TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE LAZIO – Sentenza 30 gennaio 2014, n. 1164
Lavoro pubblico – Riconoscimento della dipendenza di infermità di causa di servizio – Prova di stress da mansioni
La ricorrente, in qualità di erede del Sottufficiale indicato in epigrafe, impugna il decreto dirigenziale n. 1269 dell’8.11.2004 con cui il Ministero della Difesa, recependo il parere espresso dal Comitato per la verifica delle cause di servizio presso il Ministero dell’economia e delle finanze nella seduta del 28.9.2007, ha respinto l’istanza di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio per l’infermità da cui era affetto il predetto Militare (“ulcera gastrica- doppia- angulus duodenite-bulbo”) presentata dall’interessato, nonché il conseguente decreto dirigenziale n. 429 del 3.3.2005 con cui l’istanza di concessione di equo indennizzo è stata respinta per aver svolto in condizioni ambientali sfavorevoli mansioni di collaboratore amministrativo presso l’Unità sanitaria locale RM 26 di Tivoli ed essere stato sottoposto a notevole stress psicofisico.
Il ricorso è affidato alle seguenti censure: 1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 18 DPR 461/2001 in combinato disposto con gli artt. 5, 7 e 9 del DPR 349/94; degli artt. 97 e 24 Cost; degli artt. 1 e 2 della legge n. 241/90; 2) Eccesso di potere per difetto di istruttoria, erronea valutazione dei presupposti; difetto di motivazione; travisamento dei fatti; illogicità 3) Eccesso di potere per disparità di trattamento; violazione di legge ex art. 3 Cost.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione che resiste solo formalmente.
Ritualmente intimata.
Alla pubblica udienza dell’11.12.1.2013 la causa, reiscritta a ruolo a seguito di presentazione di istanza di fissazione d’udienza a firma congiunta, è trattenuta in decisione.
Con il primo motivo di ricorso si prospetta l’illegittimità del provvedimento impugnato per violazione del termine di 12 mesi per la conclusione del procedimento di cui agli art. 18 DPR 461/01 ed all’art 5 del DPR 349/94. La doglianza va respinta atteso che secondo ormai consolidato orientamento giurisprudenziale il temine per l’adozione del provvedimento finale sull’istanza di riconoscimento della dipendenza di infermità di causa di servizio ha carattere meramente sollecitatorio e non perentorio (da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, 4 maggio 2011, n. 2683). La violazione di tale termine pertanto non è atta ad invalidare l’atto adottato dopo la sua scadenza e, nel caso di specie non assume rilievo non vertendosi in materia di impugnativa del silenzio inadempimento né di giudizio risarcitorio per danno da ritardo.
Con il secondo motivo di gravame la ricorrente denuncia il difetto di motivazione del provvedimento impugnato con cui il Ministero si sarebbe uniformato al parere espresso dal Comitato di verifica, il quale avrebbe disatteso le risultanze delle Commissioni mediche competenti, ed avrebbe espresso un giudizio astratto, basandosi su considerazioni generiche, basate sulla mera lettura di atti, senza tener conto delle peculiarità del caso concreto, come rappresentate nel rapporto del Ten. Col. mentre la CMO aveva formulato le proprie conclusioni dopo aver sottoposto a visita diretta l’interessato. Il giudizio espresso dal Comitato di verifica sarebbe inficiato da difetto istruttoria e conseguente erronea valutazione dei presupposti e/o travisamento dei fatti.
La doglianza relativa al difetto di motivazione risulta infondata alla stregua dell’orientamento giurisprudenziale in materia, che s’è ormai consolidato nel senso che:
– la motivazione del provvedimento amministrativo di diniego del riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di un’infermità può essere data, per relationem, mediante il richiamo al parere del comitato di verifica, purché sia reso disponibile (Cons. Stato, sez. IV, 18 settembre 2012, n. 4950);
– in caso di contrasto tra il parere espresso dalla CMO e dal Comitato di verifica l’Amministrazione non deve dare alcuna motivazione in ordine alla sua adesione a quest’ultimo, atteso che, ai sensi dell’art. 11 del D.P.R. 29 ottobre 2001, n. 461, compito della Commissione è solo la diagnosi sull’infermità, sulla sua effettiva esistenza e gravità (Tar Lazio, sez. I bis, 9 settembre 2010, n. 32201; 10 maggio 2010, n. 10480; dicembre 2008, n. 11300), l’indicazione della categoria, il giudizio di idoneità al servizio, mentre il Comitato di verifica ha competenza esclusiva ad accertare la riconducibilità ad attività lavorativa delle cause produttive di infermità o lesione, in relazione a fatti di servizio ed al rapporto causale tra i fatti e l’infermità o lesione, e pronunciarsi con parere motivato sulla dipendenza dell’infermità o lesione da causa di servizio (Cons. Stato, sez. IV, 27 gennaio 2011, n. 618).
Per completezza, va infine precisato che l’orientamento sopra richiamato non è smentito dalla sentenza del Tar Calabria n. 539/2011, depositata dalla ricorrente, in quanto attiene ad un caso affatto diverso sia sotto il profilo fattuale ed eziologico – di rigetto dell’istanza di concessione dell’equo indennizzo per l’infermità “bronchite cronica con segni di enfisema” presentata da una lavoratrice che aveva prestato servizio “in ambienti umidi e non riscaldati esposta, pertanto all’azione lesiva di fattori perfrigeranti e reumatizzanti” – sia sotto il profilo giuridico in quanto il difetto di motivazione era stato dedotto con riferimento al contrasto tra la valutazione della CMO e del CPPO, quindi in un sistema normativo, come quello previgente alla riforma del 2001, in cui non era ancora stata operata la chiarificazione delle rispettive competenze sopra menzionata.
Con il motivo di ricorso in esame inoltre la ricorrente censura la sommarietà della valutazione espressa dal Comitato di Verifica e ne contesta le conclusioni, senza tuttavia comprovare, come sarebbe stato suo onere, che le specifiche mansioni o condizioni lavorative abbiano costituito elementi atti a favorire l’insorgere della patologia gastrica in questione. A tal fine non può ritenersi sufficiente il generico riferimento all’influenza nociva dello stress lavorativo, in quanto la giurisprudenza richiede che sia data dimostrazione specifica dell’efficacia causale di tale fattore rischio (stress) nel caso concreto e quindi di evidenziare con precisione il nesso eziologico con riferimento alla diversa tipologia dell’attività lavorativa nelle specifiche circostanze che ne caratterizzano svolgimento. In tale prospettiva è stato escluso che il rapporto causa/effetto possa essere basato su mere valutazioni probabilistiche – dovendo invece essere individuato con un grado di consistente certezza sul piano tecnico-amministrativo e medico -legale (Cons. Stato, sez. IV, 15 maggio 2008, n. 2239) – e deve investire le specifiche e singolari modalità di svolgimento dell’attività di lavoro (sicché non si tratta di causalità “di” servizio” genericamente inteso, ma del servizio in concreto prestato).
In particolare la giurisprudenza ha precisato che, a tal fine, non è sufficiente la prova di essere stato sottoposto a lavori particolarmente stressanti e protratti per lungo tempo (Tar Lazio, Roma, sez. Ili, 18 gennaio 2010, n. 309 su un caso di infarto del miocardio), ma deve altresì essere provato che si tratta “di condizioni di lavoro particolarmente gravose eccezionali ed esorbitanti rispetto alle ordinarie mansioni”, cioè di fatti ed eventi eccedenti le ordinarie condizioni di lavoro, gravosi per intensità e durata, che vanno necessariamente documentati con esclusione, quindi, delle circostanze e condizioni del tutto generiche, quali inevitabili disagi, fatiche e momenti di stress, che costituiscono fattore di rischio ordinario in relazione alla singola tipologia di prestazione lavorativa (TAR Lazio, I, 3 aprile 2008 n. 2828; sez. I, 3 dicembre 2010, n.35286; sez. I, 1 gennaio 2010, n. 192; sez. II, 5 gennaio 2011, n. 27; TAR Lazio, sez. II, 5 gennaio 2011, n. 27; T.A.R. Lecce sez. II 12 settembre 2012 n. 1522; Cons. Stato, 11 maggio 2007, n. 2274).
Nella fattispecie in esame tale onere probatorio non è stato soddisfatto.
Avverso le considerazioni e le conclusioni espresse dal predetto Comitato la parte ricorrente si limita a richiamare le condizioni di lavoro descritte nel rapporto del Ten. Col. che si riferisce alla gravosità dell’incarico, consistente oltre alla gestione del personale (6 militari) anche il controllo, aggiornamento, parifica e distruzione dei libretti degli Ufficiali dell’Aeronautica militari e che tale incombenza richiedeva “la presenza in ufficio senza limiti di orario….tali situazioni hanno detenni nato preoccupazioni ansie e l’impossibilità di consumare regolarmente i pasti”.
Tali considerazioni non sono state ritenute dal Comitato di verifica di significativa rilevanza sull’eziopatogenesi della patologia sofferta, né sotto il profilo delle mansioni svolte, né della incidenza delle condizioni dei locali di lavoro.
Per superare il giudizio negativo del Comitato di verifica pertanto la ricorrente avrebbe dovuto indicare elementi atti a dimostrare, in senso contrario, la rilevanza delle circostanze di fatto soprarichiamate sull’eziopatogenesi della patologia sofferta, in relazione alle mansioni svolte ed alla incidenza delle condizioni di lavoro, evidenziando elementi atti a dimostrare che esse abbiano determinato uno stato di stress tale da determinare l’insorgenza di una patologia gastrica.
Altrimenti, le conclusioni del Comitato di verifica non possono essere ritenute sintomatiche di eccesso di potere per travisamento dei fatti o errore manifesto di apprezzamento o affette da palese illogicità, come affermato dalla ricorrente, in quanto è pacifico che l’attività lavorativa consisteva nella gestione del fascicoli del personale e nella direzione di personale, e non risulta dimostrata l’eccezionalità delle mansioni o delle circostanze connesse all’espletamento delle funzioni che avrebbero potuto determinare l’insorgere o aggravare della patologia gastrica in questione (al contrario, le condizioni cui si riferisce il rapporto in parola sembrano descrivere una situazione che spesso caratterizza il lavoro di ufficio di molte amministrazioni pubbliche in condizione di cronico sott’organico).
Né i vizi di legittimità denunciati dalla ricorrente possono ravvisarsi sotto il profilo della mancata considerazione dell’eventuale influenza sulla specifica patologia in questione dell’articolazione dell’orario di servizio, in quanto la protrazione di questo – che resta comunque non documentata – non avrebbe impedito al ricorrente di consumare sul luogo di lavoro rapidi spuntini o barrette sostitutive del pasto, non essendo lo svolgimento dell’attività burocratica incompatibile con la consumazione di cibo, salvo prova contraria che, appunto, nella fattispecie, non viene data.
Né al mancato assolvimento di tale onere, che incombe sull’attore secondo la regola generale posta dall’art. 2697 cod. civ. (Cons. Stato, V, 23 novembre 1994 n. 1360; TAR Campania Napoli, III, 6 marzo 2007 n. 1385; TAR Lombardia Brescia, I, 16 giugno 2008 n. 655; Tar Puglia, Lecce, sez. II, n. 322/2011), può porre rimedio il giudice amministrativo avvalendosi di una CTU in quanto la consulenza tecnica non è, secondo la giurisprudenza, mezzo di prova, ma è disposta per fornire al giudice un ausilio, una consulenza appunto, per la valutazione, sotto il profilo tecnico, di fatti già acquisiti e dimostrati e non per supplire ad un onere probatorio non assolto dalla parte (Cons. Stato, VI, 4 settembre 2007 n. 4621). Sicché anche la richiesta di disporre la CTU va disattesa.
L’ultimo mezzo di gravame risulta invece inammissibile in quanto la parte ricorrente si limita a denunciare genericamente la disparità di trattamento senza tuttavia indicare i colleghi che assume essere invece stati favoriti dall’Amministrazione.
Il ricorso deve essere pertanto respinto.
Le spese di giudizio seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Respinge il ricorso in epigrafe.
Condanna la ricorrente a rifondere all’Amministrazione le spese di giudizio liquidate nella misura di complessive Euro 1.000,00 (mille/00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- Tribunale Amministrativo Regionale di Roma, sezione I-ter, sentenza n. 9483 depositata il 17 luglio 2019 - Nella materia del riconoscimento della dipendenza da cause di servizio delle infermità o patologie sofferte dal pubblico dipendente, la…
- Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sezione I-bis, sentenza n. 9300 depositata il 15 luglio 2019 - Le Commissioni mediche ospedaliere e del Comitato per la verifica per le cause di servizio hanno discrezionalità tecnica negli accertamenti…
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 10954 depositata il 26 aprile 2023 - In tema di sicurezza sui luoghi di lavoro perché si possa avere una vittima del dovere che abbia contratto una infermità in qualunque tipo di servizio, non basta che ci sia la…
- Tribunale Amministrativo Regionale di Roma, sezione I-quater, sentenza n. 8369 depositata il 27 giugno 2019 - Gli accertamenti sulla dipendenza da causa di servizio delle infermità dei pubblici dipendenti da parte delle C.M.O. e del Comitato per la…
- Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, sezione IV, sentenza n. 3337 depositata il 17 giugno 2019 - Non può essere riconosciuta l’esistenza di una causa di servizio dell'infermità accusata laddove il nesso causale o concausale fra le…
- Tribunale Regionale Amministrativo del Lazio sezione I sentenza n. 8253 depositato il 24 giugno 2019 - Va riconosciuto la concessione dell’equo indennizzo per l’infermità “pregressa ferita palpebra superiore occhio sinistro con esiti cicatriziali”
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Le liberalità diverse dalle donazioni non sono sog
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sentenza n. 7442 depositata…
- Notifica nulla se il messo notificatore o l’
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5818 deposi…
- Le clausole vessatorie sono valide solo se vi è ap
La Corte di Cassazione, sezione II, con l’ordinanza n. 32731 depositata il…
- Il dipendente dimissionario non ha diritto all’ind
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 6782 depositata…
- L’indennità sostitutiva della mensa, non avendo na
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 7181 depositata…