CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 24 luglio 2013, n. 17956
Tributi – Elusione fiscale – Operazione commerciale frammentata – Abuso – Sussiste
Svolgimento del processo
La vicenda trae origine dalla notifica di un avviso di rettifica dei valori dichiarati e liquidazione dell’imposta di registro in riferimento all’atto di cessione di azienda in data 21/12/2004, intervenuto tra C. spa in qualità di cedente di un complesso industriale e mobilificio e C.D. spa in qualità di cessionaria.
L’Agenzia delle Entrate di Milano aveva rettificato il valore imponibile dichiarato liquidando una maggiore imposta di registro più sanzioni ed interessi, in quanto le rimanenze delle merci non erano state incluse nei valore complessivo della cessione ma, a seguito dì perizia disposta dall’autorità giudiziaria nell’ambito della procedura di concordato preventivo, erano state stimate e cedute con atto separato,senza valide ragioni economiche, ponendo così in essere, secondo l’Agenzia delle Entrate, un’evidente elusione fiscale diretta ad ottenere un risparmio fiscale di una certa entità in violazione dei principi generali in materia di abuso del diritto in materia fiscale.
La Commissione Tributaria Provinciale di Milano aveva respinto il ricorso del contribuente avverso l’avviso di rettifica e liquidazione con sentenza nr.737/33/2007 avverso la quale ha proposto ricorso in appello la società P.M. spa in liquidazione e concordato preventivo. La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, con sentenza 86/38/08, ha accolto l’appello del contribuente ed annullato l’avviso di rettifica e liquidazione, ritenendo inesistente un intento elusivo da parte del contribuente in relazione alla pluralità dì atti succedutisi, intesa ad escludere la rimanenza merci dalla cessione, in quanto avvenuta nell’ambito di una procedura di concordato e sotto la vigilanza dell’autorità giudiziaria.
Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso in cassazione l’Agenzia delle Entrate con due motivi.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo la Agenzia delle Entrate denuncia insufficiente motivazione su un fatto decisivo della controversia in quanto la Commissione Tributaria Regionale di Milano non avrebbe esplicitato le ragioni economiche, non marginali, diverse dal vantaggio fiscale, poste alla base della scissione delle cessioni, limitandosi a dichiarare che la vicenda sì era svolta sotto la sorveglianza dell’autorità giudiziaria e che gli atti non presentavano di per sé nulla dì anomalo.
Inoltre la CTR dì Milano aveva negato, e ciò senza tuttavia motivare in ordine alla correttezza della valutazione peritale, la legittimità dell’aumento del valore di cessione dell’azienda, stimato dall’Ufficio in €. 8.606.0 69,27 contro € 5.300.000,00 dichiarate dal contribuente, ottenuto per effetto dell’ aumento dell’ avviamento ritenuto dall’Ufficio in €. 656.069,27 e dichiarato dal contribuente in € 100.000,00,secondo la valutazione effettuata dal perito estimatore.
Con il secondo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 51 e 52 DPR 131/1986, 2727 e 2729 c.c. in quanto la CTR ha ritenuto inesistente l’abuso del diritto in materia fiscale solo perché la vicenda si è svolta sotto il controllo dell’autorità giudiziaria e l’atto sia stato compiuto nell’ambito di una procedura di concordato preventivo.
2. Esaminati congiuntamente i due motivi, attinenti a questioni sostanzialmente analoghe e strettamente connesse tra loro, ritiene il Collegio che il ricorso sia fondato.
3. In ordine alla differente valutazione dell’avviamento dell’azienda effettuata dall’Ufficio in € 656.069,27 contro il valore di € 100.000,00 valutate dal perito nominato dall’A.G., la CTR non ha indicato le ragioni per le quali ritenere maggiormente attendibile la valutazione dell’avviamento da parte del perito nominato dall’autorità giudiziaria, il quale, nel valutare l’avviamento, si è discostato in misura così rilevante dalla valutazione effettuata dall’Agenzia delle Entrate, nonostante quest’ultima avesse applicato correttamente i noti parametri relativi alla capacità di produrre ricavi ed ai redditi prodotti in passato.
4. In ordine al lamentato abuso di diritto in materia fiscale e ricorrenza di una fattispecie di elusione fiscale diretta ad un risparmio fiscale, in violazione dell’art. 37 bis DPR 600 del 29/9/1973, risulta che la società contribuente ha stipulato nello stesso giorno due contratti, uno di cessione di azienda con effetti sospesi e l’altro di cessione di rimanenze in favore del medesimo cessionario di magazzino. La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia non ha esplicitato le ragioni economiche non marginali diverse dal risparmio di imposta poste alla base della scissione delle cessioni, non potendosi ritenere significativo al tal fine il fatto che la vicenda sì sia svolta sotto la sorveglianza dell’Autorità giudiziaria nell’ambito ai una procedura di concordato preventivo, e pertanto appare evidente che la scissione degli atti è nella specie palesemente preordinata ad ottenere un risparmio fiscale, mentre appare irrilevante la circostanza che sia stata realizzata nell’ambito di una procedura di concordato preventivo sotto la vigilanza dell’A.G.. Risulta applicabile nella fattispecie l’art. 37 bis DPR 600/73, risultando evidente che l’atto sia esclusivamente finalizzato ad aggirare obblighi od eludere divieti e conseguire “vantaggi fiscali ottenuti mediante l’uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un’agevolazione o un risparmio d’imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l’operazione, diverse dalla mera aspettativa di quei benefici (21782 del 20/10/2011, 11236 del 20/05/2011, 1372 del 21/01/2011, SU 30055 del 23/12/2008 e 27646 del 21/11/2008). “In materia tributaria, integra gli estremi del comportamento abusivo quell’operazione economica che, tenuto conto sia della volontà delle parti implicate, che del contesto fattuale e giuridico, ponga quale elemento predominante ed assorbente della transazione lo scopo di ottenere vantaggi fiscali, con la conseguenza che il divieto di comportamenti abusivi non vale ove quelle operazioni possano spiegarsi altrimenti che con il mero conseguimento dì risparmi di imposta. La prova sia del disegno elusivo sia delle modalità di manipolazione e di alterazione degli schemi negoziali classici, considerati come irragionevoli in una normale logica di mercato e perseguiti solo per pervenire a quel risultato fiscale, incombe sull’Amministrazione finanziaria, mentre grava sul contribuente l’onere di allegare la esistenza di ragioni economiche alternative o concorrenti che giustifichino operazioni in quel modo strutturate.” Sez. 5, Sentenza n. 20029 del 22/09/2010 Pres. Pivetti).
La giurisprudenza ha dunque escluso il carattere abusivo di un’operazione solo quando “sia individuabile una compresenza, non marginale, di ragioni extrafiscali, che non si identificano necessariamente in una redditività immediata dell’operazione medesima ma possono rispondere ad esigenze di natura organizzativa e consistere in un miglioramento strutturale e funzionale dell’azienda” (Cass. nr. 1372 del 21/01/2011) mentre incombe sui contribuente la prova della esistenza di ragioni economiche alternative o concorrenti di carattere non meramente marginale o teorico che siano idonee ad escludere l’abusività. (Cass. sez.V 10257 del 2008).
Il collegio ritiene quindi fondato il ricorso che deve essere accolto con condanna alle spese della società contribuente.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso e condanna la società contribuente al pagamento delle spese che si liquidano in € 2500,00 oltre accessori di legge.
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