CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 30 gennaio 2020, n. 2152
Tributi – Agevolazioni – Società sportive dilettantistiche – Regime forfetario – Requisito formale di affiliazione al CONI – Mancata convocazione e partecipazione degli associati all’assemblea – Presunzione di attività “commerciale” – Esclusione regime agevolato
Fatti di causa
1. La contribuente era attinta da avviso di accertamento con recupero a tassazione di agevolazioni non dovute.
Per l’anno di imposta 2006 la contribuente aveva esposto in dichiarazione di aver applicato la disciplina agevolativa per le società sportive dilettantistiche con regime forfettario senza tassazione dei ricavi derivanti dall’attività istituzionale e un coefficiente di redditività del 3% sui ricavi derivanti da attività commerciali.
I militari accertavano invece che la contribuente non fosse iscritta al CONI, avesse tenuto in modo irregolare la scritturazione propria dei sodalizi sportivi, dimostrandone il carattere fittizio e strumentale al mero risparmio fiscale e che l’attività svolta fosse da ritenersi invece di natura commerciale piena, assimilabile ad un centro benessere.
2. Nel corso del primo grado, la contribuente produceva affiliazione a UISP che equivale a riconoscimento definitivo fino al 31 dicembre 2010 per espressa delibera CONI, parimenti prodotta in giudizio. Su questo argomento la CTP accoglieva il ricorso e tale sentenza era confermata in secondo grado nella contumacia della contribuente, sia motivando sulla predetta iscrizione, sia entrando nel merito degli adempimenti statutari, rilevando che il disordine scritturale potesse dar sorte a responsabilità societaria, restando privo di rilevanza fiscale.
Ricorre per cassazione l’Ufficio affidandosi ad unico motivo, mentre rimane intimata la contribuente.
Ragioni della decisione
1. Con l’unico motivo il patrono erariale ricorre ex art. 360 n. 3 c.p.c. per violazione art. 148, comma ottavo, lett. c) d.P.R. n. 917/1986 e dell’art. 90, comma diciottesimo l. n. 289/2002, nella sostanza lamentandosi che il giudice del gravame abbia ritenuto privo di rilevanza fiscale (ma fonte di mera responsabilità associativa) il mancato rispetto delle prescrizioni in ordine alla tenuta dei libri associativi ed il rilievo della prevalenza dell’attività economico – commerciale rispetto allo scopo associativo di promozione sportiva. In altri termini, la sentenza gravata non ha tenuto conto dei requisiti sostanziali richiesti dalla norma che ancora il beneficio fiscale ad un’effettiva attività associativa promozionale dei valori sportivi, troppo facile essendo l’elusione sulla mera affiliazione, per altro generalizzata, ad un sodalizio di respiro nazionale, poi appartenente alla galassia CONI. La concessione dei benefici fiscali può essere accordata quando emerga sia il profilo formale dell’affiliazione (che indica già un implicito riconoscimento ed esame a fini sportivi), ma anche il profilo sostanziale dell’aderenza dell’attività effettivamente svolta alla promozione sportiva dichiarata. Tale accertamento è mancato e la norma applicata sul solo presupposto formale.
Ed infatti questa Corte ha ritenuto che le agevolazioni tributarie previste in favore degli enti di tipo associativo non commerciale, come le associazioni sportive dilettantistiche senza scopo di lucro, dall’art. 111 (ora 148) del d.P.R. n. 917 del 1986 si applicano solo a condizione che le associazioni interessate si conformino alle clausole riguardanti la vita associativa, da inserire nell’atto costitutivo o nello statuto. In applicazione del principio è stata annullata la decisione che, senza motivare circa l’assenza di attività assembleare ed in particolare in ordine alla mancata convocazione e partecipazione degli associati all’assemblea, aveva riconosciuto detta esenzione ad una associazione sportiva dilettantistica individuando i fruitori delle relative attrezzature come soci e non come clienti (Cass., V, n. 32119/2018).
Il motivo è fondato, la sentenza va cassata ed il giudizio rinviato al giudice di merito perché si adegui al superiore principio sancito.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR per il Lazio in diversa composizione, cui demanda anche la regolazione delle spese del presente grado di legittimità.
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