La Cassazione con la sentenza n. 5280 del 04 marzo 2013 è stata chiamata alla valutazione in ordine alla legittimità del licenziamento disciplinare di un lavoratore cui si applichi l’art. 221 del CCNL per i dipendenti da aziende del terziario: distribuzione e servizi del 2 luglio 2004, motivato dalla ricorrenza dell’ipotesi del «diverbio litigioso seguito da vie di fatto in servizio anche fra dipendenti, che comporti nocumento o turbativa al normale esercizio dell’attività aziendale» – contemplata dall’indicata norma contrattuale, a titolo esemplificativo, fra le ipotesi di licenziamento per giusta causa – deve essere effettuata attraverso un accertamento in concreto da parte del giudice del merito della reale entità e gravità del comportamento addebitato al dipendente nonché del rapporto di proporzionalità tra sanzione e infrazione (che non può non basarsi sulla ricostruzione della condotta fin dal momento immediatamente precedente e da quello iniziale dell’avvenuto passaggio alle vie di fatto), sia quando si riscontri la astratta corrispondenza del comportamento del lavoratore alla fattispecie tipizzata contrattualmente, sia a maggior ragione ove manchi una precisa corrispondenza tra i fatti addebitati e le ipotesi esemplificative specifiche elencate dal contratto collettivo, occorrendo sempre che la condotta sanzionata sia riconducibile alla nozione legale di giusta causa, tenendo conto della gravità del comportamento in concreto del lavoratore, anche sotto il profilo soggettivo della colpa o del dolo, con valutazione in senso accentuativo rispetto alla regola generale della non scarsa importanza di cui all’art. 1455 c.c
Infatti gli Ermellini affermano che ” inoltre il giudizio di proporzionalità o adeguatezza della sanzione del licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo all’illecito commesso – rimesso al giudice del merito – si sostanzia nella valutazione della gravità dell’inadempimento imputato al lavoratore in relazione al concreto rapporto, e l’inadempimento deve essere valutato in senso accentuato rispetto alla regola generale della “non scarsa importanza” di cui all’art. 1455 cod. civ, sicché l’irrogazione della massima sanzione disciplinare risulta giustificata solamente in presenza di un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali ovvero addirittura tale da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto (Cass. 22 marzo 2010, n. 6848; Cass. 10 dicembre 2007, n. 25743; Cass. 24 luglio 2006, n. 16864; Cass. 25 febbraio 2005, n. 3994; Cass. 14 gennaio 2003, n. 444).”
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