La Corte di Cassazione sez. lavoro con la sentenza n. 23533 depositata il 16 ottobre 2013 intervenendo in materia di licenziamento illegittimo, ha decretato che qualora l’illegittimità del provvedimento espulsivo venga fatta valere dal lavoratore prima che si perfezioni l’operazione di trasferimento, per l’obbligazione economica risulteranno solidalmente responsabili entrambe la aziende.
La precisazione della Corte Suprema ha evidenziato che in presenza di licenziamento illegittimo del lavoratore a fronte di operazione societaria, il quale si sostanzia nella violazione dell’obbligo di repechage a carico del datore di lavoro, ai fini della corresponsione dell’indennità supplementare a favore dello stesso saranno considerati solidalmente responsabili sia il cedente che il cessionario.
La vicenda ha riguardato un dirigente che aveva ricevuto la comunicazione di licenziamento che a causa della redifinizione delle posizioni dirigenziali a causa della soppressione del ruolo di “Responsabile delle attività Supporto & Planning”.
Il dipendente impugnava il provvedimento di licenziamento inanzi al Tribunale, in veste di giudice del lavoro, citando in giudiizio sia la società cedente del ramo d’azienda sia l’acquirente, che accoglieva la domanda del ricorrente accertando l’illegittimità del licenziamento irrogato al lavoratore e condannato entrambe le convenute a corrispondergli in solido l’indennità supplementare.
Le società condannate ricorsero alla Corte di Appello avverso la sentenza del Tribunale. I giudici della Corte Territoriale hanno confermato la sentenza del giudice di prime cure tranne nella parte in cui era stata ritenuta fondata la domanda di condanna delle stesse ad includere nel calcolo degli istituti i contributi versati al fondo di previdenza integrativa ed ha dichiarato non dovuti tali contributi.
Per la cassazione della sentenza dei giudici di merito propone la società E. s.p.a che affida l’impugnazione a tre motivi di censura.
Gli Ermellini respingo il ricorso precisando che “il rapporto si fosse estinto prima della cessione d’azienda non costituiva un impedimento all’applicazione della regola generale di cui all’art. 2112 cod. civ.” in quanto successivamente all’invio del licenziamento si era conclusa la vendita del ramo d’azienda e che a tal proposito “si è avuto occasione di statuire (Cass. Sez. lav. n. 15678 dell’11/7/2006) che “alla stregua dell’art.1334 c.c. – secondo cui gli atti unilaterali producono effetto dal momento in cui pervengono a conoscenza della persona alla quale sono destinati – la dichiarazione di volontà, espressa con l’atto unilaterale di recesso, si perfeziona con la sola emissione e a tale momento occorre risalire per valutare la capacità e volontà del dichiarante. Conseguentemente, il cessionario dell’azienda subentra in tutti i rapporti dell’azienda ceduta nello stato in cui si trovano, ivi compreso il rapporto caratterizzato da un licenziamento intimato dal cedente, con onere, per il lavoratore, di impugnare il recesso nei sessanta giorni per evitare di incorrere nella decadenza di cui all’art. 6 della legge n.604 del 1966.” E’, pertanto, condivisibile il ragionamento seguito dalla Corte d’appello la quale ha esattamente posto in rilievo che la solidarietà prevista dall’art. 2112 cod. civ. rappresenta una tutela rafforzata del credito del lavoratore dell’impresa ceduta la cui esigibilità non può essere subordinata alla condizione che risulti dai libri contabili obbligatori.”
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