territoriale ha congruamente motivato sul punto, escludendo l’intento fraudolento per aver accertato l’insussistenza di elementi significativi in tal senso in esito ad una valutazione del complessivo comportamento della società, che aveva in taluni casi presentato i Mod. DM10 tempestivamente (pur senza corrispondere altrettanto tempestivamente i contributi) e, nei casi in cui aveva presentato i detti modelli in ritardo, ciò era avvenuto in un contesto in cui erano comunque chiari ed esposti i rapporti e le relative retribuzioni soggette a contribuzione, ricavabili anche dalle altre registrazioni obbligatorie che l’INPS non aveva contestato.
Il ricorso va dunque rigettato. Le oscillazioni della giurisprudenza in materia giustificano la compensazione delle spese.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.
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