Transazione fiscale art. 182-ter legge fallimentare ed elementi di criticità costituzionali
Con l’attuale crisi che persiste ormai da alcuni anni l’istituto della ‘Transazione fiscale’, contemplato dall’art. 182-terL.F., risulta ormai drammaticamente attuale. Per tale istituto permangono ancora non pochi dubbi sulla sua legittimità costituzionale in riferimento al principio costituzionale ricondotto all’art. 53 cost. dell’ ‘indisponibilità del credito tributario’. In riferimento al predetto principio difficilmente si può conciliare con lo schema della ‘transazione’ sul quale appare prima facie interamente costruito l’istituto.
Ad oggi l’istituto della Transazione fiscale non ha avuto un’applicazione diffusa, nel prossimo futuro è ipotizzabile un suo utilizzo più intenso a causa della profonda crisi economica in atto.
Al pari dei condoni fiscali anche per l’istituto della Transazione fiscale, con cui lo stato rinuncia all’entrata fiscale, è stata disposta con la legge ordinaria. La verifica della costituzionalità dell’istituto va condotto sui criteri di applicazione dell’istituto, poiché è nella interpretazione del ruolo che il legislatore ha inteso attribuire alla Pubblica Amministrazione, che può insidiarsi il rischio di incostituzionalità.
Alla luce di quanto sopra scritto il momento particolarmente delicato è rappresentato dalla formazione della volontà dell’amministrazione finanziaria, che attraverso l’istituto della Transazione Fiscale e su istanza del contribuente, deve dare o negare il consenso alla proposta ‘transattiva’ ricevuta. Pertanto se si vuol considerare tale processo decisionale all’interno dell’ordinaria discrezionalità amministrativa, il rischio e di riconoscere a tale discrezionalità amministrativa il potere di disporre dei crediti tributari. Per cui si verifica che l potere di disporre delle entrate tributaria non sia solo del legislatore ma anche dell’amministrazione finanziaria e questo potrebbe far sorgere non pochi problemi di incostituzionali.
Infatti di fronte alla proposta formulata dal contribuente l’amministrazione finanziaria verrebbe a godere di una libertà decisionale nella quale, come accade in tutte le scelte afferenti la gestione della cosa pubblica, sarebbe guidata, pur nel rispetto dello scopo perseguito dalla legge, solo dal risultato di proprie autonome valutazioni.
L’interpretazione fornita dell’Agenzia delle Entrate con la circolare 18 aprile 2008, n. 40 in cui si esortano le agenzie territoriali a considerare nelle decisioni gli “obiettivi sottesi alla riforma organica delle procedure concorsuali e, di conseguenza, all’istituto della transazione fiscale” (cfr. sub par. 5.5) ed a valutare la proposta del contribuente anche alla luce “degli altri interessi coinvolti nella gestione della crisi, quali, ad esempio, la difesa dell’occupazione, la continuità dell’attività produttiva, la complessiva esposizione debitoria dell’impresa, oltre alla sua generale situazione finanziaria e patrimoniale (ad esempio, la tipologia dell’attività svolta, le diverse componenti positive di bilancio, la consistenza immobiliare e la presenza di eventuali garanzie)”.
Occorre a questo punto procedere a verificare se è possibile che la decisione finale sulla disposizione del credito tributario sulla base di proprie autonome valutazioni su aspetti specifici del singolo caso, possa essere assunta caso per caso dall’Agenzia delle Entrate.
Un primo dubbio sulla legittimità di tale impostazione, scaturisce dalla considerazione che in questo modo non verrà mai rispettato il principio costituzionale di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, poiché risulta improbabile che in tutti gli uffici territoriali vengano ad essere utilizzati gli stessi parametri di valutazione. Altro aspetto cruciale è dato dalla peculiarità di ciascuna crisi d’impresa, in particolare agli innumerevoli aspetti che secondo la circolare devono essere presi in esame, sarebbe da ostacolo alla verifica del rispetto della parità di trattamento. Il contribuente sarebbe in tal modo in balia dell’insindacabile giudizio dell’Ufficio, la cui decisione risulterebbe incensurabile proprio sotto uno degli aspetti maggiormente sintomatici dell’eccesso di potere, ovvero quello della ‘disparità di trattamento’.
L’art. 182-ter non sembra attribuire particolari poteri decisionali all’amministrazione finanziaria, poiché non indica i criteri guida per una decisione potenzialmente rimessa alla discrezionalità della P.A., ma contiene scelte che sembrano già compiutamente adottate dallo stesso legislatore e che non abbisognano di ulteriori processi valutativi sui singoli casi concreti.
Infatti il contenuto dell’articolo 182-ter, che disciplina la Transazione fiscale, già consentirebbe di verificare se una determinata proposta transattiva possa o meno essere accolta, avendo il contenuto, dell’articolo in esame, espressamente previsto che il trattamento riservato al credito tributario, nel caso in cui sia assistito da privilegio, non debba essere inferiore, quanto a percentuale, tempi di pagamento e garanzie, a quello previsto per i crediti “che hanno un grado di privilegio inferiore o a quelli che hanno una posizione giuridica ed interesse economici omogenei a quelli delle agenzie e degli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie” e che, nel caso di credito chirografario, “il trattamento non può essere differenziato rispetto a quello degli altri creditori chirografari ovvero, nel caso di suddivisioni in classi, dei creditori rispetto ai quali è previsto un trattamento più favorevole”.
In base a questa seconda interpretazione, diversa da quella dell’Agenzia, l’amministrazione finanziaria sarebbe chiamata a dare l’assenso alla proposta transattiva, dopo aver semplicemente verificato la sussistenza delle condizioni indicate direttamente dal legislatore. In questo modo, essa verrebbe a svolgere un compito che non sarebbe più di scelta discrezionale, ma di puro accertamento tecnico. Per cui le decisioni dell’Agenzia, in riferimento alla loro impugnabilità, non sono più coperte dalla loro insindacabilità e dalla loro discrezionalità, sono quindi passibili di censure sotto il profilo dell’errore o travisamento dei fatti, con apprezzabile estensione delle garanzie di tutela del contribuente.
Per cui il voto che l’Agenzia dovrebbe esprimere sarebbe del tutto svincolato da valutazioni attinenti al merito della proposta, le quali rimarrebbero affidate esclusivamente agli altri creditori. Questo sistema, peraltro, presenterebbe il vantaggio di riservare la decisione sul sostegno dell’impresa in difficoltà, ai creditori privati, ovvero agli stessi operatori del mercato, che, grazie ai rapporti economici e commerciali, meglio conoscono, rispetto ad una pubblica amministrazione spesso così aliena, l’effettiva situazione dell’azienda in crisi, le sue reali potenzialità e le prospettive di superamento delle difficoltà finanziarie.
La norma, cosi interpretata, evidenzierebbe l’intento del legislatore di legare le sorti del credito tributario a quelle degli altri crediti e questo non solo per la scelta di rinunciare in favore dei privati in merito alla decisione sulla proposta del contribuente, ma anche perché le condizioni di trattamento del credito tributario, vengono fissate con riferimento alle offerte formulate per i crediti privati. Questa linea legislativa, d’altronde, sicuramente si concilia con la tendenza, di ormai lungo corso, ad eliminare le posizioni di privilegio un tempo godute dal ‘pubblico’ ai danni del ‘privato’ e non più sostenibili a causa delle mutate condizioni socio-economiche.
Per l’interpretazione, inerente la norma della Transazione Fiscale, altro elemento essenziale è quello relativo al concetto che la proposta di Transazione Fiscale può essere presentata solo nell’ambito di una più ampia domanda di concordato preventivo. Tale interpretazione appare inevitabile già dalla semplice lettura della norma, nella quale l’assenso alla proposta transattiva, come già detto, viene subordinato a delle condizioni che sono espresse non già in maniera assoluta, ma che risultano, caso per caso, da un raffronto con il trattamento previsto per gli altri crediti, mancando i quali, sarebbe evidentemente inibita qualunque verifica sul rispetto delle condizioni medesime. Questa opinione, d’altronde, trova più che una conferma nella lettera dell’art. 182-ter, ove in principio, si afferma che il debitore può avanzare la proposta di transazione fiscale “Con il piano di cui all’articolo 160”, ovvero con la proposta di concordato preventivo.
La tesi secondo cui il legislatore abbia inteso eliminare ogni possibile potere decisionale della P.A. nella applicazione dell’Istituto, trova ulteriore conferma dalla circostanza, oltre alle condizioni per l’assenso sembrano già tutte compiutamente specificate nella norma, che i dati tecnici su cui esse si basano, presentano una loro evidente determinatezza. Infatti, quando non è la legge a fornire la loro esatta configurazione (come avviene nel caso dei privilegi), i dati a cui il legislatore fa riferimento nel fissare le condizioni per l’assenso alla proposta (ovvero l’omogeneità di posizioni giuridiche e di interessi economici tra il credito tributario e gli altri crediti, nonché la loro suddivisione in classi), non necessitano di valutazioni tecniche della P.A., poiché sono elementi che già risultano dalla proposta del privato e sui quali, peraltro, al momento dell’intervento dell’amministrazione, vi è già stata una verifica da parte dell’autorità giudiziaria, chiamata alla valutazione preventiva sulla loro correttezza ai fini della stessa ammissione della domanda di concordato preventivo (cfr. art. 163, comma 1).
In base a quanto sopra scritto sembrerebbe potersi escludere ogni compito decisionale dell’amministrazione finanziaria che richieda esercizio non solo della discrezionalità propriamente amministrativa, ma che sia esplicazione anche della discrezionalità tecnica, la quale sarebbe richiesta nella valutazione dei dati tecnici che, come visto, il legislatore ha invece riservato all’autorità giudiziaria
L’interpretazione proposta dell’Istituto della Transazione Fiscale potrebbe avere il pregio di far dipendere la decisione sulla disposizione del credito tributario, non solo nella sua astratta previsione normativa, ma anche nella fase della concreta attuazione, esclusivamente dalla volontà del legislatore, recuperando così il pieno rispetto del principio di riserva di legge che regola la materia, con indubbi apprezzabili riflessi sul rispetto del principio costituzionale di uguaglianza.
La predetta interpretazione della norme che disciplinano la Transazione Fiscale offrirebbe la possibilità di comporre il contrasto tra la figura della transazione e il carattere indisponibile del credito tributario, giacché dalla impostazione qui prospettata tale carattere verrebbe ad assumere un valore relativo che potrebbe sintetizzarsi nella (ri)definizione di ‘INDISPONIBILITÀ DEL CREDITO TRIBUTARIO DA PARTE DELLA Pubblica Amministrazione’.
Con la Legge di Bilancio 2017 e precisamente con l’art. 1, co. 81, L. 232/2016, il Legislatore ha rivoluzionato la portata dell’art. 182-ter, L.f. La portata di tale variazione nella normativa, riguardante la possibilità dello stralcio e dilazione delle imposte e contributi.
La riforma prevede che con il piano di concordato preventivo di cui all’art. 160, L.f. il debitore può proporre il pagamento, parziale o anche dilazionato, di:
- tributi comprensivi dell’Iva e delle ritenute;
- relativi accessori amministrati dalle agenzie fiscali;
- contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie;
- relativi accessori dei contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie.
Transazione fiscale «ante» Legge di Bilancio 2017
Prima dell’entrata in vigore della riforma apportata con la Legge di Bilancio 2017, che ha modificato la transazione fiscale regolata dall’art. 182-ter, L.f., la normativa prevedeva la possibilità di poter proporre di dilazionare o di stralciare parzialmente:
- solo alcuni debiti fiscali, con esclusione dei debiti per Iva e ritenute
- i contributi previdenziali;
- i contributi assistenziali.
L’evidente limite di tale disciplina era l’impossibilità di poter stralciare, anche solo parzialmente, il debito Iva, a causa della sua possibile natura comunitaria di tale imposta, e le ritenute.
Sia per l’Iva che per le ritenute era pertanto possibile solo richiedere la dilazione del debito maturato, ma era impedita la richiesta del loro abbattimento, anche parziale.
A fronte di tale impossibilità molte imprese in crisi finanziaria, con un attivo non sufficiente o di difficile liquidazione e appesantite da debiti tributari di Iva e ritenute insostenibili, si vedevano costrette all’ineluttabile destino del fallimento. Tutto ciò a scapito di una potenziale rinascita dell’attività d’impresa, se alleggerita dal fardello di un debito insopportabile anche di natura fiscale.
Transazione fiscale «post» Legge di Bilancio 2017
Con la Legge di Bilancio 2017 e precisamente con l’art. 1, co. 81, L. 232/2016, il Legislatore ha rivoluzionato la portata dell’art. 182-ter, L.f.
La portata di tale variazione nella normativa, riguardante la possibilità dello stralcio e dilazione delle imposte e contributi, potrebbe essere di vitale importanza per tutte quelle realtà imprenditoriali che stanno attraversando una grave crisi finanziaria.
Sono numerosissimi i casi di realtà imprenditoriali con una vitalità economica, che permetterebbe loro di competere ancora sul mercato e di creare ricchezza per il territorio, raggiungendo margini produttivi positivi, ma che appesantite dai debiti anche tributari e contributivi, vedono restringersi il loro ramo d’azione e accorciarsi la loro vita operativa.
Sono tutte quelle imprese che hanno dovuto subire l’insolvenza di molti clienti e che, per poter sopravvivere, si sono ritrovati a dover utilizzare la liquidità prodotta dalla propria attività per pagare innanzitutto i propri fattori produttivi, tra cui i lavoratori, e a dover contrarre debito con lo stato e con gli istituti di previdenza e assistenza.
Il Legislatore con la riforma dell’art. 182-ter, L.f. ha così posto le basi per una rinascita di tutte quelle realtà che mantengono un buon margine produttivo e sono economicamente forti, seppur finanziariamente deboli.
Il Legislatore ha così voluto privilegiare la continuità aziendale, considerando meno oneroso per il sistema paese e quindi per le casse dello Stato, una minore pretesa tributaria immediata a fronte di un maggior gettito futuro, accompagnato da una maggiore occupazione e quindi da un minor costo sociale e previdenziale a carico degli enti di previdenza e assistenza.
Entrando nello specifico della riforma introdotta dalla Legge di Bilancio 2017, il comma 81, modificando l’art. 182-ter, L.f. ha apportato una sostanziale rivisitazione del trattamento dell’Iva e delle ritenute in sede di transazione fiscale.
La riforma prevede che con il piano di concordato preventivo di cui all’art. 160, L.f. il debitore può proporre il pagamento, parziale o anche dilazionato, di:
- tributi comprensivi dell’Iva e delle ritenute;
- relativi accessori amministrati dalle agenzie fiscali;
- contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie;
- relativi accessori dei contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie.
Il comma 1 dell’art. 182-ter, L.f., così come modificato, prevede che «con il piano di cui all’articolo 160 L.F. il debitore può proporre il pagamento, parziale o anche dilazionato, dei tributi e dei relativi accessori amministrati dalle agenzie fiscali, nonché dei contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie e dei relativi accessori».
Condizione, affinché tale proposta possa essere avanzata dal debitore, è che il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali sussiste la causa di prelazione.
Sempre secondo il comma 1 dell’art. 182-ter, L.f., il valore di mercato deve essere indicato nella relazione di un professionista in possesso dei requisiti di cui all’art. 67, co. 3, lett. d), L.f.
Al fine di poter accedere alla proposta di accordo sui crediti di natura fiscale, il debitore deve presentare copia della domanda e della relativa documentazione, contestualmente al deposito presso il tribunale, al competente agente della riscossione e all’ufficio competente sulla base dell’ultimo domicilio fiscale del debitore
Il debitore può effettuare la proposta di transazione fiscale di cui al comma 1 dell’art. 182-ter, L.f. anche nell’ambito delle trattative che precedono la stipulazione dell’accordo di ristrutturazione di cui all’art. 182-bis.
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