CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 settembre 2019, n. 22007
Lavoratori assunti dalle liste di mobilità – Benefici ex art. 8, comma 4, L. n. 223/1991 – Requisiti
Rilevato che
1. la Corte di appello di L’Aquila confermava la sentenza del Tribunale di Pescara che aveva respinto l’azione proposta da C.I. s.r.l. volta all’accertamento del proprio diritto a fruire dei benefici previsti dall’art. 8, comma 4, della l. n. 223 del 1991 in relazione a tutti i lavoratori assunti a tempo pieno ed indeterminato dalle liste di mobilità per un periodo di 36 mesi e della conseguente illegittimità della pretesa di rimborso, avanzata dall’Inps, dei benefici contributivi relativi ai lavoratori infracinquantenni.
2. La Corte territoriale condivideva l’interpretazione data alla richiamata disposizione dal primo giudice, secondo la quale il beneficio spetta per un periodo di 36 mesi per i lavoratori assunti dalle liste di mobilità nelle aree c.d. protette individuate nella legge, a condizione che abbiano superato i cinquanta anni di età.
3. Per la cassazione della sentenza C.I. S.r.l. ha proposto ricorso, affidato ad un unico motivo, cui ha resistito l’Inps con controricorso.
4. Il Pubblico Ministero ha depositato le Sue conclusioni scritte, nelle quali chiede che il ricorso sia respinto.
5. C.I. s.r.l. ha depositato anche memoria ex art. 380 – bis. 1 c.p.c.
Considerato che
6. la ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 12 delle preleggi. Sostiene che tanto la Corte di appello quanto il giudice di primo grado avrebbero interpretato l’art. 8, comma 4, della l. n. 223 del 1991 senza chiarire l’iter logico – giuridico seguito. Secondo la ricorrente, dall’analisi grammaticale e letterale del testo della disposizione sì trarrebbe la volontà del legislatore di identificare tre distinti ed autonomi periodi di fruizione massima del beneficio, relativamente a situazioni diverse: per tutti i lavoratori la durata massima sarebbe di 12 mesi, per i soli lavoratori ultracinquantenni di 24 mesi, e per i lavoratori impiegati presso aziende operanti in aree depresse di 36 mesi.
7. Il ricorso non è fondato.
L’art. 8 comma 4, della l. n. 223 del 1991 (operante ratione temporis, ma abrogato dall’art. 2, comma 71, lett. b), della l. n. 92 del 2012, a decorrere dal 1° gennaio 2017) prevede che: «Al datore di lavoro che, senza esservi tenuto ai sensi del comma 1, assuma a tempo pieno e indeterminato i lavoratori iscritti nella lista di mobilità è concesso, per ogni mensilità di retribuzione corrisposta al lavoratore, un contributo mensile pari al cinquanta per cento della indennità di mobilità che sarebbe stata corrisposta al lavoratore. Il predetto contributo non può essere erogato per un numero di mesi superiore a dodici e, per i lavoratori di età superiore a cinquanta anni, per un numero superiore a ventiquattro mesi, ovvero a trentasei mesi per le aree di cui all’articolo 7, comma 6. (omissis)».
8. La soluzione adottata dal giudice di merito risponde all’interpretazione letterale della disposizione, che introduce una prima distinzione nell’ambito dei lavoratori tra coloro che abbiano o no più di 50 anni di età, distinguendo poi tra questi ultimi a seconda che operino o meno nelle aree depresse. La soluzione è poi coerente con la disciplina dell’indennità di mobilità dettata dal precedente art. 7, che ne prevede l’erogazione sino a trentasei mesi per i soli lavoratori ultracinquantenni, così introducendosi un parallelismo tra la durata massima del contributo in questione e quella dell’indennità di mobilità, che tiene conto della maggiore difficoltà che tali lavoratori incontrano nella ricollocazione nel mercato del lavoro.
9. Segue coerente il rigetto del ricorso.
10. Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
11. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi € 4.500,00 per compensi professionali, oltre ad € 200,00 per esborsi, rimborso delle spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.lgs. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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