La Corte di Cassazione sez. lavoro con la sentenza n. 18526 del 02 agosto 2013 interviene in tema di licenziamento riaffermando che è configurarle la cosiddetta compensazione tecnica allorché i rispettivi crediti e debiti abbiano origine da un unico rapporto – la cui identità non è peraltro esclusa dal fatto che uno dei crediti abbia natura risarcitoria derivando da inadempimento -, nel qual caso la valutazione delle reciproche pretese comporta un accertamento che ha la funzione di individuare il reciproco dare ed avere senza che sia necessaria la proposizione di un’apposita domanda riconvenzionale o di un’apposita eccezione di compensazione (Cass. n. 28855/2008; Cass. n. 14688/2012).
La vicenda ha visto protagonista un funzionario di banca che era stato licenziato essendo emerso dalla espletata istruttoria che il R., senza avvalersi della collaborazione di altri funzionari, aveva disatteso la normativa interna della Banca, determinando gravi esposizioni patrimoniali per l’istituto di credito, quantificabili in oltre sei milioni di euro.
Il lavoratore aveva impugnato il provvedimento di licenziamento davanti al Giudice del Lavoro il quale aveva respinte le domande dal lavoratore proposte nei confronti della Banca datrice di lavoro, volte alla declaratoria di illegittimità del licenziamento per giusta causa intimatogli in data 4 maggio 1994 e condannato esso appellante al pagamento in favore della banca convenuta della somma di £ 849.118.040 oltre accessori. Il lavoratore avverso la decisione del giudice di prime cure ricorre alla Corte di Appello. I giudici di Appello, in parziale accoglimento dell’appello, condannava il E. R. al pagamento della somma di e 400.000,00 anziché di quella maggiore statuita in primo grado, oltre a interessi come già riconosciuti, confermando nel resto la sentenza impugnata.
Per i Giudici dell Corte territoriale la perizia collegiale aveva accertato che venti delle posizioni di cui è causa erano state eseguite senza la collaborazione di altri funzionari e secondo cui le ventitré pratiche di fido oggetto della contestazione non risultavano essere state correttamente istruite e le linee di credito non figuravano sostenute da adeguate garanzie patrimoniali. Era emerso altresì che il R. aveva normalmente disatteso tutte le norme in materia di affidamento bancario e quindi la fondatezza delle censure mossegli.
Pertanto alla luce di tali concordi e reiterati accertamenti in quanto fondati su una attenta e compiuta valutazione tecnico-contabile delle circostanze del caso, per i giudici della corte di appello, non poteva che ritenersi la fondatezza degli addebiti mossi al R., che, per la loro gravità e le gravissime conseguenze economiche per la stessa datrice di lavoro, erano da ritenersi certamente idonei a ledere irreversibilmente il vincolo fiduciario.
Per la cassazione di tali pronunce ricorre E. R. con sei motivi.
Gli Ermellini hanno inammissibili i motivi del ricorso del lavoratore.
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