CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza n. 35183 depositata il 18 luglio 2017
LAVORO – SICUREZZA SUL LAVORO – INFORTUNI SUL LAVORO -? NON APPLICABILITA’ DELLA CAUSA DI ESCLUSIONE DELLA PUNIBILITA’ PER PARTICOLARE TENUITA’ DEL FATTO
FATTO
Con sentenza del 8 luglio 2015 il Tribunale di Rovigo ha prosciolto Z.S. dai reati a lei contestati – già unificati sotto il vincolo della continuazione e consistenti nella violazione degli artt. 126, comma 1, e 134, comma 1, del d.lgs. 81/2008 per avere, in qualità di legale rappresentante della ditta Armida Immobiliare Srl, rispettivamente omesso di predisporre su di un impalcato eretto un idoneo parapetto atto ad eliminare il pericolo di cadute e per avere omesso di elaborare il piano di montaggio, uso e smontaggio del predetto impalcato, avendo, altresì, omesso di inserire all’interno del piano il disegno esecutivo per detto impalcato – sulla base della ritenuta qualificabilità di essi come di particolare tenuità ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen.
Avverso detta sentenza ha interposto ricorso per cassazione il Procuratore generale presso la Corte di appello di Venezia, osservando che il Tribunale di Rovigo, facendo malgoverno della disposizione legislativa prevista dall’art. 131-bis cod. pen., ha ritenuto applicabile la particolare causa di non punibilità anche alla fattispecie sottoposta alla sua attenzione, sebbene questa fosse caratterizzata dall’avvenuta commissione da parte della Z.S. di più reati della stessa indole, circostanza quest’ultima che, per espressa disposizione legislativa, costituisce elemento ostativo alla riconducibilità della fattispecie al caso della particolare tenuità.
DIRITTO
Il ricorso è fondato.
Osserva, infatti, il Collegio come alla Z.S. siano stati contestati, ancorché affasciati quoad poenam dal vincolo della continuazione, due reati aventi un’oggettività giuridica che li connota come certamente caratterizzati dalla stessa indole.
Posto, infatti, che in ordine a detto concetto, cioè la identità di indole dell’illecito penale, questa Corte ha chiarito che deve intendersi ricorrere il predetto requisito ogniqualvolta gli illeciti attribuiti al soggetto, ancorché sanzionati da norme incriminatrici fra loro diverse, concernano tuttavia un identico bene giuridico violato, sicché è consentito accertare, nei casi concreti, l’esistenza di caratteri fondamentali comuni fra i diversi reati oggetto di accertamento (Corte di cassazione, Sezione VI penale, 13 aprile 2016, n. 15439; idem Sezione VI penale, 23 dicembre 2014, n. 53590; idem Sezione II penale, 12 novembre 2010, n. 40105), rileva il Collegio che, indubbiamente le condotte ascritte alla Z.S., aventi entrambe ad oggetto la violazione di norme sulla prevenzione degli incidenti sul lavoro, sono integrative di reati aventi la stessa indole, attesa l’evidente identità del bene interesse tutelato da ambedue le disposizioni violate, cioè la sicurezza dei lavoratori nell’ambiente di lavoro.
Tanto rilevato, osserva il Collegio che l’elemento evidenziato, cioè la pluralità di condotte costituenti violazione di reati aventi una medesima indole penale costituisce, di per sé, condizione obbiettivamente e definitivamente ostativa alla ascrivibilità di esse al novero dei fatti di entità particolarmente tenui ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen., posto che la predetta disposizione espressamente prevede, indicando la abitualità come elemento impeditivo della sussunzione del fatto entro il paradigma della particolare tenuità, che: “Il comportamento è abituale nel caso in cui l’autore (…) abbia commesso più reati della stessa indole”.
Come, infatti, questa Corte ha già avuto modo di considerare, e di tale orientamento questo Collegio è tuttora convintamente partecipe, la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto – o meglio della offesa da questo arrecata al bene interesse tutelato dalla norma incriminatrice – di cui all’art. 131-bis cod. pen. non può essere applicata, ai sensi del terzo comma del predetto articolo, qualora l’imputato abbia commesso più reati della stessa indole, poiché è la stessa previsione normativa a considerare il fatto nella sua dimensione plurale, secondo una valutazione complessiva in cui perde rilevanza l’eventuale particolare tenuità del singoli segmenti in cui esso si articola (Corte di cassazione, Sezione V penale, 28 giugno 2016, n. 26813), acquisendo, viceversa, preponderante e decisiva rilevanza la reiterazione della offesa al medesimo o similare bene-interesse.
La sentenza impugnata, la quale ha, invece, disatteso il predetto principio considerando qualificabile come fatti particolarmente tenui e, pertanto, meritevoli del riconoscimento della non punibilità derivante dalla applicazione dell’art. 131-bis cod. pen., le due condotte attribuite alla Z.S., pur nella evidente identità della indole criminosa che esse palesano, deve essere annullata.
Non vi è luogo al rinvio della questione al Tribunale di Rovigo per la rivalutazione di essa alla luce del principio dianzi ribadito, in quanto, ad oggi, i reati contestati alla imputata sono oramai prescritti e la formula di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. attestante l’avvenuta estinzione dei reati de quibus, essendo più favorevole rispetto a quella di proscioglimento ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen., già pronunziata dal Tribunale di Rovigo, prevarrebbe comunque rispetto ad essa (in tal senso: Corte di cassazione, Sezione VI penale, 16 marzo 2016, n. 11040; idem Sezione III penale, 26 giugno 2015, n. 27055).
PQM
Annulla la sentenza impugnata senza rinvio per essere i reati estinti per prescrizione.
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