CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 8686 del 3 maggio 2016
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – CCNL SCUOLA – DIPENDENTE MINISTERIALE – INDENNITA’ DI VACANZA CONTRATTUALE – RINNOVO CONTRATTUALE – SPETTANZA
Svolgimento del processo e motivi della decisione
1. La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c., a seguito di relazione a norma dell’art. 380-bis c.p.c., condivisa dal Collegio.
2. La Corte d’appello di Napoli, riformando la sentenza di primo grado, ha riconosciuto il diritto dell’attuale intimata, dipendente del Ministero dell’Istruzione, a percepire l’indennità di vacanza contrattuale per il biennio 1/4/2002-23/7/2003 stante il tardivo rinnovo dei contratti collettivi.
3. La Corte ha rilevato che la circostanza che detta indennità dovesse essere corrisposta in via temporanea, cioè fino alla stipula del contratto collettivo, ed in via di anticipazione provvisoria, per cui si doveva tenere conto dell’intervenuto pagamento con la stipula del nuovo contratto collettivo, non esimeva il Ministero dall’obbligo di doverla corrispondere.
4. Avverso la sentenza ricorre il Ministero formulando due motivi.
5. La resistente e rimasta intimata.
6. Con il primo motivo il Ministero denuncia violazione dell’art. 1, comma 5 CCNL Scuola quadriennio 2002/2005 in relazione D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 47 e 48. Rileva che l’art. 1, comma 5, CCNL 2002/2005 prevede che dopo un periodo di vacanza contrattuale pari a tre mesi dalla scadenza della parte economica ai dipendenti avrebbe dovuto essere corrisposta la relativa indennità con le modalità di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 47 e 48. Il rinvio a dette norme, le quali dettano la disciplina per ogni onere derivante dalla contrattazione collettiva, comportava che la corresponsione non poteva derivare dal mero ritardo di tre mesi e che era necessaria l’osservanza della procedura generale prevista per tutti gli oneri derivanti dai CCNL. Censura, pertanto, la decisione della Corte che non ha valutato il richiamo operato agli artt. 47 e 48.
7. Con il secondo motivo viene denunciata violazione dell’accordo sul costo del lavoro del 23/7/93, punto 2.5. Deduce che tale norma stabiliva che l’indennità di vacanza contrattuale cessava di essere erogata dalla decorrenza dell’accordo di rinnovo del contratto. Rileva che gli effetti economici del nuovo CCNL retroagivano decorrendo dall’/1/2002 andandosi a saldare al precedente e che, pertanto, la vacanza era dunque retribuita e i lavoratori avevano percepito gli arretrati.
8. I motivi, congiuntamente esaminati in quanto strettamente connessi, sono manifestamente fondati, alla luce della giurisprudenza di questa Corte (da ultimo, Cass. 14150/2015).
9. L’art. 1, comma 5, del CCNL Scuola quadriennio 2002/2005 – il quale ricalca la precedente norma contenuta nel CCNL quadriennio 1998/2001 – disciplinando l’istituto della vacanza contrattuale, stabilisce che dopo un periodo di vacanza contrattuale pari a 3 mesi dalla data di scadenza del CCNL, ai lavoratori dipendenti, ai quali si applica il contratto medesimo non ancora rinnovato, sarebbe stata corrisposta, a partire dal mese successivo ovvero dalla data di presentazione delle piattaforme ove successiva, la relativa indennità secondo le scadenze previste dall’accordo sul costo del lavoro del 23/7/1993 e con le modalità di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 47 e 48.
10. Il Ministero ha correttamente sottolineato la rilevanza dei dati testuali forniti dal Protocollo del 1993, richiamato dalle norme della contrattazione collettiva, che definisce l’indennità come “elemento provvisorio della retribuzione” nonché dalla specifica previsione secondo cui la stessa cessa di essere erogata dalla decorrenza dell’accordo di rinnovo.
11. Alla luce di questi elementi, considerato che il nuovo contratto collettivo del quadriennio 2002/2005 fissa la decorrenza degli effetti economici in via retroattiva con conseguente applicazione degli incrementi ivi previsti fin dalla data dell’1/1/2002 andandosi a saldare al precedente; che, pertanto, la vacanza era dunque retribuita e che i lavoratori andavano a percepire gli arretrati, deve essere accolta l’interpretazione della disciplina in esame affermata dal Ministero che esclude la cumulabilità di detti aumenti con l’indennità di vacanza contrattuale, considerando il compenso in funzione di un immediato anticipo sui presumibili e prossimi miglioramenti retributivi conseguibili in sede di rinnovo (cfr in questo stesso senso tra le tante Cass. n. 8803/2014; n. 25046/2014 e n. 9188/2015).
12. Ora, al momento in cui è stata emessa la sentenza di primo grado era entrato in vigore già da tempo il rinnovo contrattuale 2002-2005 (siglato il 24.7.2003) con decorrenza dal 1.1.2002 e quindi i lavoratori ricorrenti avevano già percepito gli incrementi retributivi destinati, secondo il negoziato tra le stesse parti, a coprire anche l’effettivo aumento del costo della vita. Alla luce della norma del 23.7.1993 dalla decorrenza del rinnovo (cioè 1.1.2002) non spettava più l’indennità di vacanza posto che il precedente contratto era cessato il 31.1.2001 e rinnovato con effetto retroattivo (per la parte economica, che comunque è la sola pertinente in questa controversia) dal 1.1.2002. e i lavoratori non potevano quindi più esigere un “elemento provvisorio della retribuzione” destinata a tutelarli rispetto alle dinamiche inflazionistiche nelle more del rinnovo del contratto.
13. Né potrebbe essere condivisa la tesi secondo cui l’indennità in questione avrebbe una natura sanzionatoria o di risarcimento presunto in relazione all’ipotesi di protrazione dei tempi dei rinnovi contrattuali: tesi che non trova alcun supporto testuale o sistematico nella disciplina considerata e che determinerebbe l’infondata cumulabilità di detta indennità con gli arretrati.
14. Conclusivamente, il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata, che afferma l’obbligo del pagamento dell’indennità senza neppure valutare che gli effetti economici migliorativi della nuova contrattazione collettiva retroagivano, deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., con il rigetto dell’originaria domanda dei lavoratori.
15. Le spese dell’intero giudizio vanno compensate tra le parti, poiché le sentenze di questa Corte sopra menzionate, il cui orientamento è stato qui recepito e confermato, sono tutte intervenute in epoca successiva alla proposizione del ricorso per cassazione esaminato.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’azionata domanda; compensa le spese dell’intero processo.
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