Corte di Cassazione sentenza n. 4325 del 19 marzo 2012
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – TRASFERIMENTO – TRASFERTA – DISTINZIONE – CRITERI – ACCERTAMENTO GIUDIZIALE – SINDACATO IN SEDE DI LEGITTIMITÀ – ESCLUSIONE – LIMITI – TRASFERIMENTO DEL LAVORATORE
massima della sentenza
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La trasferta si distingue dal trasferimento per il fondamentale requisito della temporaneità che riveste l’assegnazione del dipendente presso altra sede di servizio e per la conseguente permanenza di un legame funzionale tra il dipendente ed il luogo di lavoro di provenienza dello stesso, mentre restano irrilevanti, a tal fine, la protrazione dello spostamento per un lungo periodo di tempo o la mancanza di un formale atto di trasferimento e di assegnazione alle nuove mansioni. La verifica di tali presupposti, da accertarsi secondo un criterio di effettività, e non in virtù di dati meramente formali, costituisce attività riservata al giudice del merito, incensurabile, in sede di legittimità, ove correttamente motivata ed esente da vizi logici e giuridici.
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza in data 15.12.2009/13.1.2010 la Corte di appello di Napoli confermava la decisione di primo grado che aveva rigettato la domanda proposta da A.D.P. nei confronti dell’A.1 per il riconoscimento del diritto all’indennità chilometrica e di missione.
Osservava in sintesi la corte territoriale che l’assegnazione del lavoratore presso il distretto di Cautano era avvenuta a seguito della soppressione delle U. e della istituzione delle A., con il trasferimento del personale dalle prime alle seconde, indipendentemente dalla relativa corrispondenza territoriale, con la conseguenza che era venuto meno ogni collegamento con la precedente sede di lavoro ed il trasferimento aveva assunto i caratteri della definitività, laddove il trattamento di missione presupponeva la temporaneità delle esigenze di servizio connesse allo svolgimento della prestazione in altra sede di lavoro.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso A.D.P. con un unico motivo.
Resiste con controricorso l’A.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. In via preliminare il ricorrente reitera l’eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 51 c.p.c. per contrasto con l’art. 111 Cost. nella parte in cui non prevede l’obbligo di astensione per il giudice che abbia deciso nel merito la causa in primo grado, ove lo stesso sia chiamato a decidere la medesima controversia in sede di riassunzione a seguito di rinvio da parte della corte di appello, che abbia dichiarato la giurisdizione del giudice di prima istanza, ex art. 353 c.p.c..
Con un unico motivo, quindi, il ricorrente denuncia violazione di legge (art. 360 n. 3 epe in relazione al decr. leg. n. 502 del 1992 e all’art. 43 del DPR n. 761 del 1979) ed, al riguardo, osserva che la corte partenopea aveva erroneamente supposto che la costituzione delle aziende sanitarie locali avesse comportato la automatica soppressione delle originarie sedi di lavoro e che, comunque, non aveva considerato che la provvisorietà dell’assegnazione del dipendente presso il distretto di Cautano risultava anche dalle conformi attestazioni rilasciate dalla Azienda.
2. La questione dei legittimità costituzionale, proposta in via di eccezione, dal ricorrente, è inammissibile per difetto di rilevanza.
Il ricorrente non ha proposto, infatti, la ricusazione, ai sensi dell’art. 52 c.p.c., del giudice che, ad avviso del ricorrente medesimo, versava in una situazione che avrebbe comportato l’obbligo di astensione.
Ne deriva che, ove anche la questione di costituzionalità fosse ritenuta fondata e l’art. 51 c.p.c. fosse integrato con una nuova ipotesi di astensione a seguito di pronuncia additiva del giudice delle leggi, nessuna conseguenza ne potrebbe derivare sull’impugnata pronuncia, in ragione, appunto, della mancata ricusazione del giudice che si sarebbe dovuto astenere (cfr. Cass. n. 29999/2011).
Ha, infatti, già affermato questa Suprema Corte (cfr. Cass. n. 12263/2009) che la sentenza pronunciata da un giudice che abbia violato l’obbligo di astenersi è nulla solo nell’ipotesi in cui il giudice avesse un interesse proprio e diretto nella causa, tale da porlo nella qualità di parte del giudizio, negli altri casi la violazione dell’obbligo di astensione può costituire solo motivo di ricusazione, con la conseguenza che quella violazione resta ininfluente se la relativa istanza non è tempestivamente proposta.
3. L’unico motivo del ricorso è ,poi, infondato.
Costituisce giurisprudenza acquisita che la trasferta si distingue dal trasferimento per il fondamentale requisito della temporaneità che riveste l’assegnazione del dipendente presso altra sede di servizio e per la conseguente permanenza di un legame funzionale fra il dipendente e il luogo di lavoro di provenienza dello stesso, mentre restano irrilevanti, a tal fine, la protrazione dello spostamento per un lungo periodo di tempo o la mancanza di un formale atto di trasferimento e di assegnazione alle nuove mansioni. La verifica di tali presupposti, da accertarsi secondo un criterio di effettività, e non in virtù di dati meramente formali, costituisce attività riservata al giudice di merito, incensurabile, in sede di legittimità, ove correttamente motivata ed esente da vizi logici e giuridici.
La sentenza impugnata, nell’interpretare l’art. 43 del DPR n. 761 del 1979, che prevede che il dipendente, per esigenze di servizio di carattere temporaneo, possa essere inviato presso località diverse da quelle ove presta servizio, ha fatto corretta applicazione di tale indirizzo ermeneutico.
Ha, infatti, accertato la corte campana che il trasferimento presso il distretto di Cautano era stato determinato dalla soppressione delle Unità Sanitarie locali e dalla conseguente riorganizzazione territoriale connessa alla istituzione delle Aziende Sanitarie Locali e che, in virtù di tale riorganizzazione e a prescindere dall’adozione di un formale atto di definitiva assegnazione, era venuto meno ogni collegamento fra il dipendente e la precedente sede di servizio, ormai soppressa. Sicché nessun diritto poteva vantare il ricorrente a titolo di indennità di missione, stante la mancanza, imprescindibile per la sussistenza di tale fattispecie, del requisito della temporaneità dell’assegnazione.
Questa valutazione di merito, in quanto motivata in termini sufficienti e non contraddittori, non è censurabile in sede di legittimità.
4. Il ricorso deve, dunque, rigettarsi. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in euro 50,00 – per esborsi ed in euro 3000,00 per onorari, oltre a spese generali, IVA e CPA. .
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