CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 19 febbraio 2019, n. 4819
Rapporto di lavoro subordinato – CCNL tessile artigiano – Insufficienza della retribuzione corrisposta – Mancata prova
Rilevato che
1. con sentenza del 21.5.2014, la Corte d’appello di Salerno, quale giudice di rinvio (a seguito della sentenza di questa Corte n. 9618.2011), ha condannato F.C. al pagamento a favore di L.P. di euro 12.928,55 a titolo di differenze retributive e T.F.R., calcolate ai sensi degli artt. 36 Cost. e 2099 cod.civ., per il rapporto di lavoro subordinato intercorso tra le parti dall’8.2.1999 al 31.12.2000;
2. la Corte territoriale, conformatasi al principio di diritto espresso da questa Corte in base al quale era precluso al giudice di merito l’esercizio dei poteri d’ufficio per l’acquisizione del CCNL e ritenuti definitivamente accertati nella precedente fase di merito i presupposti di fatto del rapporto di lavoro (avendo acquisito autorità di cosa giudicata), ha riformulato i compensi richiesti dalla lavoratrice sulla base dei minimi retributivi previsti dal CCNL del settore tessile artigiano;
3. per la cassazione della sentenza propone ricorso il C. con cinque motivi;
resiste con controricorso la lavoratrice;
Considerato che
4. col primo ed il secondo motivo il ricorrente denunzia violazione degli artt. 345 e 346 cod.proc.civ. e degli artt. 394 e 437 cod.proc.civ. (ex art. 360, primo comma, n. 3 cod.proc.civ.) avendo, la lavoratrice vittoriosa in primo grado, trascurato di richiamare esplicitamente la domanda subordinata di pagamento di una minor somma determinata ex art. 36 Cost. ed avendo, la Corte territoriale, deliberato – in qualità di giudice di rinvio – su domanda che non era oggetto del ricorso per cassazione;
5. col terzo motivo il ricorrente denunzia violazione degli artt. 384 e 143 disp.att. cod.proc.civ. (ex art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod.proc.civ.) avendo, la Corte territoriale ampliato il quadro istruttorio già acquisito nella misura in cui ha valutato l’applicabilità del CCNL invocato dalla ricorrente e trascurato la dedotta inesistenza del suddetto CCNL;
6. col quarto motivo il ricorrente denunzia violazione degli artt. 2697 cod.civ. e 36 Cost. (ex art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod.proc.civ.) non avendo, la lavoratrice, mai provato di percepire una retribuzione insufficiente, ossia non adeguata al parametro costituzionale;
7. col quinto motivo il ricorrente denunzia violazione dell’art. 2909 cod.civ. nonché vizio di motivazione (ex art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod.proc.civ.) avendo, la Corte territoriale, ritenuto formato il giudicato su circostanze (durata del rapporto, orario di lavoro, mansioni svolte) sempre contestate dal datore di lavoro (sia con ricorso in appello, sia con ricorso per cassazione, sia con comparsa di costituzione nel giudizio di rinvio);
8. preliminarmente, le censure sono prospettate con modalità non conformi al principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione, secondo cui parte ricorrente avrebbe dovuto, quantomeno, trascrivere nel ricorso il contenuto della memoria di appello della P. (in relazione al quale, si assume che non sia stata richiamata né esplicitamente né implicitamente la domanda subordinata di pagamento della retribuzione c.d. equa ex art. 36 Cost.), nonché della memoria di costituzione di primo grado, della sentenza di primo grado che ha determinato il credito retributivo in base a tutti i parametri del CCNL di settore e dell’atto di appello (in relazione alla deduzione di “inesistenza” del CCNL, e non di mera inapplicabilità, e di contestazione dei presupposti di fatto del rapporto di lavoro contenuti nel ricorso introduttivo del giudizio), potendosi solo così ritenere assolto l’onere, previsto a presidio del suddetto principio dall’art. 366 cod.proc.civ., comma 1, n. 6, e dall’art. 369 cod.proc.civ., comma 2, n. 4 (Cass. 12 febbraio 2014, n. 3224; Cass. SU 11 aprile 2012, n. 5698; Cass. SU 3 novembre 2011, n. 22726);
9. il primo, il terzo ed il quinto motivo sono, dunque, inammissibile per carenza del necessario livello di specificità (da raggiungersi mediante una compiutezza espositiva dei fatti rilevanti, carenti nel caso di specie) in quanto non trascrivono (quantomeno per estratto) i passi salienti della memoria di appello della P., della memoria di costituzione di primo grado del C., della sentenza di primo grado e dell’atto di appello e non consentono, di conseguenza, di verificare la ritualità delle censure e la decisività delle questione prospettate;
10. i residuali profili delle censure sono infondati a fronte del consolidato orientamento di questa Corte – con riguardo alla censura della mancata proposizione, in sede di cassazione, della domanda di pagamento ex art. 36 Cost., di cui al secondo motivo – secondo cui, in tema di giudizio di cassazione, è inammissibile per carenza di interesse il ricorso incidentale condizionato allorchè proponga censure che non sono dirette contro una statuizione della sentenza di merito, ma sono relative a questioni sulle quali il giudice di appello non si è pronunciato, ritenendole assorbite, atteso che in relazione a tali questioni manca la soccombenza che costituisce il presupposto dell’impugnazione.; pertanto, esse possono solo essere riproposte nel giudizio di rinvio in caso di accoglimento del ricorso principale (Cass. 10922 del 2011, 16016 del 2010, 10285 del 2009, 22501 del 2006);
11. infondata è altresì la censura (di cui al quarto motivo) relativa alla mancata prova della corresponsione di una retribuzione insufficiente avendo questa Corte già affermato che il lavoratore che deduce l’insufficienza della retribuzione corrispostagli dal datore di lavoro deve provarne solo l’entità, e non anche l’insufficienza, spettando al giudice di valutarne la conformità ai criteri indicati dall’art. 36 Cost. (Cass. n. 8097 del 2002, e da ultimo Cass. n. 24002 del 2012);
12. in conclusione, il ricorso va rigettato e le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 cod.proc.civ.;
13. sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013);
P.Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, delle spese del presente giudizio di legittimità liquidate in euro 200,00 per esborsi e in euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
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