Cassazione, dipendente infedele e licenziamento per giusta causa Corte di Cassazione Lavoro – Sentenza n. 10959 del 9 maggio 2013
La Suprema corte di Cassazione, in materia di lavoro, è stata chiamata a pronunciarsi su una questione molto importante che riguarda il licenziamentodi un dipendente che si è dimostrato “infedele” all’azienda per cui lavorava.
L’uomo, che ha interpellato la Corte, svolgeva le mansioni di ufficiale di riscossione per una Società ovvero si preoccupava di notificare le cartelle esattoriali e di compiere le altre attività tipiche per recuperare le somme iscritte a ruolo.
La richiesta di ricollocazione al lavoro era stata respinta in primo grado ma accolta dalla Corte d’Appello e, per questo motivo, ritenendosi insoddisfatto in relazione alla liquidazione del danno, ex art. 18 L. 300/1970, proponeva ricorso in Cassazione.
Anche la Società presentava un contro-ricorso e, gli ermellini, considerando fondate le censure ivi formulate, relative alla condotta tenuta dal dipendente nel corso delle operazioni di riscossione e, precisamente osservavano che “La Corte d’appello nell’esprimere un giudizio di sproporzione della sanzione irrogata rispetto alla condotta contestata ed accertata, ha del tutto omesso, secondo la Suprema Corte, di valutare alcune circostanze di fatto poste in relazione con altre condotte accertate, rivelatrici di un comportamento del dipendente che violava i doveri di correttezza e buona fede nell’esecuzione del rapporto, così giustificandone la risoluzione”.
Inoltre, continuano i giudici, “la sentenza ha omesso, in sostanza di rapportare tra loro i comportamenti impropri tenuti dal dipendente. E, nel caso in esame, poiché la prestazione attiene all’esercizio di una funzione delicata, quale quella dell’ufficiale di riscossione di tributi e si svolge in diretto contatto con i soggetti tenuti all’adempimento di obbligazioni connesse ad un pubblico interesse, al lavoratore è richiesto un comportamento improntato ad una particolare correttezza e trasparenza nell’esecuzione della prestazione”.
Sulla base di queste considerazioni ma anche della deroga al principio relativo al licenziamento per giusta causa del dipendente per aver leso il rapporto di fiducia tra dipendente e datore di lavoro ovvero che la proporzionalità della sanzione non si deve basare esclusivamente su un unico episodio ma sulla condotta complessiva del lavoratore la Corte ha deciso per la cassazione della sentenza in quanto per questi ultimi aspetti risulta insufficientemente motivata e, la valutazione sulle incidenze della condotta tenuta dal dipendente, deve essere nuovamente valutata dal giudice del rinvio che dovrà dunque provvedere alla definitivamente alla reintegra o al licenziamento del lavoratore.
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