La Corte di Cassazione sez. lavoro con la sentenza n. 23771 depositata il 21 ottobre 2013 intervenendo in tema di licenziamenti ha statuito che è posto a carico del datore di lavoro “l’onere della prova in ordine alla insussistenza del requisito dimensionale prescritto ai fini della tutela reale, quale fatto impeditivo del diritto del lavoratore alla reintegra”. Inoltre i giudici Suprema hanno anche statuito che ai fini del calcolo per il requisito dimensionale vanno inclusi anche di lavoratori non indicati quali subordinati nelle scritture aziendali, infine, il criterio per il computo del requisito professionale viene ritenuto sufficiente che siano superate le 15 unità e non il raggiungimento della 16° unità.
Gli Ermellini hanno ritenuto corretta la sentenza di secondo grado in cui il datore di lavoro veniva condannato ad un ulteriore risarcimento al lavoratore illegittimamente licenziato, in quanto si è provato che l’azienda rientrava nella tutela reale e non nella tutela obbligatoria.
Nella fattispecie, i giudici di legittimità, hanno condiviso e confermato la verifica del requisito dimensionale, fatta dai giudici di appello, fondata non solo sulle prove documentali, ma anche sulle testimonianze prodotte in sede di giudizio, che hanno provato la sussistenza del requisito dimensionale necessario per l’applicazione della tutela reale al licenziamento illegittimo.
Nel caso concreto, i giudici del Palazzaccio, hanno ritenuto, il criterio di riparto dell’onere probatorio in tema di requisito dimensionale ai fini della tutela reale, correttamente applicato i principio di diritto, della Corte Suprema consolidatasi a partire dalla pronunzia a Sezioni Unite n. 141/2006 (cfr., tra le altre, Cass. Civ., Sez. Lav., n. 6344/2009, n. 15948/2006, n. 13945/2006, n. 12722/2006). Tale principio statuisce che “in tema di riparto dell’onere probatorio in ordine ai presupposti di applicazione della tutela reale o obbligatoria al licenziamento di cui sia accertata l’invalidità, fatti costitutivi del diritto soggettivo del lavoratore a riprendere l’attività e, sul piano processuale, dell’azione di impugnazione del licenziamento sono esclusivamente l’esistenza del rapporto di lavoro subordinato e l’illegittimità dell’atto espulsivo, mentre le dimensioni dell’impresa, inferiori ai limiti stabiliti dall’art. 18 della legge n. 300 del 1970, costituiscono, insieme al giustificato motivo del licenziamento, fatti impeditivi del suddetto diritto soggettivo del lavoratore e devono, perciò essere provati dal datore di lavoro”.
La sentenza in commento ribadisce altri due rilevanti principi di diritto in tema di requisito dimensionale propedeutico all’applicazione della tutela reale.
Il primo è riferito alla inclusione nel requisito dimensionale anche di lavoratori non indicati quali subordinati nelle scritture aziendali. Nella sentenza in commento, infatti, i giudici della Corte, hanno ritenuto “espressione di accertamento di fatto insindacabile in Cassazione” la affermazione, da parte del giudice di merito, della “esistenza di ulteriori rapporti di lavoro dipendente, oltre a quelli risultanti dal libro matricola della società”, poichè viene determinata “dal positivo riscontro in base alle deposizioni testimoniali puntualmente evocate in sentenza che i suddetti rapporti, per le loro caratteristiche intrinseche, andavano qualificati come di lavoro dipendente”. Né, comunque, è stata ritenuta idonea ad escludere la natura subordinata di detti rapporti la circostanza che le attività in questione, come sostenuto dalla società, avessero carattere occasionale e fossero concentrate nei periodi delle festività pasquali e natalizie, posto che la durata maggiore o minore della collaborazione ha valenza neutra al fine della qualificazione come subordinata o autonoma dell’attività prestata.
L’altro principio di diritto richiamato riguarda il computo del requisito dimensionale ai fini dell’applicazione della tutela reale. La Corte con la sentenza 23771/2013 ha avallato il periodo di riferimento ritenuto congruo dai giudici di appello, in particolare la media occupazionale nell’anno precedente il licenziamento. Inoltre ai fini del superamento della soglia numerica prescritta dall’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori (L. n. 300/1970), è stato ritenuto “sufficiente il superamento delle 15 unità e non, come sostenuto, il raggiungimento della media delle 16 unità” (nella fattispecie una media di 15,11 lavoratori nell’anno precedente il licenziamento è stata ritenuta sufficiente a determinare il superamento della soglia numerica prescritta ai fini della tutela reale, e, dunque, della reintegrazione nel posto di lavoro).
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