CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 09 maggio 2017, n. 11213
Imposte dirette – IRPEF – Accertamento – Dichiarazioni dei redditi – Professionisti – Studi di settore
Fatti di causa
M.V., titolare di una attività di lavaggio-tintoria, conveniva davanti il Tribunale di Bergamo la Unione Artigiani di Bergamo e Provincia e l’Unione Servizi s.r.l. esponendo di aver ad esse affidato l’incarico di curare la contabilità fiscale della propria attività e che le associazioni consulenti si erano rese inadempienti all’incarico professionale ricevuto.
Rappresentava infatti che, a seguito di invito a comparire dell’Agenzia delle Entrate, l’Unione, pur avendo ricevuto dalla cliente la relativa documentazione, mancava di comparire e si limitava a consigliare la cliente di proporre un, poi rivelatosi impossibile, condono fiscale. Conseguentemente la V. pagava all’Agenzia delle Entrate la somma di € 3.000.
Successivamente, in data 15 novembre 2003, alla V. veniva recapitato un avviso di accertamento dal quale apprendeva che il debito non era più condonabile e che avrebbe dovuto corrispondere l’importo di € 12.069,66, comprensivo di interessi e di sanzioni.
Sempre su consiglio dell’Unione chiedeva ed otteneva una rateizzazione, sicchè il debito subiva un ulteriore aggravio a titolo di interessi.
Sulla base di questi presupposti la V. chiedeva, pertanto, all’Unione Artigiani e all’Unione Servizi di essere risarcita del danno subito. Costituitosi il contraddittorio, il Tribunale di Bergamo, con sentenza del 26/2/2009, condannava le parti convenute in solido al risarcimento del danno, quantificato in € 9.852,41, oltre interessi e spese del grado.
La Corte d’Appello di Brescia, adita da Unione Artigiani e da Unione Servizi s.r.I., con sentenza del 4/2/2013, rigettava l’appello.
Riteneva infatti provato l’inadempimento delle associazioni all’incarico professionale ricevuto, il danno subito dalla V., pur in mancanza di una prova positiva che la presenza all’incontro con l’Agenzia delle Entrate avrebbe sortito effetti più favorevoli. Riteneva provato l’incarico professionale conferito dalla V. all’Unione Artigiani e la negligenza delle associazioni nel mancare all’incontro con l’Agenzia delle Entrate.
L’Unione Artigiani e l’Unione Servizi hanno proposto ricorso per cassazione con due motivi, illustrati da memoria. Resiste la V. con controricorso illustrato da memoria.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo le ricorrenti denunciano la violazione e/o falsa applicazione, in relazione all’art. 360, 3° co. c.p.c., degli artt. 115 e 116 c.p.c.
La Corte avrebbe errato nel ritenere provato l’inadempimento ed il danno conseguente: la V. avrebbe dovuto provare di aver fornito al consulente tutta la documentazione idonea, compresa la procura ad agire per suo conto, e non potrebbe addossare ai consulenti alcuna responsabilità per il fatto contestato, in particolare per la mancata congruità della documentazione fiscale prodotta rispetto agli studi settore.
Sarebbe evidente come la congruità o meno dei redditi denunciati ai fini fiscali non possa essere imputabile al professionista che materialmente redige la dichiarazione IRPEF, salvo prova contraria. Mancherebbe, inoltre, la necessaria procura scritta conferita dalla V. alle Associazioni per poter gestire il rapporto tributario con l’Agenzia delle Entrate.
Il motivo è inammissibile.
In tema di responsabilità professionale la valutazione relativa all’esistenza e all’entità della colpa del professionista è rimessa al giudice del merito e sindacabile in Cassazione solo sotto il profilo dell’esistenza di una motivazione completa ed adeguata (Cass. 3, 9/6/2004 n. 10966). La sentenza dà atto della prova dell’incarico professionale conferito dalla V. ai consulenti, dell’avvenuta trasmissione della documentazione, della negligente assenza all’incontro con l’Agenzia delle Entrate, della negligenza per non aver prospettato le conseguenze dell’incontro (Cass. 3, 15/2/2006 n. 3287), nonché della circostanza che il legale dell’Unione Artigiani fosse consapevole della responsabilità dei propri assistiti avendo manifestato, in un primo momento, la volontà delle Associazioni di rimborsare alla cliente sanzioni ed interessi. E’ del tutto soddisfatta, pertanto, la condizione richiesta dalla giurisprudenza di questa Corte secondo la quale la responsabilità del prestatore di opera intellettuale nei confronti del proprio cliente per negligente svolgimento dell’attività professionale presuppone la prova del danno e del nesso di causalità tra la condotta del professionista ed il pregiudizio del cliente (Cass., 3, 26/4/2010 n. 9917)
Con il secondo motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione ex art. 360, n. 3) c.p.c. degli artt. 1218 e 1176 cod. civ. e omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio ex art. 360, sub 5), c.p.c.
Le ricorrenti si dolgono che la sentenza impugnata non si sia fatta carico della prova che la comparizione di esse Associazioni presso l’Agenzia delle Entrate avrebbe raggiunto il risultato positivo del mancato accertamento tributario e che la loro prestazione, trattandosi di obbligazioni di mezzi e non di risultato, non avrebbe potuto estendersi ad evitare l’accertamento. Il motivo è infondato. Non era possibile attendersi dai consulenti che la V. evitasse qualunque sanzione ma era legittimo pretendere che i professionisti partecipassero all’incontro e negoziassero una sanzione inferiore, senza limitarsi a suggerire erroneamente un condono impossibile.
La sentenza d’appello, che ha confermato la responsabilità delle Associazioni, è conforme alla giurisprudenza di questa Corte secondo la quale “all’interno di un procedimento disciplinare a carico di un professionista, l’individuazione delle regole di deontologia professionale, la loro interpretazione e la loro applicazione nella valutazione degli addebiti attengono al merito del procedimento, e non sono sindacabili in sede di legittimità se adeguatamente motivate, in quanto si riferiscono a precetti extragiuridici, ovvero a regole interne alla categoria, e non ad atti normativi” (Cass., 3, 15/2/2006 n. 3287).
Peraltro, il Tribunale ha quantificato il danno in una misura inferiore alla somma dovuta dalla V., sicché ha ben avuto presente che l’obbligazione delle consulenti fosse una obbligazione di mezzi e non di risultato.
Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza. Sussistono le condizioni, ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. 115 del 2002, per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del co. 1 bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in € 3.200 (di cui €. 200 per esborsi), oltre accessori di legge e spese generali al 15%. Dà atto, ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del co. 1 bis dello stesso art. 13.
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