CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 settembre 2022, n. 26324
Lavoratrice iscritta Fondo volo – Contratto di part-time verticale ciclico – Periodi di inattività – Calcolo dell’anzianità contributiva – Inclusione
Ritenuto in fatto
La Corte d’appello di Firenze confermava la sentenza di primo grado che aveva riconosciuto il diritto di M.R., iscritta al Fondo di previdenza per il personale di volo dipendente dalle aziende di navigazione aerea (c.d. Fondo volo), istituito con I. n.859/65, alla contribuzione previdenziale anche per i periodi di tempo non lavorati, essendo la prestazione resa in regime di part-time verticale ciclico.
Riteneva la Corte che, l’art.7 I. n. 638/83 e poi l’art. 9 d. Igs. n. 61/00, andassero interpretati, così come aveva fatto questa Corte, in conformità al diritto europeo e, in particolare, alla sentenza della CGUE resa nelle cause riunite C-395/08 e C-396/08.
Secondo tale pronuncia, l’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale recepito dalla direttiva n.97/81/CE ostava ad una normativa nazionale, come quella italiana, che esclude i periodi non lavorati dal calcolo dell’anzianità contributiva necessaria per acquisire il diritto alla pensione.
Contro tale sentenza l’Inps ricorre per un solo motivo.
R. M. resiste con controricorso.
Considerato in diritto
Con l’unico motivo di ricorso l’Inps deduce violazione e falsa applicazione della decisione della Corte di Giustizia 10.6.2010, nonché dell’art.5, co.11 d. I. n.726/84, dell’art.9 d. Igs. n.61/00 e dell’art.17 I. n.859/65.
Sostiene l’Inps che la Corte d’appello non avrebbe compiuto l’accertamento richiesto dalla CGUE nella predetta pronuncia. La Corte aveva demandato al giudice nazionale l’accertamento della riconduzione della pensione erogata dal Fondo volo alla nozione di retribuzione cui ha riguardo l’art. 4 dell’Accordo Quadro sul lavoro a tempo parziale, in contrapposizione alla nozione di pensioni legali di previdenza sociale. Secondo l’Inps la prestazione pensionistica erogata dal Fondo volo è da ricondurre al sistema di sicurezza sociale, e quindi non ricadrebbe sotto l’art. 4 dell’Accordo quadro.
Il motivo appare infondato.
Sebbene la Corte d’appello abbia motivato in diritto richiamando la decisione della Corte di Giustizia 10.6.2010, ritiene questa Corte che la questione possa essere risolta indipendentemente dall’applicazione del diritto comunitario poiché, già in base al diritto interno, si può giungere alla conclusione che i periodi di inattività del lavoratore assunto con contratto di part-time verticale ciclico, debbano essere considerati ai fini del riconoscimento del diritto alla pensione.
Secondo il più recente orientamento di questa Corte (Cass.16677/17, Cass.16255/20, Cass.18826/21; v. anche Cass.20728/21), infatti, il richiamo alla giurisprudenza comunitaria operata dalla cassazione in precedenti pronunce (tra cui, v. Cass.23948/15, Cass.8565/16) vale non ad affermare la diretta applicazione della direttiva n.97/81/CE alla materia, bensì a ricavare dalla disciplina comunitaria la conferma del principio di parità di trattamento tra lavoratori a tempo pieno e a tempo parziale, che è già immanente nell’ordinamento interno ai fini previdenziali.
Ad argomentare tale immanenza valgono i seguenti rilievi, già considerati dal segnalato orientamento (v. in particolare Cass.16677/17, Cass.18826/21): il canone secondo cui per i lavoratori a tempo parziale di tipo verticale ciclico, non si possono escludere i periodi non lavorati dal calcolo dell’anzianità contributiva necessaria per acquisire il diritto alla pensione, costituisce una logica conseguenza del principio per cui, nel contratto a tempo parziale verticale, il rapporto di lavoro perdura anche nei periodi di sosta (v. Corte cost. n.121/06); e infatti per i periodi di inattività non spettano ai lavoratori né l’indennità di disoccupazione (Cass., s.u., 1732/03), né l’indennità di malattia (Cass.12087/03), essendo questa correlata ad una perdita di retribuzione che, nel periodo di inattività, non è dovuta per definizione. Si è poi aggiunto che se l’ammontare dei contributi determinato ai sensi dell’art.7 d.l. n.463/83 non fosse da riproporzionare sull’intero anno cui i contributi si riferiscono, il lavoratore impiegato in regime di part-time verticale fruirebbe di un trattamento deteriore rispetto al suo omologo a tempo pieno, dal momento che i periodi di interruzione della prestazione lavorativa, che pure non gli danno diritto ad alcuna prestazione previdenziale, non gli gioverebbero nemmeno ai fini dell’anzianità contributiva, generandosi una disparità di trattamento di dubbia legittimità costituzionale ex art.3, co.1 Cost. Il ricorso va dunque respinto poiché, se anche si ritenga, come afferma parte ricorrente, che la prestazione pensionistica erogata dal Fondo volo sia da ricondurre al sistema di sicurezza sociale, il sistema interno di previdenza sociale, in base a quanto sopra detto, prevede che i periodi di inattività del lavoratore assunto con contratto di part-time verticale ciclico, debbano essere considerati ai fini del riconoscimento del diritto alla pensione.
Alla soccombenza dell’Inps segue la condanna alle spese del grado nei confronti della controricorrente.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso;
Condanna parte ricorrente a rifondere le spese di lite alla controricorrente, liquidate in €3009 per compensi, €200 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge;
Dà atto che, atteso il rigetto, sussiste il presupposto processuale di applicabilità dell’art.13, co.1 quater, d.P.R. n.115/02, con conseguente obbligo in capo a parte ricorrente di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.
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