La Corte di Cassazione sez. tributaria con la sentenza n. 22502 del 02 ottobre 2013 intervenendo in materia di abuso del processo ha affermato che costituisce un abuso del processo la condotta del contribuente che utilizza il ricorso alla giustizia solo per creare il presupposto per fruire di benefici fiscali.
La vicenda ha riguardato un contribuente, il quale convinto dell’arrivo del condono con la Finanziaria 2003, ne approfitta per impugnare gli avvisi di accertamento notificatigli anni prima. Poi con l’emanazione della normativa sul condono chiede subito la definizione delle liti pendenti
L’Amministrazione Finanziaria con proprio provvedimento respinge le istanze di condono presentate dal contribuente. Avverso i provvedimenti dell’Agenzia delle Entrate il contribuente ricorre alla Commissione Tributaria Provinciale che accoglie le doglianze ed annulla gli atti dell’Amministrazione.
L’Agenzia delle Entrate ricorre avverso la decisione del giudice di prime cure inanzi alla Commissione Tributaria regionale. La Corte Territoriale rigettando l’appello principale dell’Ufficio e quello incidentale del contribuente ha confermata l’illegittimità dei provvedimenti con i quali l’Agenzia delle entrate aveva opposto il diniego alla definizione delle liti pendenti.
L’Amministrazione Finanziaria avverso la decisione della CTR ricorre alla Corte Suprema per la sua cassazione basandolo su un unico motivo di censura.
Gli Ermellini hanno ritenuto fondato il motivo di doglianza dell’Agenzia delle Entrate ed hanno affermato che “costituisce violazione di detti principi e configura, in particolare, una forma di abuso del processo l’utilizzazione di strumenti processuali per perseguire finalità eccedenti o deviate rispetto a quelle per le quali l’ordinamento appresta alla parte tali mezzi di tutela della propria posizione sostanziale (cfr. Cass., sez. un., n. 23726 del 2007, nonché Cass. nn. 28719 del 2008,28286 del 2011, 6664 del 2013).” Inoltre, continuano i giudici Supremi, che nel caso di specie per i “casi di definizione delle liti tributarie pendenti, la sussistenza di una forma di abuso del processo va ravvisata in presenza di elementi dai quali emerga, in modo evidente e inequivoco, il carattere meramente fittizio e artificioso della controversia principale, instaurata, nonostante la palese tardività, al solo fine di creare il presupposto per poter finire del beneficio: un chiaro elemento sintomatico della configurabilità di un uso abusivo del processo è costituito dal fatto che il contribuente – come nel caso in esame – abbia impugnato l’atto impositivo ben oltre il termine di legge (nella specie, dopo cinque anni dalla notifica), senza nulla argomentare in ordine alla perdurante ammissibilità dell’impugnazione nonostante il tempo trascorso.”
Rischia l’abuso del processo chi aspetta troppo tempo per impugnare l’avviso di accertamento. Dietrofront della Suprema corte: lecito il diniego opposto dal fisco alla definizione della lite chiesta da chi adisce il giudice solo per fruire del condono in arrivo.
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