CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 19 luglio 2013, n. 17687
Tributi – Contenzioso – Cartella di pagamento – Da impugnare insieme all’accertamento – Necessità – Non sussiste
Svolgimento del processo
La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in accoglimento dell’appello proposto dalla B. Contributi e Tasse s.r.l., ed in totale riforma della sentenza di primo grado, dichiarava nullo l’avviso di accertamento, relativo ad irpeg dell’anno di imposta 1993, per mancata notificazione dello stesso presso la sede legale della società e, conseguentemente, non dovute le imposte.
I giudici di appello ritenevano che non fosse sufficiente la notificazione dell’ avviso, effettuata al Curatore fallimentare che ebbe a rifiutarsi di ricevere l’atto, ma che fosse, altresì, necessaria, pur nella pendenza del fallimento, la notificazione dell’ avviso di accertamento e della cartella presso la sede sociale.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sette motivi, Agenzia delle Entrate.
Ha resistito con controricorso la società.
Motivi della decisione
1. Per ragioni di ordine logico e processuale delle questioni devolute all’esame di questa Corte va, da primo, esaminato, involgendo un questione preliminare, il sesto motivo di ricorso con il quale, ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c., la ricorrente deduce la nullità dell’intero giudizio per non avervi preso parte anche il Concessionario del servizio riscossione tributi.
1.1. Il motivo è infondato alla luce dei principi sanciti da questa Corte secondo cui “nelle liti riguardanti l’impugnazione della cartella esattoriale la legittimazione passiva spetta all’ente titolare del credito tributario” e che “la tardivita della notificazione della cartella di pagamento non costituisce in ogni caso, vizio proprio di questa tale da legittimare in via esclusiva il concessionario a contraddire nel relativo giudizio”, in quanto la tempestività della notificazione della cartella esattoriale è espressione del principio di garanzia, da parte dell’ordinamento, dell’interesse del contribuente alla conoscenza, in termini, certi, della pretesa tributaria derivante dalla liquidazione delle dichiarazioni, interesse che si correla a posizioni di obbligo imputabili all’ente impositore (Cass.n.22939/2007; id. n.933/2009; n.8613/2011; n.1532/2012) .
2. Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 19, comma 3 d.lgs. 546/192 per non avere la Commissione Tributaria Lombarda dichiarato l’inammissibilità del ricorso in quanto la contribuente non aveva impugnato unitamente alla cartella anche l’avviso di accertamento.
2.1. Il motivo è infondato.
Le Sezione Unite dì questa Corte hanno fissato il principio, cui sì ritiene dare continuità, per cui “In materia di riscossione delle imposte, atteso che la correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza procedimentale di determinati atti, con le relative notificazioni, allo scopo di rendere possibile un efficace esercizio dei diritto di difesa del destinatario, l’omissione della notifica di un atto presupposto costituisce un vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato. Poiché tale nullità può essere fatta valere dal contribuente mediante la scelta, consentita dall’art. 19, comma 3, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, di impugnare solo l’atto consequenziale notificatogli (avviso di mora, cartella di pagamento, avviso di liquidazione), facendo valere il vizio derivante dall’omessa notifica dell’atto presupposto, o di impugnare cumulativamente anche quello presupposto (nell’ordine, cartella di pagamento, avviso di accertamento o avviso di liquidazione) non notificato, facendo valere i vizi che inficiano quest’ultimo, per contestare radicalmente la pretesa tributaria spetterà al giudice di merito, interpretando la domanda, verificare la scelta compiuta dal contribuente, con la conseguenza che, nel primo caso, dovrà verificare solo la sussistenza o meno del difetto di notifica al fine di pronunciarsi sulla nullità dell’atto consequenziale (con eventuale estinzione della pretesa tributaria a seconda se i termini di decadenza siano o meno decorsi), nel secondo la pronuncia dovrà riguardare l’esistenza, o no, di cale pretesa” (SS.UU n.5791/2009).
3. Con il terzo, il quarto ed il quinto motivo la ricorrente -premesso che in atti era pacifico che l’avviso venne notificato al curatore del fallimento della società, all’ epoca sottoposta a procedura concorsuale- censura, sotto l’egida della violazione di legge, la sentenza impugnata per non avere ritenuto sufficiente tale notificazione- ed avere, ritenuto, la necessità di ulteriore notificazione dell’avviso di accertamento e della cartella presso la sede sociale.
4. I motivi sono infondati.
L’argomentazione giuridica svolta dai Giudici di appello relativamente alla necessità di notificazione dell’ atto anche alla società e costituente ratio decidendi autonomamente idonea a sorreggere la decisione, è, infatti, in linea con la giurisprudenza di questa Corte in materia di notificazione degli atti del rapporto tributario a soggetto fallito.
Si è, infatti, più volte affermato il principio, cui si ritiene dare continuità, secondo cui l’accertamento tributario, se inerente a crediti i cui presupposti si siano determinati, come nella specie, prima della dichiarazione di fallimento del contribuente o nel periodo d’imposta in cui tale dichiarazione è intervenuta, deve essere notificato non solo al curatore – in ragione della partecipazione di detti crediti al concorso fallimentare, o, comunque, della loro idoneità ad incidere sulla gestione delle attività e dei beni acquisiti al fallimento – ma anche al contribuente, il quale non è privato, a seguito della dichiarazione di fallimento, della sua qualità di soggetto passivo del rapporto tributario e resta esposto ai riflessi, anche di carattere sanzionatorio, che conseguono alla definitività dell’atto impositivo (Cass. n. 2910 del 06/02/2009). Ed, ancora, in termini, Cass. n.6476 del 19/03/2007 la quale, nell’affermare il medesimo principio, ha rilevato come l’accertamento operato dall’ufficio non può che decorrere, per il fallito, dal momento in cui sia eseguita nei suoi confronti la notifica del relativo avviso, ed egli sia così posto nell’effettiva condizione di difendersi. “Ciò comporta, da una parte, la non definitività di un avviso di accertamento non notificato all’amministratore di una società fallita, ma al solo curatore, e, dall’altra, il disconoscimento di una solidarietà passiva fra il curatore e l’amministratore o i soci di una società di persone fallita, qualora questi ultimi non siano stati messi a conoscenza nei modi di legge dell’accertamento notificato al solo curatore”.
7. Il rigetto dei superiori motivi comporta l’assorbimento del settimo motivo con il quale si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art.21, primo comma, d.lqs.546/1992, in relazione all’art.360 n.3 c.p.c. sul presupposto della rituale notificazione della cartella al curatore nel 2001 mentre il ricorso venne proposto solo in data 28.2.2005.
8. In ossequio al principio di soccombenza le spese liquidate, come in dispositivo sulla base dei parametri di cui al D.M. n.140 del 2012, vanno poste a carico di Agenzia delle Entrate.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna Agenzia delle Entrate alla refusione in favore della controricorrente delle spese del grado di legittimità che si liquidano in complessivi euro 12.500,00 di cui euro 200 per esborsi, oltre accessori di legge.
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