La Corte di Cassazione con la sentenza 19219 depositata il 2 agosto 2017 intervenendo in tema di determinazione del reddito d’impresa delle sopravvenienze ha statuito che la normativa sulle sopravvenienze attive contenuta nell’art. 55 del TUIR stabilisce la tassazione della «sopravvenuta insussistenza di passività iscritte in precedenti esercizi», precisando che la locuzione «sopravvenuta» è da attribuirsi solo a quei casi in cui la posizione debitoria debba ritenersi cessata, risulta quindi irrilevante, ai fini della tassazione, la fittizietà della passività iscritte, poiché la sopravvenienza attiva si realizza solo con il venir meno di una passività effettivamente esistente.
La vicenda ha riguardato una srl aveva dedotto i canoni di leasing e le spese condominiali afferenti ad immobili non utilizzati in proprio, ma concessi in uso o locazione ad altre società del gruppo. A seguito di verifica veniva emesso e notificato, alla società, un avviso di accertamento che recuperava a tassazione alcuni costi non considerati inerenti dal Fisco. Per la società contribuente tali costi dovevano considerarsi comunque deducibili, in quanto relativi ad immobili da considerare strumentali in base alla classificazione catastale.
La società contribuente, avverso tale atto impositivo proponeva ricorso in Commissione Tributaria Provinciale. I giudici di primo grado respinsero le doglianze della ricorrente. Avverso la decisione di primo grado, la società propose appello innanzi alla Commissione Tributaria Regionale. I giudici di appello confermarono la sentenza impugnata.
La contribuente impugnava la sentenza della CTR con ricorso in cassazione fondato su nove motivi.
Gli Ermellini respingono, ritenendoli infondati, tutti i motivi tranne il secondo ed il quarto. Con la seconda doglianza la ricorrente si duoleva della violazione degli artt. 55 e 88 TUIR, per avere la C.T.R. male interpretato la nozione di sopravvenienza attiva (art. 88 TUIR), avendo accertato che la passività era fittizia, per cui rileva solo al momento della sua eliminazione da parte della contribuente (ex art. 55 TUIR). Mentre con il quarto motivo veniva eccepita il principio di inerenza “sulla spesa sostenuta dalla ricorrente per la locazione di un salottino nello stadio Meazza di Milano, secondo la C.T.R. volto a un servizio di ospitalità in occasione di partite di calcio, trattandosi invece di spesa inerente, non estranea agli scopi statutari della società ricorrente, data la finalità di ricevere clienti interessati alla pubblicità radiofonica, quindi avente finalità di promozione pubblicitaria, e non essendovi su tale fatto decisivo alcuna motivazione.”
In merito alla doglianza sul sopravvenienza , i giudici di legittimità, puntualizzano che ” L’art. 55 TUIR qualifica sopravvenienza attiva da iscrivere in bilancio anche “la sopravvenuta insussistenza … di passività iscritte in precedenti esercizi”. L’insussistenza delle passività è stata intesa come “sopravvenuta” in tutti i casi in cui, per qualsiasi ragione, la posizione debitoria, già annotata come tale, debba ritenersi cessata e assuma quindi nel bilancio una connotazione attiva, come liberazione di riserve, con il conseguente assoggettamento a imposizione, con riferimento all’esercizio in cui tale posta attiva emerge in bilancio ed acquista certezza (cfr. Cass. n. 20543 del 2006; n. 12436 del 2011).
Non rientra in tale concetto (di sopravvenuta insussistenza di passività) la passività fittizia, cioè inesistente, come accertato nella sentenza impugnata, che non può pertanto equipararsi alle altre passività iscritte nei precedenti esercizi, non fittizie ma esistenti al momento della loro iscrizione, e poi venute meno per fatti sopravvenuti. Ciò in quanto la sopravvenienza attiva si realizza venendo meno successivamente una passività effettivamente esistente, mentre nel caso di specie si tratta di una passività fittizia, che rileva, ai sensi dell’art. 55 TUIR, al momento della sua eliminazione per decisione discrezionale della contribuente.”
Per quanto concerne la strumentalità di un immobile esso implica l’inerenza del bene all’attività esercitata e non può essere ricavata dalla mera categoria catastale di appartenenza. I giudici del palazzaccio, nella sentenza in commento, hanno confermato, in merito alla strumentalità del bene, il principio secondo cui “in tema di imposte sui redditi, il riconoscimento del carattere strumentale di un immobile, ai sensi dell’art. 40, secondo comma, secondo periodo, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, presuppone la prova della funzione strumentale del bene non in senso oggettivo, ma in rapporto all’attività dell’azienda, non contemplando tale disposizione una categoria di beni la cui strumentalità è “in re ipsa”, e potendosi prescindere (ai fini dell’accertamento della strumentalità) dall’utilizzo diretto del bene da parte dell’azienda soltanto nel caso in cui risulti provata l’insuscettibilità (senza radicali trasformazioni) di una destinazione del bene diversa da quella accertata in relazione all’attività aziendale (Cass. n. 4306 del 2015; n. 16788 del 2016).”
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