CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, Ordinanza n. 23275 depositata il 28 agosto 2024
Lavoro – Figura del collaboratore fisso – Compensi percepiti quale collaboratrice formalmente autonoma – Prestazione continuativa – Responsabilità del servizio – Vincolo di dipendenza – Richiesta di condanna alle differenze retributive – Accoglimento parziale
Rilevato che
1. la Corte di appello di Trieste, in parziale riforma della sentenza di primo grado che aveva integralmente respinto il ricorso di E.V., ha accertato la esistenza tra quest’ultima e il G. s.p.a., a partire dal gennaio 2007, di un rapporto di lavoro dipendente, riconducibile alla figura del collaboratore fisso ex art. 2 c.n.l.g. respingendo ogni altra domanda;
2. per la cassazione della decisione ha proposto ricorso E.V. sulla base di due motivi; la parte intimata ha resistito con controricorso;
3. con autonomo atto Il G. s.p.a. ha impugnato la decisione sulla base di un unico motivo; E.V. ha depositato controricorso;
4. entrambe le parti hanno depositato memoria;
Considerato che
1. preliminarmente il Collegio dà atto che i distinti ricorsi di E.V. e de Il G. s.p.a., risultano iscritti con lo stesso numero di Registro generale e che il ricorso della società, in quanto successivo assume carattere di ricorso incidentale;
Motivi di ricorso principale
2. con il primo motivo di ricorso E.V. deduce ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c. violazione degli artt. 2, 36 c.c.n.l.g., anche in combinato disposto ed in relazione all’art. 36 Cost., con riferimento ai criteri interpretativi di cui agli artt. 1362, 1363, 1367 c.c. nonché erronea sussunzione della fattispecie concreta nella normativa astratta applicata; censura la sentenza impugnata per avere escluso, in violazione del principio costituzionale di sufficienza e proporzionalità della retribuzione, la sussistenza di differenze retributive in favore della lavoratrice rispetto ai compensi da questa percepiti quale collaboratrice formalmente autonoma, in relazione all’attività ricondotta dal giudice di seconde cure all’ambito dell’attività del collaboratore fisso ex art. 2 c.c.n.l.g.;
3. con il secondo motivo di ricorso deduce, ex art. 360, comma 1 n. 4 c.p.c., nullità della sentenza e del procedimento per violazione de principio di corrispondenza tra chiesto e pronunziato nonché in relazione agli artt. 132 comma 1 n. 4 c.p.c. e agli artt. 188 disp att. c.p.c. e all’art. 111 Cost.; censura, in sintesi, la sentenza impugnata per non avere pronunziato sulla domanda di determinazione ex art. 2099 c.c. della retribuzione, domanda che costituiva presupposto della richiesta di condanna alle differenze retributive; censura, inoltre, sotto il profilo dell’assenza di motivazione, l’affermazione della Corte di merito secondo la quale solo in seconde cure la V. aveva precisato la necessità di tener conto del rilevantissimo numero di articoli e della necessità di commisurare la retribuzione anche in base all’art. 36 Cost., affermazione che assume in contrasto con gli atti di causa;
Motivi di ricorso incidentale
4. Con l’unico motivo di ricorso incidentale Il G. s.p.a. deduce, ex art. 360, comma 1 n . 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 2086, 2094, 2095, 2104 c.c. e dell’art. 2 c.c.n.l.g. ( reso efficace erga omnes dal d.P.R. n. 153/1961), censurando la sentenza impugnata per avere ricondotto la attività prestata dalla V. all’ambito della collaborazione fissa ex art. 2 c.n.l.g., in difetto dell’accertamento dei relativi presupposti quale in particolare la “responsabilità del servizio” e per avere valorizzato profili fattuali incongrui quali la continuità della collaborazione;
5. il carattere assorbente collegato all’eventuale accoglimento dello stesso impone di esaminare con priorità il motivo di ricorso incidentale;
5.1. esso è infondato per avere la sentenza impugnata ancorato l’accertamento del rapporto di lavoro subordinato riconducibile alla figura del “collaboratore fisso” ex art. 2 c.n.l.g. a parametri giuridicamente corretti, coerenti con le indicazioni della S.C.;
5.2. invero, la Corte di appello, valorizzata la peculiarità dell’atteggiarsi dell’elemento della subordinazione in tema di rapporto di lavoro giornalistico, al fine della verifica in concreto della configurabilità di una collaborazione fissa ex art. 2 c.n.l.g., ha fatto riferimento ad una serie di indici comunemente ritenuti significativi della esistenza di tale tipologia di rapporto;
tali l’inserimento continuativo ed organico delle prestazioni del collaboratore nell’organizzazione dell’impresa, la disponibilità a seguire istruzioni e a modificare gli elaborati sulla base delle indicazioni del responsabile del servizio in funzioni esigenze redazionali, la continuità nella trattazione di uno specifico settore ecc. ( v. Cass. 10685/2017);
in particolare, la Corte di merito ha fatto riferimento alla circostanza che, a partire dall’anno 2007, la collaborazione aveva assunto carattere “ continuativo” nel senso che la V. si rendeva disponibile a qualsiasi ora e la redazione faceva regolare affidamento sull’apporto della medesima; ha inoltre richiamato il notevolissimo numero di articoli prodotti dalla V. e precisato, quanto alla necessaria responsabilità di uno specifico settore dell’informazione, che essa non doveva intendersi quale affidamento in esclusiva al collaboratore di quel settore ma nel senso di assegnazione di un area predeterminata dell’informazione che il collaboratore avrebbe dovuto coprire; ha ritenuto alla stregua della prova orale che sussisteva tale affidamento in relazione alla cronaca nera ed alla cronaca giudiziaria, nonché quanto ai giorni di sabato e di domenica ad altri settori, in particolare quello dello sport;
5.3. tanto premesso, è innanzitutto destituito di fondamento l’assunto del ricorrente incidentale circa la esclusiva valorizzazione del solo elemento della continuità di prestazione, in quanto la sentenza impugnata ha esteso la propria indagine ad altri aspetti qualificanti dell’attività del collaboratore fisso, aspetti coerenti con i parametri a tal fine individuati dalla giurisprudenza di legittimità (v. Cass. 29182/2018, 6727/2001, 833/2001);
in particolare, quanto all’elemento della “responsabilità del servizio” la decisione è conforme alla elaborazione di questa Corte secondo la quale il collaboratore fisso colui che mette a disposizione le proprie energie lavorative per fornire con continuità ai lettori della testata un flusso di notizie in una specifica e predeterminata area dell’informazione, attraverso la redazione sistematica di articoli o con la tenuta di rubriche, con conseguente affidamento dell’impresa giornalistica, che si assicura così la copertura di detta area informativa, contando per il perseguimento degli obiettivi editoriali sulla disponibilità del lavoratore anche nell’intervallo tra una prestazione e l’altra.
Pertanto il collaboratore fisso assicura un contributo professionale ed una continuità di rapporto che lo rendono organizzabile in modo strutturale dalla Direzione, in relazione ai requisiti contrattualmente previsti della “prestazione continuativa”, della “responsabilità di un servizio” e del “vincolo di dipendenza” (Cass. 11065/2014, Cass. 4797/2004);
6. il ricorso principale è fondato nei termini di cui in prosieguo;
6.1. premesso che il motivo è articolato in conformità del criterio di autosufficienza in relazione al riferimento alla domanda di determinazione della retribuzione ex art. 36 Cost., domanda che dall’esposizione della vicenda processuale contenuta nel ricorso per cassazione risulta tempestivamente e ritualmente proposta e premesso che su tale domanda, a differenza di quanto si assume con il secondo motivo di ricorso principale, la Corte di merito ha comunque pronunziato nel merito escludendo il diritto differenze retributive, le ragioni del rigetto della domanda sul punto non sono conformi a diritto;
6.2. la sentenza impugnata ha ritenuto che nulla fosse dovuto alla V. a titolo di differenze retributive in conseguenza dell’accertamento della natura subordinata del rapporto, avuto riguardo ai compensi percepiti per l’attività prestata nel periodo nel quale il rapporto di collaborazione fissa non era configurato formalmente come di natura subordinata;
ha mostrato di fondare il rigetto della domanda sul punto non sulla concreta verifica della sufficienza e proporzionalità dei compensi già corrisposti per la remunerazione di tale attività , ma sul principio, tratto da precedente, di legittimità (Cass. 30300/2018) secondo il quale, in sintesi, il parametro di commisurazione della retribuzione proporzionata e sufficiente era rappresentato dal trattamento minimo dipendente dalla corretta qualificazione del rapporto, stabilito dalla contrattazione collettiva nazionale di categoria;
orbene, in disparte il tema, obiettivamente estraneo alla materia del contendere, relativo alla possibilità di discostarsi da tale parametro (per il quale v. Cass. 27711/2023) e la non pertinenza alla concreta fattispecie del precedente richiamato ( non afferente ad un rapporto giornalistico), il Collegio ritiene di dare continuità alla giurisprudenza di questa Corte la quale ha ripetutamente affermato che in materia di lavoro giornalistico, il collaboratore fisso, da identificarsi nel giornalista che, pur non assicurando una attività giornaliera, fornisca con continuità ai lettori un flusso di notizie attraverso la redazione sistematica di articoli o la tenuta di rubriche, ha diritto, ai sensi dell’art. 2, comma 4, del c.c.n.l. lavoro giornalistico (applicabile “ratione temporis”), ad una retribuzione collegata al numero di collaborazioni fornite, ossia al numero di articoli redatti o rubriche tenute, nonché all’impegno di frequenza e alla natura e all’importanza delle materie trattate, ferma restando la soglia minima di quattro od otto collaborazioni al mese ( Cass. 26676/2018, Cass. 290/2014).
Pertanto, il riferimento al contratto collettivo, che si limita a stabilire per il collaboratore fisso solo la soglia minima del numero di articoli, non poteva precludere, come, viceversa, ha mostrato di ritenere il giudice di appello, la indagine in ordine all’effettività ed intensità dell’impegno effettivamente profuso dal collaboratore al fine della verifica della determinazione della retribuzione sufficiente e proporzionata, tenuto conto comunque dei compensi già corrisposti;
6.3. l’accoglimento del primo motivo di ricorso principale, respinto il secondo motivo e il ricorso incidentale, comporta la cassazione con rinvio della sentenza di appello;
7. alla Corte di rinvio è demandato il regolamento delle spese di lite del giudizio di legittimità;
8. al rigetto del ricorso incidentale consegue la condanna del soccombente al pagamento, nella sussistenza dei presupposti processuali, dell’ulteriore importo del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma quater d.p.r. n. 115/2002;
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso principale e rigetta il secondo; rigetta il ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche ai fini del regolamento delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Trieste in diversa composizione.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.