CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 16 luglio 2013, n. 17367
Lavoro subordinato – Licenziamento – Giusta causa – Contabile che manipola i conti
Svolgimento del processo
Con sentenza pubblicata il 28 gennaio 2010 la Corte d’Appello dì Brescia, in riforma della sentenza del Tribunale di Bergamo del 18 ottobre 2007, ha ritenuto sussistente la giusta causa del licenziamento irrogato dalla ABB s.p.a., già ABB P. T. s.p.a., a V. M. in data 22 luglio 2004, condannando il V. alla restituzione della somma percepita in esecuzione della sentenza di primo grado. La Corte territoriale ha motivato tale pronuncia rigettando l’eccezione di improcedibilità dell’appello per la mancata osservanza del termine stabilito dall’art. 435, secondo comma cod. proc. civ. per la notifica del ricorso e del decreto di fissazione di udienza affermando la natura non perentoria di detto termine e comunque l’osservanza del più rilevante termine per la costituzione dell’appellato. La stessa Corte d’appello ha, nel merito, considerato, per quanto rileva in questa sede, che i comprovati addebiti del V. in ordine alle irregolarità contabili consistenti, in particolare, in doppie o anticipate fatturazioni, costituiscono giusta causa di licenziamento, e la qualifica di quadro rivestita dal V. gli assicurava stabilità del rapporto, mentre la circostanza per cui dirigenti di grado più elevato fossero coinvolti nelle medesime irregolarità, non lo esimeva da responsabilità. D’altra parte la nozione di giusta causa va valutata anche in funzione della qualifica del dipendente, nel senso che per un dirigente, per cui rileva maggiormente il rapporto fiduciario, la sussistenza della giusta causa va ravvisata con maggior rigore, e la gravità dei fatti contestati e provati a carico del V. sono tali da non consentire assolutamente il rapporto di lavoro fra le parti.
Il V. propone ricorso per cassazione avverso tale sentenza articolato su cinque motivi.
Resiste con controricorso la ABB s.p.a.
Il ricorrente ha presentato memoria ex art. 378 cod. proc. civ.
Motivi della decisione
Con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 153, 154, secondo comma e 291 cod. proc. civ. con riferimento all’art. 360, comma 1 nn. 3 e 4 cod. proc. civ. in relazione alla violazione del termine per la notifica del ricorso e del decreto di fissazione di udienza.
Con secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della legge n. 300 del 1970 e dell’art. 2106 cod. civ. in relazione all’art. 360, comma 1 nn. 3 e 5 cod. proc. civ.; omessa, contraddittoria ed insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. In particolare si assume la genericità e tardività della contestazione disciplinare non esaminata dal giudice dell’appello.
Con il terzo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 116 comma 2 cod. proc. civ., 2697 cod. civ. in relazione all’art. 360 comma 1 nn. 3 e 5 cod. proc. civ.; omessa, contraddittoria ed insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. In particolare si deduce la mancanza di prove sui fatti addebitati al V. e sulla conseguente insussistenza sia della giusta causa di licenziamento sia della giustificatezza ai sensi degli artt. 19 e 22 del CCNL Dirigenti Industria.
Con il quarto motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2119 cod. civ. in relazione all’art. 360 comma 1 nn. 3 e 5 cod. proc. civ.; omessa, contraddittoria ed insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, con riferimento alla valutazione dei fatti addebitati al V. quale giusta causa di licenziamento.
Con il quinto motivo sì lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 2119 cod. civ. e degli artt. 19 e 22 del CCNL Dirigenti Industria in relazione all’art. 360 comma 1 nn. 3 e 5 cod. proc. civ.; omessa, contraddittoria ed insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, con riferimento alla mancata sussistenza dei presupposti previsti dal CCNL per il licenziamento dei dirigenti.
Il primo motivo è infondato. Nel rito del lavoro, il termine di dieci giorni assegnato all’appellante dall’art. 435, comma secondo, cod. proc. civ., per la notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza, non è perentorio e la sua inosservanza non comporta, perciò, alcuna decadenza, sempre che, come precisato dalla Corte Cost., ord. n. 60 del 2010, resti garantito all’appellato uno “spatium deliberandi” non inferiore a quello legale prima dell’udienza di discussione affinché questi possa approntare le sue difese, e purché non vi sia incidenza alcuna del comportamento della parte, in mancanza di differimento dell’udienza, sulla ragionevole durata del processo (da ultimo Cass. 31 maggio 2012 n. 8685). La Corte territoriale ha fatto corretta applicazione di tale principio rigettando la relativa eccezione di improcedibilità dell’appello per violazione del termine in questione.
Il secondo motivo è pure infondato. La Corte territoriale ha ritenuto non generica né tardiva la lettera di contestazione dell’addebito al V.. Essa ha correttamente posto in luce come le irregolarità contabili addebitate al prevenuto e consistenti in diversi meccanismi di manipolazione dei conti, fossero variamente specificate nella contestazione disciplinare e consentissero la piena difesa, anche se non era indicata la data di ciascuna di esse. La circostanza per cui esse si siano protratte per anni non esclude che la società ne abbia avuto un quadro completo solo nel 2004, in modo tale da poter avere un fondamento sicuro delle accuse da muovere al dipendente. Con ciò la Corte d’appello ha incensurabilmente rigettato la censura di contestazione tardiva.
Il terzo ed il quarto motivo investono l’accertamento dei fatti addebitati al V. ed il giudizio su di essi. Tali aspetti sono riservati al giudice del merito e non sono censurabili in sede di legittimità se congruamente e logicamente motivati. La Corte d’appello ha esaminato con diligenza le prove, anche testimoniali, circa le irregolarità commesse dal dipendente, essenzialmente al fine di far apparire come raggiunti gli obiettivi economici fissati dalla “Casa madre di Zurigo”. Il difetto di vigilanza addebitato al medesimo fu non decisivo ma solo collaterale nell’irrogazione del licenziamento, non certo effetto di un “intento ritorsivo”.
Quanto alla proporzione della sanzione rispetto agli addebiti, la Corte di merito ha considerato esattamente le specifiche mansioni del dipendente addetto alla contabilità e la qualifica di quadro,che gli avrebbe imposto una responsabilità ancora superiore a quella di altri dipendenti in relazione ad irregolarità relative proprio al settore contabile di sua specifica competenza.
Il quinto motivo censura l’asserita mancanza di specificità nella motivazione dell’atto di licenziamento, contenete un semplice rinvio alla lettera di contestazione. Ma, negata la genericità di quest’ultima a confutazione del secondo motivo di ricorso, risulta anche la non fondatezza di quest’ultimo motivo.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese dì giudizio liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in € 50,00 per esborsi, oltre € 3.500,00 per compensi professionali oltre accessori di legge.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 19 agosto 2020, n. 17367 - Possono essere dedotte in ciascun esercizio, secondo il principio di competenza, le quote accantonate per il trattamento di fine mandato, previsto in favore degli amministratori delle società,…
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 19621 depositata l' 11 luglio 2023 - Il diritto di critica del lavoratore nei confronti del datore di lavoro deve rispettare i limiti di continenza formale, il cui superamento integra comportamento idoneo a ledere…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 20 giugno 2019, n. 16598 - Licenziamento per giusta causa per ripetitività delle condotte irregolari poste in essere dal lavoratore comportante la lesione del vincolo fiduciario - La giusta causa di licenziamento deve…
- CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 88 depositata il 3 gennaio 2023 - In tema di licenziamento per giusta causa, nel giudicare se la violazione disciplinare addebitata al lavoratore abbia compromesso la fiducia necessaria ai fini della conservazione del…
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 30464 depositata il 2 novembre 2023 - In tema di licenziamento del dirigente, la nozione di “giustificatezza” non coincide con quelle di “giusta causa” e di “giustificato motivo” proprie dei rapporti di lavoro delle…
- TRIBUNALE di FOGGIA - Ordinanza del 3 aprile 2023 - La giusta causa di licenziamento è nozione legale rispetto alla quale non sono vincolanti - al contrario che per le sanzioni disciplinari con effetto conservativo - le previsioni dei contratti…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- L’indennità sostitutiva di ferie non godute
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9009 depositata…
- Il giudice tributario è tenuto a valutare la corre
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5894 deposi…
- Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10267 depositat…
- L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione
L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione, infatti il risparmio fiscale…
- Spese di sponsorizzazione sono deducibili per pres
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 6079 deposi…