Corte di Cassazione sentenza n. 9602 del 02 maggio 2011
LAVORO – LAVORO SUBORDINATO – LAVORO A TEMPO DETERMINATO – ART. 1 DEL D.LGS. N. 368 DEL 2001 – RAGIONI DI CARATTERE TECNICO, PRODUTTIVO, ORGANIZZATIVO O SOSTITUTIVO – SPECIFICAZIONE IN APPOSITO ATTO SCRITTO – ONERE A CARICO DEL DATORE DI LAVORO – ADEMPIMENTO – ACCERTAMENTO DA PARTE DEL GIUDICE DI MERITO – CRITERI – ACCORDI COLLETTIVI RICHIAMATI NEL CONTRATTO DI LAVORO – UTILIZZABILITÀ – SINDACABILITÀ IN CASSAZIONE – LIMITI
massima
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L’apposizione di un termine al contratto di lavoro, consentita dall’art. 1 del D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368 a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, che devono risultare specificate, a pena di inefficacia, in apposito atto scritto, impone al datore di lavoro l’onere di indicare in modo circostanziato e puntuale, al fine di assicurare la trasparenza e la veridicità di tali ragioni, nonché l’immodificabilità delle stesse nel corso del rapporto, le circostanze che contraddistinguono una particolare attività e che rendono conforme alle esigenze del datore di lavoro, nell’ambito di un determinato contesto aziendale, la prestazione a tempo determinato, sì da rendere evidente la specifica connessione tra la durata solo temporanea della prestazione e le esigenze produttive ed organizzative che la stessa sia chiamata a realizzare e la utilizzazione del lavoratore assunto esclusivamente nell’ambito della specifica ragione indicata ed in stretto collegamento con la stessa. Spetta al giudice di merito accertare – con valutazione che, se correttamente motivata ed esente da vizi giuridici, resta esente dal sindacato di legittimità – la sussistenza di tali presupposti, valutando ogni elemento, ritualmente acquisito al processo, idoneo a dar riscontro alle ragioni specificamente indicate con atto scritto ai fini dell’assunzione a termine
In tema di assunzione a termine di lavoratori subordinati per ragioni di carattere sostitutivo, alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 214 del 2009, con cui è stata dichiarata infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 368 del 2001, l’onere di specificazione delle predette ragioni è correlato alla finalità di assicurare la trasparenza e la veridicità della causa dell’apposizione del termine e l’immodificabilità della stessa nel corso del rapporto. Pertanto, nelle situazioni aziendali complesse, in cui la sostituzione non è riferita ad una singola persona, ma ad una funzione produttiva specifica, occasionalmente scoperta, l’apposizione del termine deve considerarsi legittima se l’enunciazione dell’esigenza di sostituire lavoratori assenti – da sola insufficiente ad assolvere l’onere di specificazione delle ragioni stesse – risulti integrata dall’indicazione di elementi ulteriori (quali l’ambito territoriale di riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni dei lavoratori da sostituire, il diritto degli stessi alla conservazione del posto di lavoro) che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorché non identificati nominativamente, ferma restando, in ogni caso, la verificabilità della sussistenza effettiva del prospettato presupposto di legittimità.
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d’appello di Milano, in riforma della sentenza di prime cure, ha, per quanto rileva ancora nel presente giudizio, dichiarato l’illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro stipulato da P.I. s.p.a. con S.B. e la conseguente sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato fra le stesse parti a decorrere dal 8 maggio 2003.
Come si evince dalla sentenza impugnata il lavoratore è stato assunto con contratto a termine protrattosi dal 2 maggio 2003 al 30 settembre 2003. Il contratto, stipulato ai sensi dell’art. 1 del d.lgs. n. 368 del 2001, recava la seguente causale: ragioni di carattere sostitutivo correlate alla specifica esigenza di provvedere alla sostituzione del personale inquadrato nell’Area Operativa e addetto al servizio di recapito presso il Polo Corrispondenza Lombardia assente con diritto alla conservazione del posto.
La Corte territoriale, premesso che, a norma dei citato art. 1 dei d.lgs. n. 368 del 2001, le ragioni di carattere sostitutivo devono essere specificate nei contratto e, in caso di contestazione, devono essere rigorosamente provate in giudizio, osservava che, nel caso di specie, le suddette ragioni erano state indicate in modo affatto generico e non consentivano di controllare nemmeno se il numero dei dipendenti assenti fosse almeno pari a quello del personale assunto in sostituzione. Aggiungeva che anche tenendo conto delle precisazioni fornite dalla difesa del lavoratore nel corso del giudizio non era possibile la sussistenza di un nesso tra l’assunzione de qua e le esigenze di carattere sostitutivo. Quanto alle conseguenze derivanti dalla ritenuta illegittimità del termine riteneva applicabile anche in tale ipotesi la conversione del rapporto in rapporto a tempo indeterminato.
Per la cassazione di tale sentenza P.I. s.p.a. ha proposto ricorso affidato a quattro motivi e illustrato da memoria; il lavoratore resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISONE
I motivi di ricorso possono essere sintetizzati come segue.
Col primo motivo la società ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1 del d.lsl. n. 368 del 2001, e vizio di contraddittoria e insufficiente motivazione. Deduce che, contrariamente a quanto affermato dalla Corte territoriale, la causale del contratto de quo non era affatto generica in quanto precisava in modo circostanziato la ragioni di carattere sostitutivo giustificative dell’apposizione del termine. In particolare erano state specificate: la tipologia del personale assente (Area operativa); le mansioni svolte da tale personale (addetti al servizio di recapito/smistamento e trasporto); l’ambito territoriale di riferimento (Polo Corrispondenza Lombardia); il periodo temporale di riferimento.
Col secondo motivo la società ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ. nonché vizio di motivazione. Deduce che erroneamente la Corte territoriale aveva ritenuto indimostrata la sussistenza, nel merito, delle allegate esigenze sostitutive dopo aver rigettato le istanze di ammissione della prova sul punto formulate da P.I. s.p.a.
Col terzo motivo P.I. denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 5 del d.lgs. n. 368 del 2001 e 1418, 1419 e 1457 cod. civ. nonché vizio di motivazione. Contesta la decisione impugnata nella parte in cui ha affermato che la ritenuta violazione della disposizione di cui all’art. 1 del d.lgsl. n. 368 del 2001 comportava la nullità del termine e la conversione del rapporto in rapporto a tempo indeterminato. Deduce che tale conseguenza non è prevista dal d.lgs. citato per la fattispecie in esame alla quale dovrebbe applicarsi, nel caso di nullità del termine, la norma di cui all’art. 1419 cod. civ. in base alla quale la nullità della clausola contenente il termine comporta la nullità dell’intero contratto se risulta che i contraenti non l’avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita da nullità.
Col quarto motivo P.I. denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 2094, 2099, 1206, 1207 e 1217 cod. civ. nonché vizio di motivazione con riguardo alla statuizione concernente i profili economici conseguenti alla declaratoria di nullità del termine. Deduce in particolare la violazione del principio di corrispettività della prestazione.
I primi due motivi, che devono essere considerati congiuntamente in quanto intrinsecamente connessi, sono fondati.
Questa Corte di legittimità (cfr., in particolare, Cass. 26 gennaio 2010 n. 1577 e Cass. 26 gennaio 2010 n. 1576) ha affermato il seguente principio di diritto che in questa sede deve essere pienamente ribadito: “In tema di assunzione a termine di lavoratori subordinati per ragioni di carattere sostitutivo, alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 214 del 2009, con cui è stata dichiarata infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 368 del 2001, l’onere di specificazione delle predette ragioni è correlato alla finalità di assicurare la trasparenza e la veridicità della causa dell’apposizione del termine e l’immodificabilità della stessa nel corso del rapporto. Pertanto, nelle situazioni aziendali complesse, in cui la sostituzione non è riferita ad una singola persona, ma ad una funzione produttiva specifica, occasionalmente scoperta, l’apposizione del termine deve considerarsi legittima se l’enunciazione dell’esigenza di sostituire lavoratori assenti – da sola insufficiente ad assolvere l’onere di specificazione delle ragioni stesse – risulti integrata dall’indicazione di elementi ulteriori (quali l’ambito territoriale di riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni dei lavoratori da sostituire, il diritto degli stessi alla conservazione del posto di lavoro) che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorché non identificati nominativamente, ferma restando, in ogni caso, la verificabilità della sussistenza effettiva del prospettato presupposto di legittimità.
Nel caso in esame appare incongrua e priva di adeguata motivazione, in relazione ai principi sopra enunciati, la valutazione fatta dalla Corte di merito circa l’assenza di specificità della causale apposta al contratto di lavoro a termine in discussione. In particolare la Corte territoriale non ha tenuto conto del fatto che il concetto di specificità deve essere collegato a situazioni aziendali non più standardizzate ma obiettive, con riferimento alle realtà specifiche in cui il contratto viene ad essere calato.
I primi due motivi di ricorso devono essere i definitiva accolti, con assorbimento del terzo e del quarto. La causa deve essere pertanto rimessa ad altro giudice, indicato in dispositivo, che provvedere sulla base dei sopra indicati principi di diritto oltre che sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso, assorbiti gli altri, cassa in relazione ai motivi accolti e rinvia anche per le spese alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 13 gennaio 2011.
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