COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE LECCE – Sentenza 24 giugno 2013, n. 536
Accertamento – Avviso di accertamento – Catasto – Rideterminazione del classamento ed attribuzione della nuova rendita catastale – Motivazione – Necessità
Fatto
G.P. ha impugnato l’avviso di accertamento con il quale l’Agenzia del Territorio, Ufficio Provinciale di Lecce, ha proceduto alla rideterminazione del classamento e alla conseguente attribuzione della nuova rendita catastale alle seguenti unità immobiliari site in Lecce, entrambe in via Vittorio (…) p.T e p. S1:
1. foglio 215, particella 1202, sub 11, microzona 2, categoria A/2, classe 2, consistenza 6,5 vani, rendita € 704,96;
2. foglio 215, particella 1202, sub 48 , microzona 2, categoria C/6, classe 4, consistenza mq. 22, rendita € 113,62.
Nello stato precedente alla revisione del classamento i predetti immobili risultavano tutti rispettivamente di una classe e di una rendita inferiore. A sostegno del ricorso il ricorrente ha formulato diversi motivi che si possono, in sintesi, così riassumere:
1) nullità del provvedimento impugnato per difetto di motivazione assoluto;
2) nullità del provvedimento impugnato per difetto di prova;
3) violazione delle nonne che regolano il classamento degli immobili in generale e, in particolare, di quelle riguardanti la revisione parziale (art. 61 del D.P.R. n. 1142/1949 e art. 1, comma 335, della legge n. 311/2004);
4) illegittimo aumento della rendita catastale;
5) calcoli errati.
Il ricorrente ha concluso chiedendo l’annullamento dell’avviso di accertamento impugnato con vittoria di spese.
L’Agenzia del Territorio, costituitasi, ha contestato punto per punto i singoli motivi posti a base dell’impugnazione, rivendicando la piena legittimità del proprio modus operandi; ha quindi concluso chiedendo il rigetto del ricorso. La vertenza è stata trattata in pubblica udienza in cui i rappresentanti delle parti hanno rinnovato le proprie argomentazioni.
Motivi della decisione
Per ragioni di priorità logica occorre procedere all’esame dei motivi innanzi riassunti ai punti 1) e 3).
Le relative doglianze possono essere esaminate congiuntamente, perché esse, sotto i vari profili di vizi di motivazione e di violazione di legge, sono tutte rivolte a censurare l’atto impugnato, sulla base delle seguenti asserzioni:
– che l’Agenzia del Territorio, Ufficio Provinciale di Lecce, avrebbe provveduto alla nuova determinazione di classamento e rendita catastale senza alcuna indicazione e motivazione degli elementi assunti a base del provvedimento adottato;
– che tutti gli immobili avrebbero subito l’imposizione indiscriminata di una classe superiore, rispetto a quella posseduta, senza alcuna valutazione delle oggettive differenze dei singoli immobili;
– che, pertanto, sarebbe stata effettuata una revisione automatica, sorretta da frasi generiche e standardizzate, prive di riferimenti specifici al singolo immobile oggetto di revisione.
Le doglianze sono fondate.
La motivazione costituisce l’elemento centrale e qualificante degli atti impositivi, attraverso cui l’A. F. rende palese il ragionamento in base al quale è stata indotta ad adottare il provvedimento e a dargli un determinato contenuto. E’ la motivazione che evidenzia le ragioni che legittimano la pretesa tributaria, nonché gli specifici elementi probatori su cui essa si basa.
Con l’art. 3 della legge 7/8/1990 n. 241 il requisito della motivazione è diventato elemento essenziale di tutti gli atti amministrativi a contenuto provvedimentale, ivi compresi gli atti impositivi disciplinati dalle norme tributarie.
Con l’art. 7 della successiva legge 27/7/2000 n. 212 (c.d. Statuto del Contribuente), sotto la rubrica “chiarezza e motivazione degli atti”, è stata ulteriormente introdotta nella materia dell’accertamento tributario una particolare disciplina del dovere di motivazione, che per certi versi conferma, e per altri rende ancora più rigorosa, la norma di cui all’art. 3 della legge 241/90, alla quale fa espresso rinvio.
Dello stesso tenore sono anche le disposizioni correttive delle leggi tributarie vigenti, contenute nel decreto legislativo 26/01/2001 n. 32.
In tutte le disposizioni richiamate è espressamente prevista l’obbligatorietà della motivazione dell’atto impositivo a pena di nullità dell’atto stesso.
L’obbligo di esporre i “presupposti di fatto” e le “ragioni giuridiche” che hanno determinato la decisione dell’amministrazione non può, dunque, risolversi nella mera elencazione di norme che si ritengano astrattamente applicabili, ma impone di procedere all’enunciazione degli elementi probatori specifici in seno alla motivazione degli atti dell’amministrazione finanziaria, in modo da consentire al contribuente anche il controllo sull’attività istruttoria e sulle modalità di formazione del convincimento dell’Ufficio.
Il vizio di motivazione sussiste non solo nei casi di radicale carenza, ma anche quando la motivazione si estrinsechi in argomentazioni non idonee a rivelare la ratio decidendi (motivazione apparente).
Giova ancora considerare che, nello specifico tema dell’estimo catastale, la Suprema Corte con la sentenza n. 9629 del 13/06/2012 ha richiamato il principio secondo cui “l’accertamento tributario non può limitarsi ad enunciare un dispositivo, ma deve anche indicare il punto di riferimento giuridico o fattuale che giustifica e sorregge il dispositivo stesso, onde, così, delimitare l’oggetto del possibile contenzioso, in cui all’Amministrazione è inibito addurre ragioni diverse rispetto a quelle enunciate. Così consentendo al contribuente di avere contezza delle ragioni dell’Amministrazione; di valutare l’opportunità di fare o meno acquiescenza al provvedimento, ed in ipotesi di approntare le proprie difese con piena cognizione di causa, nel quadro di una collaborazione tra Amministrazione e contribuente”.
Ciò posto, osserva il Collegio che nella fattispecie in esame l’Agenzia del Territorio, dopo aver elencato nella premessa dell’avviso di accertamento una serie di riferimenti normativi relativi all’attività di revisione e dopo aver richiamato genericamente gli interventi dell’Amministrazione comunale diretti alla riqualificazione della viabilità interna e dell’arredo urbano nel centro storico, ha poi sostenuto: “A fronte della trasformazione verificatasi nel tessuto urbano e socio-economico, le classificazioni catastali, in buona parte sono rimaste immutate. Per la microzona 1 si evidenzia la presenza significativa di unità immobiliari qualificate come popolari o addirittura ultra popolari in un ‘area che ha mutato i caratteri popolari o economici che aveva nell’anteguerra e per la microzona 2 si deve segnalare la grandissima espansione dell’abitato riqualificatosi e fortemente sviluppatosi nell’ultimo ventennio.
L’espansione progressiva dell’abitato e le edificazioni nelle zone marine e rurali i cui classamenti si sono nel tempo affiancati con i classamenti originari hanno determinato una disomogeneità tra le unità immobiliari classate in epoche differenti e nelle microzone comunale”.
Ha concluso affermando che è proprio: “…al fine di porre rimedio alle incongruità e/o disomogeneità dei classamenti esistenti nelle citate microzone che l’Ufficio è intervenuto sulle categorie e classi delle unità immobiliari – come quelle oggetto del presente accertamento – che necessitavano di modifica attraverso il raffronto con unità assunte a riferimento utilizzando il quadro tariffario vigente. La conclusione delle predette operazioni di revisione del classamento delle unità immobiliari ha portato alla rideterminazione dei classamenti e delle relative rendite delle unità immobiliari, nella misura indicata nel prospetto di seguito riportato. Detto prospetto, con riferimento all’identificazione catastale immobiliare, evidenzia i dati di classamento e la rendita catastale dopo l’intervento revisionale e, a seguire, quelli precedenti”.
Muovendo da tali affermazioni e da un espresso richiamo alla revisione parziale del classamento prevista dall’art. 1, comma 335, della Legge n. 311/2004, l’Ufficio è pervenuto al concreto risultato di una generale riclassificazione di tutti gli immobili, mediante l’attribuzione di una classe di merito superiore, indipendentemente dalla corrispondenza o meno alle unità tipo descritte nel quadro tariffario. E tutto ciò senza chiarire se ed in qual misura “gli interventi di riqualificazione della viabilità interna e di arredo urbano” avrebbero interessato l’immobile del ricorrente. Il comma 335 innanzi richiamato riguarda la revisione parziale dei classamenti delle unità immobiliari site in alcune parti del territorio, per le quali il rapporto tra il valore medio di mercato e il corrispondente valore medio catastale ai fini dell’applicazione dell’imposta comunale si discosta “significativamente dall’analogo rapporto relativo all’insieme delle microzone comunali”.
La norma non individua alcun parametro in base al quale possa essere oggettivamente acclarata la “significatività” dello scostamento. L’Agenzia del Territorio con provvedimento del 16 febbraio 2005 ha però stabilito: “// termine significativamente non può intendersi inferiore ad uno scostamento di più del 35 per cento tra i due rapporti. Ciascun Comune può assumere un valore percentuale più elevato di quello testé indicato per selezionare le anomalie, ma non una percentuale inferiore””. Il Comune di Lecce ha assunto la percentuale del 43%. Lo stesso comma 335 attribuisce ai Comuni la facoltà:
a) di individuare alcune porzioni del territorio comunale, le quali siano in effetti “anomale” rispetto alla media dei rapporti tra i valori catastali dei fabbricati e quelli reali ovvero di mercato;
b) di richiedere agli Uffici provinciali dell’Agenzia del Territorio la revisione parziale del classamento ove ricorrano i predetti presupposti.
Il Comune di Lecce ha formulato la richiesta di revisione il 14 settembre del 2010 e l’Agenzia del Territorio, con determina del proprio Direttore del successivo 29 novembre, ha attivato il processo di revisione del classamento.
Le conseguenti indagini tecniche sviluppate dall’Ufficio e l’acquisizione dei necessari elementi conoscitivi hanno riguardato un’articolazione del territorio comunale ripartito in 17 microzone, che vede concentrate nelle prime due (oggi investite dalla revisione del classamento) circa l’80% del totale delle u.i. a destinazione ordinaria e nelle rimanenti 15 solo il 20% circa. In pratica le microzone 1 e 2 abbracciano l’intero capoluogo, mentre le altre il rimanente territorio e le marine.
Orbene, dalla generica motivazione dell’atto impugnato non è dato conoscere le modalità di rilevazione dei valori medi, né gli atti di trasferimento monitorati e rilevati, né la metodologia e la bontà dei sistemi di rilevazione, né la specifica menzione dei rapporti e del relativo scostamento, con conseguente limitazione del diritto di difesa del contribuente interessato.
Il singolo contribuente si è, dunque, trovato nella impossibilità di verificare se sussistessero realmente le anomalie poste a base della revisione del classamento (quale imprescindibile presupposto dell’atto di riclassamento) e se e in qual misura le asserite anomalie avessero inciso sulla classe dei singoli immobili.
La mera indicazione della nuova classe non è sufficiente ad offrire elementi idonei a far comprendere il motivo dello specifico mutamento.
Con la carenza di motivazione dell’avviso di accertamento concorre inoltre, nella fattispecie in esame, anche una palese violazione dell’art. 61 del D.P.R. n. 1142/1949. Tale norma impone la necessità del confronto delle unità immobiliari da riclassare con “le unità tipo” ai fini del collocamento nelle categorie e classi prestabilite per zone censuarie. Sull’Ufficio grava l’assolvimento del suddetto onere probatorio.
L’Ufficio impositore, in disapplicazione della citata norma, ha invece proceduto alla revisione del classamento non attraverso il confronto con il quadro tariffario vigente e con le unità tipo che lo avevano generato, bensì attribuendo indiscriminatamente – a tutte le unità immobiliari comprese nelle microzone interessate – una classe di merito superiore rispetto a quella in precedenza attribuita.
Con tale metodo l’Agenzia ha ottenuto un incremento uniformemente distribuito di quasi il 20% della base imponibile riferita a circa l’80% delle unità a destinazione ordinaria del Comune di Lecce, ponendo in essere -come è stato correttamente posto in evidenza in numerosi ricorsi proposti a questa Commissione – una vera e propria revisione degli estimi catastali non autorizzata da alcuna disposizione di legge. Di fatto è stata totalmente cancellata la 1A classe di tutte le categorie A e C, mentre sono state escluse dall’aumento le unità contenute nelle classi apicali, ovvero quelle di maggior pregio.
Non può che essere censurato, pertanto, l’operato dell’Ufficio che, se pur animato dall’intenzione di eliminare una disomogeneità tra le varie zone, ha di fatto non solo posto nel nulla il diritto del contribuente ad una congrua motivazione, ma ha perfino contribuito ad elevare e non a ridurre la sperequazione esistente.
L’Ufficio ha tentato di rimediare alla carente motivazione dell’avviso di accertamento, offrendo più dettagliati elementi, in fatto ed in diritto, nelle sue controdeduzioni e nelle successive memorie illustrative. La Corte di Cassazione esclude, però, la possibilità che la carente motivazione di un avviso di accertamento possa essere integrata in sede processuale. Il processo tributario è diretto, infatti, ad accertare la legittimità, oltre che la fondatezza, della pretesa tributaria, sulla base dell’atto impugnato e alla stregua dei presupposti di fatto e di diritto in esso indicati, entro i limiti delle contestazioni mosse dal contribuente.
La motivazione concorre quindi a delimitare la materia del contendere nel successivo, eventuale giudizio. E questo spiega perché l’Amministrazione non possa in tale sede addurre ragioni di rettifica diverse da quelle indicate nell’atto impugnato (cfr., ex plurimis, Cass. 18/06/1998 n. 6065; Cass. 03/12/2001 n. 15234 e, da ultimo, Cass. 13/06/2012 n.9629).
In definitiva il difetto di motivazione e le violazioni di legge innanzi evidenziate costituiscono ragioni sufficienti per sorreggere la pronuncia di annullamento dell’atto impugnato.
Restano assorbiti gli altri motivi.
Le spese del giudizio si compensano, tenuto conto della novità e della complessità delle questioni giuridiche trattate.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato; dichiara interamente compensate tra le parti le spese del giudizio.
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