CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza n. 36866 depositata il 15 dicembre 2022

Infortunio sul lavoro – Risarcimento del danno differenziale – Assegnazione di mansioni di livello inferiore e con minore trattamento economico – D.P.R. n. 1124/1965 – Infortuni verificatesi prima del 25 luglio 2000 – Il danno biologico  risarcibile dall’INAIL è solo quello relativo all’inabilità permanente

Rilevato che

1. La Corte d’Appello di Bari ha respinto l’appello di A.M., confermando la sentenza di primo grado che aveva rigettato la domanda dal medesimo proposta nei confronti della società datoriale F.S.E. e S.A. srl, di risarcimento dei danni conseguenti all’infortunio sul lavoro occorso il 19.1.2000.

2. La Corte territoriale, rinnovata la c.t.u. medico legale e in adesione all’esito della stessa (che aveva quantificato nella misura del 2% il danno biologico e determinato in 40 giorni l’inabilità temporanea assoluta e in 30 giorni l’inabilità temporanea parziale del 50%), ha negato il diritto al risarcimento del danno differenziale ritenendo sia il danno biologico e sia il danno da inabilità temporanea soddisfatto da quanto corrisposto dall’Inail (che aveva riconosciuto postumi permanenti pari al 6% ed una inabilità temporanea per complessivi 232 giorni, di cui 64 per inabilità temporanea assoluta e 168 per inabilità temporanea relativa). Ha respinto la domanda di risarcimento del danno patrimoniale, proposta dal lavoratore sul presupposto dell’assegnazione, al rientro dopo l’infortunio, di mansioni di livello inferiore e con minore trattamento economico, rilevando che dalla documentazione in atti e dalle conclusioni del c.t.u., emergeva come l’assegnazione a mansioni diverse non fosse stata motivata dai postumi dell’infortunio bensì da una accertata inidoneità alle precedenti mansioni (di conducente di linea) ascrivibile ad altre patologie. Ha inoltre dato atto di come risultasse per tabulas che la retribuzione corrisposta dopo il mutamento di mansioni fosse stata integrata dalla società con un assegno personale assorbibile.

3. Avverso tale sentenza A.M. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi. F.S.E. e S.A. srl e la H.A. spa, chiamata in causa dalla datrice di lavoro fin dal primo grado, hanno resistito con controricorso.

F.S.E. e S.A. srl ha depositato atto di costituzione di nuovo difensore, a seguito del decesso del precedente difensore. A.M. ha depositato memoria, ai sensi dell’art. 380 bis.1. c.p.c.

Considerato che

4. Con il primo motivo del ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c. e dell’art 10 del d.P.R. 1124 del 1965.

5. Si osserva che l’infortunio per cui è causa, risalente al 19 gennaio 2000, è soggetto ratione temporis alla disciplina di cui al D.P.R. 1124 del 1965 e che la rendita Inail e l’indennizzo corrisposti dall’Istituto in base a tale disciplina non coprono il danno biologico ma unicamente la perdita di capacità lavorativa.

6. Con il secondo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., nullità della sentenza o del procedimento, violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., per il mancato riconoscimento del danno patrimoniale da demansionamento.

7. Si censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che l’assegnazione del dipendente, al rientro dopo l’infortunio, a mansioni di livello inferiore e meno remunerative non fosse sufficiente a integrare la prova presuntiva ai sensi dell’art. 2727 c.c., cioè a dimostrare la riconducibilità del demansionamento alle condizioni di salute del lavoratore conseguenti all’incidente verificatosi per responsabilità datoriale.

8. Con il terzo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 2113 e 2103 c.c., ciò per avere la Corte di merito confuso tra il risarcimento del danno patrimoniale da demansionamento e l’assegno personale assorbibile.

9. Si sostiene che non vi sia alcun elemento da cui possa desumersi che l’assegno personale assorbibile fosse corrisposto a titolo di risarcimento per il demansionamento subito dal lavoratore.

10. Il primo motivo di ricorso è fondato.

11. In base al disposto dell’art. 1, comma 2, d.lgs. 202 del 2001, l’art. 13 del d.lgs. n. 38 del 2000 trova applicazione “ai danni conseguenti ad infortuni sul lavoro verificatisi, nonché a malattie professionali denunciate, a decorrere dal 25 luglio 2000”. Da ciò consegue l’applicabilità agli infortuni verificatisi in data anteriore al 25.7.2000 della disciplina dettata dal D.P.R. n. 1125 del 1964.

12. Come statuito da questa S.C., “In tema di infortuni sul lavoro, il datore di lavoro risponde dei danni occorsi al lavoratore infortunato nei limiti del cd. danno differenziale che non comprende le componenti del danno biologico coperte dall’assicurazione obbligatoria, sicché, per le fattispecie anteriori all’ambito temporale di applicazione dell’art. 13 del d.lgs. n. 38 del 2000, il datore risponde dell’intero danno non patrimoniale, non potendo essere decurtati gli importi percepiti a titolo di rendita INAIL, corrispondenti, nel regime allora vigente, solo al danno patrimoniale legato al pregiudizio alla capacità lavorativa generica” (Cass. n. 4025 del 2016).

13. Occorre peraltro ricordare che “In tema di responsabilità del datore di lavoro per il danno da inadempimento, l’indennizzo erogato dall’INAIL ai sensi dell’art. 13 del d.lgs. n. 38 del 2000 non copre il danno biologico da inabilità temporanea, atteso che sulla base di tale norma, in combinato disposto con l’art. 66, comma 1, n. 2, del d.P.R. n. 1124 del 1965, il danno biologico risarcibile è solo quello relativo all’inabilità permanente” (Cass. n. 4972 del 2018; nello stesso senso v. Cass. 9112 del 2019).

14. La Corte di merito non si è attenuta ai principi di diritto enunciati, avendo considerato la fattispecie oggetto di causa disciplinata da un testo normativo ratione temporis non applicabile, e ciò comporta l’accoglimento del primo motivo di ricorso.

15. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile in quanto, benché formulato sub specie di violazione delle disposizioni in tema di prova presuntiva, censura nella sostanza l’accertamento in fatto compiuto dalla Corte d’appello, in base agli elementi di prova raccolti e all’esito della c.t.u., e che ha portato la stessa a ritenere che il mutamento di mansioni non fosse causalmente collegato alle conseguenze dell’infortunio ma trovasse le sue ragioni in una inidoneità “ascrivibile ad altre patologie”. All’accertamento fattuale su cui si fonda la decisione d’appello, il ricorrente oppone una presunzione generica, facente leva sul dato temporale del demansionamento in coincidenza col rientro a lavoro dopo l’infortunio.

16. Simile censura non investe la correttezza del ragionamento presuntivo né le specifiche caratteristiche di gravità, precisione e concordanza, nei cui ristretti limiti è consentito il sindacato di legittimità (v. Cass. n. 6387 del 2018 e precedenti ivi citati), ma si risolve nella critica alla valutazione dei singoli indizi come operata dalla Corte di merito che non può trovare ingresso in questa sede di legittimità.

17. Il terzo motivo di ricorso è assorbito in conseguenza della inammissibilità del secondo motivo.

18. Per le ragioni esposte, accolto il primo motivo di ricorso, dichiarato inammissibile il secondo e assorbito il terzo motivo, deve cassarsi la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla medesima Corte d’appello, in diversa composizione, che provvederà anche a regolare le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il secondo motivo e assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Bari, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.