La Corte di Cassazione sez. lavoro con la sentenza n. 24189 del 25 ottobre 2013 intervenendo in materia di mobbing ha affermato che non possono essere riconosciuti i danni da mobbing, qualora sia il dipendente a percepire il trasferimento presso altra sede imposto dall’azienda pretestuoso, senza che siano riscontrati elementi concreti a sostegno della sua rivendicazione.
La vicenda ha riguardato un informatore scientifico che era stato trasferito presso altra sede ed aveva ritenuto lo stesso provvedimento illegittimo perché determinato da intenti vessatori e discriminatori e comunque non supportato da effettive ragioni aziendali. Il dipendente impugnava tale atto inanzi al Tribunale, in veste di giudice del lavoro, ha chiesto il risarcimento dei danni, patrimoniali e non, subiti a fronte di condotte vessatorie e punitive, precedenti e successive alla intimazione del trasferimento; ha impugnato la sanzione disciplinare dell’ammonizione scritta del 20 novembre 2007, comminatagli per non avere trasmesso tempestivamente al suo capoarea gli itinerari delle visite di informazione dei medici da effettuarsi la settimana successiva; chiedeva inoltre anche differenze retributive, straordinari e trasferte.
Il Tribunale adito respingeva tutte le domande proposte dal lavoratore, ad eccezione di quelle relativa ai rimborsi delle spese per il trasferimento, condannando la società al pagamento della somma di € 1.000,00.
Il dipendente ricorreva avverso la sentenza del giudice di prime cure con ricorso alla Corte di Appello. La Corte distrettuale conferma la sentenza di primo grado.
Il dipendente, per il tramite del suo difensore, ricorre per la cassazione della sentenza, con ricorso basato su due motivi di censure, limitatamente ai capi relativi al trasferimento e al risarcimento dei danni. La società resiste con controricorso.
Gli Ermellini respingono il ricorso proposto ricordando il principio di diritto secondo cui ” il controllo giurisdizionale delle comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive che legittimano il trasferimento del lavoratore subordinato deve essere diretto ad accertare che vi sia corrispondenza tra il provvedimento adottato dal datore di lavoro e le finalità tipiche dell’impresa, e, trovando un preciso limite nel principio di libertà dell’iniziativa economica privata, garantita dall’art. 41 Cost., non può essere dilatato fino a comprendere il merito della scelta operata dall’imprenditore; quest’ultima, inoltre, non deve presentare necessariamente i caratteri dell’inevitabilità, essendo sufficiente che il trasferimento concreti una delle possibili scelte, tutte ragionevoli, che il datore di lavoro può adottare sul piano tecnico, organizzativo e produttivo (Cass. 2 gennaio 2001 n. 27; Cass. 2 agosto 2002 n. 11624; Cass. 29 luglio 2003 n. 11660; Cass. 18 aprile 2005 n. 7930; Cass. 28 aprile 2009 n. 9921; Cass. 2 marzo 2011 n. 5099).”
Nel caso di specie la Corte Suprema ha statuito l’insussistenza di qualsiasi discriminazione o intento vessatorio nei confronti del lavoratore, dal momento che la decisione dipende da precise ragioni organizzative e produttive e l’atteggiamento aziendale risulta comune a quello tenuto con gli altri dipendenti.
Esclude il mobbing se è il dipendente a percepire come vessatorio il trasferimento per motivi organizzativi. Escluso l’intento persecutorio se la nuova condizione del lavoratore risulta assimilabile a quella dei colleghi, specie quando chi cambia sede non ha carichi familiari.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 20120 depositata il 25 luglio 2019 - Per la richiesta del danno per mobbing derivante dal comportamento vessatorio di parte datoriale è onere del lavoratore la relativa prova
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 23 giugno 2020, n. 12364 - Ai fini della configurabilità del mobbing lavorativo devono ricorrere una serie di comportamenti di carattere persecutorio - illeciti o anche leciti se considerati singolarmente con intento…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 26 febbraio 2021, n. 5472 - Il mobbing, ove riferito ad atti astrattamente leciti ma che in concreto si caratterizzino per l'intento vessatorio, presuppone evidentemente la prova dell'elemento soggettivo intenzionale
- CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, ordinanza n. 4726 depositata il 22 febbraio 2024 - La proposizione, in giudizi separati, dell'azione per mobbing, al quale il lavoratore assuma collegato il licenziamento, e quella di impugnativa di quest'ultimo,…
- CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, ordinanza n. 3822 depositata il 12 febbraio 2024 - Ai fini dell’accertamento dell’ipotesi di mobbing in ambito lavorativo, il giudice del merito deve procedere alla valutazione complessiva, e non meramente…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 17 giugno 2020, n. 11705 - Il licenziamento per ritorsione, diretta o indiretta - assimilabile a quello discriminatorio, vietato dagli artt. 4 della legge n. 604 del 1966, 15 della legge n. 300 del 1970 e 3 della legge n.…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Le liberalità diverse dalle donazioni non sono sog
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sentenza n. 7442 depositata…
- Notifica nulla se il messo notificatore o l’
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5818 deposi…
- Le clausole vessatorie sono valide solo se vi è ap
La Corte di Cassazione, sezione II, con l’ordinanza n. 32731 depositata il…
- Il dipendente dimissionario non ha diritto all’ind
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 6782 depositata…
- L’indennità sostitutiva della mensa, non avendo na
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 7181 depositata…