CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 26 luglio 2017, n. 18500
Tributi locali – Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU) – Accertamento – Parcheggio
Esposizione dei fatti di causa
1. La società M.I.C.C. s.p.a. impugnava l’avviso di accertamento notificato dal Comune di Castellanza relativo alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani per gli anni dal 2006 al 2010 sostenendo che la tassa non era dovuta in relazione all’area scoperta adibita a parcheggio del centro commerciale utilizzata per la sosta dei clienti e la manovra degli automezzi. La commissione tributaria provinciale di Varese rigettava il ricorso. Proposto appello da parte della contribuente, la commissione tributaria regionale della Lombardia lo accoglieva sul rilievo che non vi era prova alcuna che l’area scoperta di cui si discuteva fosse un’area operativa in via autonoma, essendo essa, invece, un’area accessoria a quella ove la società contribuente esercitava la sua attività di vendita dei prodotti; tale superficie, adibita a parcheggio per i clienti e ad area di manovra per i veicoli che trasportavano le merci, non era tassabile in quanto accessoria ad altra area già oggetto di tassazione.
2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione il Comune di Castellanza affidato a tre motivi.
Resiste la contribuente con controricorso illustrato con memoria.
3. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, numero 3, cod. proc. civ., in relazione all’articolo 62, commi 1 e 2, del decreto, legislativo 507/93. Sostiene che la tassa è dovuta per l’occupazione o la detenzione di locali ed I aree scoperte a qualsiasi uso adibiti, ad esclusione delle sole aree scoperte pertinenziali o accessorie di civili abitazioni diverse dalle aree verdi. Conseguentemente doveva ritenersi assoggettato a tassazione lo spazio pertinenziale dell’esercizio commerciale coperto da apposita tettoia adibito a parcheggio del supermercato e ad area per la movimentazione dei veicoli che trasportavano le merci in arrivo.
4. Con il secondo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, numero 3, cod. proc. civ., in relazione all’articolo 62, comma 2, del decreto legislativo 507/93. Sostiene che i giudici di appello sono incorsi nel dedotto vizio poiché, invertendo la regola sull’onere della prova, hanno affermato che doveva essere il Comune a provare l’idoneità di tali aree a produrre rifiuti ed hanno ritenuto, in particolare, che non vi era prova che l’area scoperta di cui si discuteva fosse un’area operativa in via autonoma laddove, invece, avrebbero dovuto ritenere che l’onere della prova della non idoneità delle aree a produrre rifiuti è posto in capo al detentore che deve presentare apposita dichiarazione o idonea documentazione.
5. Con il terzo motivo deduce inadeguatezza della motivazione, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, numero 5, cod. proc. civ., poiché, nonostante la vicenda vertesse sulla natura accessoria dell’area di parcheggio e sulla sua attitudine a produrre rifiuti, i giudici d’appello hanno liquidato la questione affermando apoditticamente che si trattava di area accessoria perché adibita a parcheggio senza motivare sull’eccezione del mancato assolvimento dell’onere della prova, che incombeva sul contribuente, in ordine alla non attitudine a produrre rifiuti.
Esposizione delle ragioni della decisione
1. Osserva la Corte che i motivi di ricorso debbono essere esaminati congiuntamente in quanto sottendono la medesima questione giuridica. Essi sono fondati. La Corte di legittimità ha già affermato il principio secondo cui, in tema di Tarsu, il D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 62, comma 1, prevede che l’imposta è dovuta per la disponibilità dell’area produttrice di rifiuti e, dunque, unicamente per il fatto di occupare o detenere locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti, ad eccezione di quelle pertinenziali o accessorie ad abitazione, mentre le deroghe indicate dal comma 2 della norma e le riduzioni delle tariffe stabilite dal successivo art. 66 non operano in via automatica in base alla mera sussistenza delle previste situazioni di fatto, dovendo il contribuente dedurre e provare i relativi presupposti (Cass. n. 18054 del 14/09/2016).
L’art. 62, comma 2, citato, nell’escludere dall’assoggettamento al tributo i locali e le aree che non possono produrre rifiuti – fra l’altro – “per il particolare uso cui sono stabilmente destinati”, chiaramente esige che sia provata dal contribuente non solo la stabile destinazione dell’area ad un determinato uso (quale, nel caso di specie, il parcheggio), ma anche la circostanza che tale uso non comporta produzione di rifiuti. Ne deriva che la società contribuente è tenuta a pagare la tassa per i parcheggi in quanto essi sono aree frequentate da persone e quindi produttive di rifiuti in via presuntiva, rimanendo a suo carico l’onere di provare con apposita denuncia ed idonea documentazione la sussistenza dei presupposti per l’esenzione (Cass. n. 5047 del 13/03/2015).
Nel caso che occupa la società contribuente ha ritenuto che l’area fosse esente dal pagamento della tassa per il solo fatto che essa costituiva pertinenza di area coperta assoggettata alla tassa stessa e non ha neppure dedotto di aver presentato la denuncia relativa alla sussistenza dei presupposti per l’esenzione.
2. Il ricorso va, dunque, accolto e l’impugnata sentenza cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, a norma dell’art. 384, comma 2, cod. proc. civ., e il ricorso originario della contribuente va rigettato. Le spese dell’intero giudizio si compensano in considerazione del consolidarsi del principio giurisprudenziale sul punto controverso in epoca successiva alla proposizione del ricorso per cassazione.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza d’appello e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario della contribuente. Compensa le spese dell’intero giudizio.
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