COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della LOMBARDIA – Sentenza 2 maggio 2013, n. 82
ACCERTAMENTO – ENTI DI TIPO ASSOCIATIVO – ASSOCIAZIONI SENZA SCOPO DI LUCRO – REGIME FISCALE APPLICABILE ALLE ASSOCIAZIONI SPORTIVE DILETTANTISTICHE – ENTI DI TIPO ASSOCIATIVO – ASSOCIAZIONI SENZA SCOPO DI LUCRO – ASSOCIAZIONE SPORTIVA – MANCATA TENUTA DI REGOLARE CONTABILITA’- CONSEGUENZE
MASSIMA
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Non tenere regolare contabilità da cui emerge che i corrispettivi non superano i costi di diretta imputazione, evidenzia la natura commerciale dell’attività dell’ente di tipo associativo. In tal caso, si legittima la presunzione di svolgimento di un’attività di natura commerciale svolta per il conseguimento di un utile economico: per la rideterminazione del reddito utilizzabile l’accertamento induttivo ex art. 39, comma 2, lett. c), del D.P.R. n. 600/73. L’effettività del rapporto associativo costituisce presupposto essenziale per il riconoscimento alle associazioni.
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1) Con quattordici distinti ricorsi il Centro Sportivo — impugnava avanti la C.T.P. di Bergamo gli accertamenti con i quali l’Agenzia delle Entrate, disconosciute le agevolazioni fiscali previste dall’art. 148 TUIR per gli enti di tipo associativo per assenza dei presupposti di legge, determinava ex artt. 39 comma 2 lett. c) e 41 commi 1 e 2 D.P.R. 600/73 gli imponibili Irpeg, Irap e Iva per gli anni 1998, 1999, 2000, 2001, 2002, 2003 e 2004, liquidando le relative imposte oltre a interessi e sanzioni. La C.T.P. di Bergamo, riuniti i ricorsi, con sentenza 1/02/2008 li respingeva ritenendo che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, l’attività da essa svolta avesse natura commerciale e come tale da sottoporre a imposizione fiscale.
2) Avverso la sentenza è stato proposto tempestivo appello dal Centro Sportivo —. Si è costituita l’Agenzia delle Entrate che ha concluso per il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza impugnata.
3) All’udienza pubblica del 30 maggio 2011 le parti hanno discusso la controversia che è quindi passata in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’appello non è fondato e va pertanto respinto.
1) L’appellante lamenta che la C.T.P. abbia ritenuto in contrasto con quanto disposto dall’art. 143 TUIR che l’attività da essa svolta – gestione di una palestra – avesse natura commerciale. A tale riguardo la citata norma prevede che non si considerano attività commerciali le prestazioni di servizi non rientranti nell’art. 2195 del codice civile (industria, commercio, trasporto e banca) rese in conformità alle finalità istituzionali dell’ente senza specifica organizzazione e verso pagamento di corrispettivi che non eccedono i costi di diretta imputazione.
La C.T.P. ha ritenuto l’esistenza nella fattispecie di una specifica organizzazione per l’entità del compenso corrisposto dall’appellante ai suoi collaboratori e per le altre voci di spesa corrente sostenute, nonché per l’entità delle attrezzature utilizzate, e ha affermato che non era stata data prova dalla ricorrente che i corrispettivi da essa percepiti non eccedessero i costi di diretta imputazione.
La C.T.P. ha quindi concluso che l’attività svolta dall’appellante avesse natura commerciale. L’appellante nel suo ampio atto di impugnazione ha svolto una ampia disamina e rassegna di dottrina e giurisprudenza sulla normativa citata, ma non ha contrastato in modo specifico e documentato i fatti posti dalla C.T.P. a fondamento della sua decisione.
Il motivo di appello in esame va pertanto respinto.
2) L’appellante lamenta poi che la C.T.P. abbia escluso anche l’applicabilità dell’art. 148 TUIR. Invero tale norma prevede al comma 1 che «non è considerata commerciale l’attività svolta nei confronti degli associati o partecipanti, in conformità alle finalità istituzionali, dalle associazioni, dai consorzi e dagli altri enti non commerciali di tipo associativo. Le somme versate dagli associati o partecipanti a titolo di quote o contributi associativi non concorrono a formare il reddito complessivo», e al successivo comma 8 stabilisce tra l’altro che l’associazione deve uniformarsi nella sua organizzazione al principio di democraticità. La C.T.P. ha rilevato che tale principio non era stato osservato dall’appellante poiché “nessuna prova è stata fornita dalla ricorrente circa la regolarità di convocazione e di pubblicità delle varie assemblee” aggiungendo che un rilevante numero di “soci” interrogati dalla Guardia di Finanza “si erano dichiarati del tutto inconsapevoli, in quanto mai appositamente informati e convocati, delle assemblee tenute dall’associazione.”.
Su tale punto, determinante per escludere l’applicazione dell’art. 148, nulla l’appellante ha dedotto.
Anche tale motivo di appello va quindi respinto.
3) Ritiene la Commissione che vi siano sufficienti ragioni per la compensazione tra le parti delle spese di lite.
P.Q.M.
La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia definitivamente pronunciando sulla controversia di cui in epigrafe, così provvede: conferma l’impugnata sentenza. Spese compensate della presente fase processuale.
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