CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 8100 depositata il 21 aprile 2016
FALLIMENTO – CONCORDATO PREVENTIVO – AMMISSIONE – DECRETO DI AMMISSIONE – SOMMA NECESSARIA PER L’INTERA PROCEDURA – TERMINE FISSATO DAL TRIBUNALE PER IL DEPOSITO – NATURA – DEPOSITO TARDIVO – CONSEGUENZE
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
1.- Il 13.1.2010 la s.p.a “I V.d. V.” in liquidazione (IVV) presento’ al Tribunale di Milano domanda di ammissione ad un complesso concordato preventivo “con ristrutturazione”, che coinvolgeva anche altre Societa’ del gruppo V..
La domanda fu accolta dal Tribunale il 18.2.2010 ma successivamente uno dei membri del collegio dei liquidatori di IVV presento’ una “Memoria integrativa” alla domanda di ammissione al concordato, contenente una modifica all’iniziale proposta gia’ ammessa.
Il Commissario Giudiziale deposito’ una relazione ai sensi dell’art. 173 l. fall. nella quale, assumendo l’illegittimita’ della modifica proposta (in quanto la “postergazione” dei creditori privilegiati al rango dei chirografari da soddisfare con la conversione del loro credito in azioni non era sostenuta dalla dimostrazione – prescritta dall’art. 160, comma 2 l. fall. – che, in caso di liquidazione fallimentare, essi avrebbero ottenuto un trattamento peggiore), la ritenne inammissibile.
L’originaria proposta, in applicazione del nuovo art. 160, comma 1, l. fall. (sulla scorta del precedente “P.”) prevedeva la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti chirografari mediante la loro conversione in capitale (azioni) della IVV destinata cosi’ ad essere risanata (e riammessa alla quotazione in borsa). La modifica proposta il 5.7.2010 estendeva tale modo di soddisfacimento del credito anche ai creditori privilegiati muniti di privilegio generale con grado piu’ “basso”.
Il commissario, poi, evidenzio’ altre “criticita’” (attinenti, pero’, alla proposta originaria), e rilevo’ che i liquidatori della societa’ ammessa al concordato non avevano versato il deposito di cui all’art. 163, comma 2 l. fall. nella misura stabilita dal Tribunale (della quale. peraltro i liquidatori avevano chiesto la rideterminazione) e concluse facendo “rapporto al Tribunale” su “fatti ed atti rilevanti ai fini di eventuali provvedimenti di cui all’art. 173, l. fall.
Alla luce di detta relazione, il Tribunale, con decreto emesso in data 15.7.2010, all’esito dell’udienza in camera di consiglio convocata e tenuta in quella data, con la partecipazione del debitore e del p.m., per discutere sulla modifica richiesta e sulla relazione del commissario, dispose, “in applicazione dell’art. 173 L.F.”, la revoca dell’ammissione al concordato preventivo. Contestualmente, a seguito di tale revoca, ed in accoglimento dell’istanza che il p.m. aveva formulato a verbale dell’udienza stessa, il Tribunale, con sentenza deliberata nella stessa data del 15.7.2010, dichiaro’ il fallimento della societa’ debitrice. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Milano IVV rigetto’ il reclamo proposto dalla societa’ fallita disattendendo le doglianze relative alla ritualita’ del procedimento e al diritto di difesa nonche’ quelle relative al merito della decisione del tribunale.
Contro la sentenza di appello la societa’ fallita ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi. Non ha svolto difese il curatore intimato.
2.- Con i primi due motivi la ricorrente denuncia violazione di norme di diritto lamentando che il fallimento sia stato dichiarato senza instaurazione del procedimento prescritto dall’art. 15 l. fall. e senza che vi fosse l’istanza di un soggetto legittimato, non essendolo il pubblico ministero al di fuori delle ipotesi previste dall’art. 7 l. fall..
Le censure sono infondate perche’ il pubblico ministero e’ legittimato a formulare la richiesta di fallimento a seguito della comunicazione del decreto con il quale il tribunale abbia revocato l’ammissione al concordato preventivo, essendo egli, nel sistema della legge, informato sia della domanda di concordato ai fini dell’intervento nella procedura e dell’eventuale richiesta di fallimento (art. 161 legge fall.), sia della procedura d’ufficio per la revoca dell’ammissione al concordato (art. 173 legge fall.), onde e’ anche il naturale e legittimo destinatario della comunicazione dell’esito di tale procedimento (sez. 1, 16 marzo 2012, n. 4209).
Quanto al diritto di difesa, va ricordato che il sub-procedimento diretto alla declaratoria di fallimento, che si apre all’esito della dichiarazione di inammissibilita’ della proposta di concordato preventivo, si inserisce nell’ambito di una procedura unitaria, nella quale il debitore ha gia’ formalizzato il rapporto processuale innanzi al tribunale e il cui eventuale sbocco nella dichiarazione di fallimento deve essergli noto sin dal momento della proposizione della domanda, soprattutto dopo avere preso conoscenza del decreto ex art. 162, comma 2, legge fall., cui consegue la trasmissione degli atti al pubblico ministero. In tale contesto, salva l’ipotesi in cui la parte pubblica non adduca, in sede di richiesta e a dimostrazione dello stato di insolvenza, elementi ulteriori rispetto a quelli gia’ acquisiti al procedimento, non e’ necessaria l’ulteriore convocazione in camera di consiglio del debitore ai fini della dichiarazione di fallimento, potendo questi predisporre comunque i mezzi di difesa piu’ adeguati al caso, tenuto conto delle esigenze proprie dei procedimenti concorsuali (presentazione di memorie, istanze di convocazione personale e simili), per contrastare l’eventuale richiesta di fallimento (Sez. 1, Sentenza n. 9730 del 06/05/2014).
3.- Con i restanti motivi la ricorrente censura il rigetto dei motivi di reclamo con i quali aveva contestato la revoca dell’ammissione alla procedura di concordato preventivo con particolare riferimento al requisito della fattibilita’ sia della proposta originaria che di quella modificata. Censura, infine, con l’ultimo motivo l’affermazione che il mancato deposito della somma originariamente stabilita per le spese di procedura costituisse motivo di revoca dell’ammissione.
Quest’ultimo motivo e’ infondato e cio’ comporta l’assorbimento di tutte le altre censure relative al merito della proposta di concordato posto che, a fronte del mancato deposito della somma per le spese, stante, altresi’, il mancato accoglimento dell’istanza di rideterminazione, il tribunale non avrebbe potuto fare a meno di revocare l’ammissione al concordato.
Invero, il termine fissato dal tribunale, ai sensi dell’art. 163 legge fall., per il deposito della somma che si presume necessaria per l’intera procedura ha carattere perentorio, atteso che la prosecuzione di quest’ultima richiede la piena disponibilita’, da parte del commissario, dell’importo a tal fine destinato e questa esigenza puo’ essere soddisfatta soltanto con la preventiva costituzione del fondo nel rispetto del predetto termine, da considerarsi quindi improrogabile, con conseguente inefficacia del deposito tardivamente effettuato (Sez. 1, Sentenza n. 20667 del 22/11/2012). Il nuovo terzo comma dell’art. 163 1. fall. prevede, infatti, che, qualora non sia eseguito il deposito prescritto, il commissario giudiziale provvede a norma dell’art. 173, comma 1.
Talche’ il mancato deposito della somma costituisce causa di revoca dell’ammissione al concordato. Ne’ contraddice tale conclusione la pronuncia Sez. 1, Sentenza n. 18236 del 12/08/2009, resa in una fattispecie nella quale il concordato era stato revocato con dichiarazione d’ufficio del fallimento nella vigenza della disciplina riformata ma prima dell’intervento del d.lgs. correttivo.
Il ricorso, dunque, deve essere rigettato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
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