CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 28 giugno 2013, n. 16355
Tributi – Agevolazioni per l’acquisto della prima casa – Acquisto dei coniugi in comunione legale – Immobile destinato a residenza della famiglia – Diritto alle agevolazioni – Sussistenza – Mancato trasferimento della residenza da parte del marito – Irrilevanza
Svolgimento del processo
G.R. impugnava l’avviso con cui l’Ufficio aveva revocato i benefici “prima casa”, non avendo il contribuente provveduto a trasferire, entro il termine di legge, la propria residenza nel comune ove era ubicato l’immobile acquistato. Il ricorso del contribuente veniva accolto in primo grado, ma, su appello dell’Ufficio, la decisione veniva in parte riformata dalla CTR della Campania, che, con sentenza n. 179/39/07 depositata il 16/4/08, riteneva necessario, per il godimento dell’agevolazione, il trasferimento della residenza anagrafica, rilevando, comunque, che l’asserita modifica della residenza di fatto non era stata dimostrata. I giudici d’appello provvedevano, inoltre, a ridurre della metà l’importo dovuto, in quanto l’immobile era stato acquistato dal contribuente in comunione con la moglie, che vi aveva, invece, stabilito la residenza anagrafica.
Per la cassazione di tale sentenza, G.R. ha proposto ricorso con tre motivi.
L’Agenzia delle Entrate non ha svolto difese.
Motivi della decisione
1. Il secondo motivo, con cui il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 143 e 1022 c.c., in relazione all’art. 360, 1° co, n. 3, 4 e 5 cpc, per non avere la CTR considerato che la coabitazione nella casa familiare, col coniuge acquirente in regime di comunione, integra il requisito della residenza a fini tributari, è fondato.
2. Questa Corte ha, infatti, affermato che, in tema di imposta di registro e di relativi benefici per l’acquisto della prima casa, il requisito della residenza va riferito alla famiglia, per cui, ove l’immobile acquistato sia adibito a residenza della famiglia, non rileva la diversa residenza del coniuge dì chi ha acquistato in regime di comunione (Cass. n. 13085 del 2003; n. 14237 del 2000, ord. n. 2109 del 2009).
3. In particolare, è stato precisato che i coniugi non sono tenuti ad una comune residenza anagrafica, ma reciprocamente alla coabitazione (art. 143 c.c.), quindi una interpretazione della legge tributaria conforme ai principi del diritto di famiglia induce a considerare che la coabitazione con il coniuge costituisce un elemento adeguato a soddisfare il requisito della residenza ai fini tributari (Cass. n. 14237 del 2000, cit.), in quanto ciò che conta “non è tanto la residenza dei singoli coniugi, quanto quella della famiglia: l’art. 144 c.c., secondo il quale i coniugi fissano la residenza della famiglia secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia stessa (che è una esplicitazione ed una attuazione della più ampia tutela che l’art. 29 Cost. assegna alla famiglia), mentre da una parte riconosce che i coniugi possano avere delle esigenze diverse ai fini della residenza individuale, dall’altra tende a privilegiare le esigenze della famiglia, quale soggetto autonomo rispetto ai coniugi; pertanto, anche la norma tributaria va letta ed applicata nel senso che diventa prevalente l’interesse della famiglia rispetto a quello dei singoli coniugi, per cui il metro di valutazione dei requisiti per ottenere il beneficio deve essere diverso in considerazione della presenza di un’altra entità, quale la famiglia (cfr. Cass. n. 2109 del 2009, cit.)”.
4. In virtù di tali principi, va, dunque, affermato che, ai fini della fruizione dei benefici fiscali in questione, il requisito della residenza nel Comune in cui è ubicato l’immobile debba essere riferito alla famiglia, con la conseguenza che, in caso di comunione legale tra coniugi, quel che rileva è che l’immobile acquistato sia destinato a residenza familiare, mentre non assume rilievo in contrario la circostanza che uno dei coniugi non abbia la residenza in tale Comune, e ciò in ogni caso in cui il bene sia divenuto oggetto della comunione ex art. 177 c.c. quindi sia in caso di acquisto separato che in quello di acquisto congiunto del bene stesso.
5. La sentenza impugnata, che non si è attenuta al suddetto principio, va, in conseguenza, cassata, restando assorbiti gli altri motivi e, non ravvisandosi la necessità di ulteriori accertamenti di fatto (essendo incontroverso che l’immobile è stato acquistato in regime di comunione legale ed è stato destinato a residenza familiare), la causa può essere decisa nel merito con l’accoglimento del ricorso introduttivo.
6. Le spese del giudizio di merito vanno compensate tra le parti, mentre vanno poste a carico dell’intimata quelle del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi € 2.200,00, di cui € 200,00 per spese, oltre ad accessori di legge. Delle predette somme va disposta la distrazione in favore dell’Avvocato antistatario G.I..
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo, assorbiti il primo ed il terzo, cassa e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo del giudizio. Compensa le spese del giudizio di merito e condanna l’intimata a pagare al ricorrente le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in € 2.200,00, oltre ad accessori di legge, disponendone la distrazione in favore dell’Avv. G.I..
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