CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 27 luglio 2017, n. 18670
Lavoro – Medici – Sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato – Benefici di carriera – Riconoscimento
Rilevato
– che con sentenza in data 30.5.2011 la Corte di Appello di Roma, confermando la pronuncia del Tribunale del medesimo luogo, ha respinto la domanda degli attuali controricorrenti (nonché di ulteriori parti) – tutti medici iscritti, dal 1987 al 2000, a diversi corsi di specializzazione – di riconoscimento della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato con le rispettive Università e con la Regione Lazio, di condanna al risarcimento del danno per ritardata mancata piena attuazione delle direttive 76/82 CEE, 93/16 CEE, 2005/36/CE e dell’art. 37 del D.Lgs. n. 368 del 1999 in ordine al trattamento economico da percepire, di riconoscimento dell’applicazione dei benefici di carriera di cui all’art. 45 del D.Lgs. n. n. 368 e conseguente condanna da liquidarsi in separata sede, di adeguamento dell’ammontare della borsa di studio percepita durante il corso di specializzazione ; che avverso tale sentenza gli attuali ricorrenti hanno proposto ricorso affidato a tre motivi;
– che la Presidenza del Consiglio dei Ministri, l’Università degli studi di Roma La Sapienza, l’Università degli studi di Roma di Tor Vergata, l’Università Cattolica del Sacro Cuore, la Regione Lazio hanno resistito con autonomi controricorsi.
Considerato
– che i medici, nel denunciare plurime disposizioni di legge e di direttive comunitarie, assumono che l’attività svolta presso le scuole di specializzazione va equiparata a vera e propria attività lavorativa di natura subordinata, con conseguente diritto al riconoscimento di un adeguato trattamento retributivo, che i benefici di carriera vanno ritenuti sussistenti in via presuntiva e che spetta comunque l’adeguamento della borsa di studio, anche in via risarcitoria; che ritiene il Collegio si debbano rigettare i motivi di ricorso, perché, con riguardo alla natura subordinata dell’attività svolta dagli specializzandi presso la scuola, la sentenza impugnata è conforme al principio di diritto affermato da questa Corte con le sentenze nn. 20403/2009, 6089/1998, 9789/1995, con le quali si è statuito che «non è inquadrabile nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato, né del lavoro autonomo l’attività svolta dai medici iscritti alle scuole di specializzazione universitarie, che costituisce una particolare ipotesi di “contratto di formazione-lavoro”, oggetto di specifica disciplina, rispetto alla quale non può essere ravvisata una relazione sinallagmatica di scambio tra la suddetta attività e la remunerazione prevista dalla legge a favore degli specializzandi, in quanto tali emolumenti sono destinati a sopperire alle esigenze materiali per l’impegno a tempo pieno degli interessati nell’attività rivolta alla loro formazione, e non costituiscono, quindi, il corrispettivo delle prestazioni svolte, le quali non sono rivolte ad un vantaggio per l’università, ma alla formazione teorica e pratica degli stessi specializzandi ed al conseguimento, al fine corso, di un titolo abilitante»;
– che, in tema di trattamento economico dei medici specializzandi, le Sezioni Unite di questa Corte (n. 29345/2008), successivamente confermate dalle Sezioni semplici (sentenze nn. Cass. n. 20403/2009, 11565/2011, 12624/2015, 18710/2016) hanno statuito che l’importo della borsa di studio prevista dall’art. 6 del d.lgs. 8 agosto 1991, n. 257 (e rideterminato per l’anno 1992) non è soggetto ad incremento in relazione alla variazione del costo della vita per gli anni accademici dal 1992-1993 al 2004-2005, in applicazione di quanto disposto dall’art. 7 del d.l. n. 384 del 1992 (convertito in legge 438 del 1992), dall’art. 3 della legge n. 537 del 1993, dall’art. 1 della legge n. 549 del 1995, dall’art. 1 della legge n. 662 del 1996 e dall’art. 22 della legge n. 488 del 1999, n. 488, nonché dalla legge n. 289 del 2002, in quanto il blocco degli incrementi della suddetta borsa dovuti al tasso di inflazione si iscrive in una manovra di politica economica riguardante la generalità degli emolumenti retributivi in senso lato erogati dallo Stato, come anche riconosciuto dalla Corte Costituzionale (sentenza 432/1997), che ha deciso la questione di costituzionalità dell’art. 1, comma 33, della legge n. 549 del 1995;
– che, infine, con riguardo al riconoscimento dei benefici di carriera previsti dall’art. 45 del D.lgs. n. 368 del 1999, posto che la sentenza impugnata ha ritenuto che l’efficacia di tale disposizione deve ritenersi sospesa per effetto dell’art. 8, comma 3, del D.lgs. n. 517 del 1999 e che manca, inoltre, l’interesse concreto e attuale a detto riconoscimento, il motivo deve ritenersi inammissibile sia per genericità e contraddittorietà della censura (relativa alla disciplina introdotta dal D.lgs. n. 368 del 1999) sia per prospettazione di nuove questioni di diritto o nuovi temi di contestazione che postulano indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice del merito, non avendo formato oggetto di gravame o di tempestiva e rituale contestazione nel giudizio di appello l’attestazione in via presuntiva dei danni subiti;
– che i motivi di ricorso non prospettano argomenti che possano indurre a disattendere detti orientamenti, ai quali va data continuità, poiché le ragioni indicate a fondamento dei principi affermati, da intendersi qui richiamate ex art. 118 disp. att. cod. proc. civ., sono integralmente condivise dal Collegio;
– che gli attuali ricorrenti sono tutti medici iscritti a corsi di specializzazione dopo il 31.12.1982 e non sono, quindi, interessati dalla rimessione della questione pregiudiziale effettuata dalle Sezioni Unite di questa Corte con sentenze nn. 23581 e 23582 del 2016; che le spese del giudizio di legittimità devono essere compensate perché le pronunce sopra richiamate sono intervenute successivamente alla proposizione del ricorso;
– che non sussistono la condizioni di cui all’art. 13 c. 1 quater dPR 115 del 2002.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità,
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