CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 04 ottobre 2013, n. 22692
Tributi – Credito d’imposta incremento occupazione – Errata indicazione codice tributo in F24 – Prova dell’effettivo diritto al beneficio fiscale – Mero errore materiale – Emendabilità – Sussiste
Svolgimento del processo
La (…) proponeva ricorso dinanzi alla CTP di Benevento avverso l’avviso di accertamento con il quale la locale Agenzia delle Entrate aveva proceduto al recupero del credito d’imposta, ritenuto indebitamente utilizzato dalla detta società per incremento dell’occupazione ex art. 4 L 23-12-1998 n. 448.
Sosteneva la società che in realtà aveva proceduto ad assunzione ex art. 4 L 449/97 a non ex art. 4 L 448/98, erroneamente indicando nel modello F24 il cod. 6705 (relativo all’assunzione ex art. 4 L 448/98) al posto del codice corretto (6700) previsto per f assunzione ex art. 4 L 449/97; esibiva atto il quale il Centro Imposte dirette ed indirette di Pescara aveva comunicato di avere accolto la richiesta di credito d’Imposta ex art. 4 L 449/97.
L’adita CTP accoglieva il ricorso, riconoscendo essersi trattato solo di errore materiale e che quindi la ricorrente aveva diritto al credito d’imposta.
La CTR accoglieva l’appello dell’Ufficio, sostenendo che l’indicazione nel mod. F24 di un codice errato doveva essere corretta compilando il mod. F24 con il cod. esatto (ravvedimento operoso); in mancanza non era possibile controllare l’utilizzo del credito vantato e l’effettiva sussistenza dello stesso; dal che la legittimità dell’operato recupero.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per Cassazione la società, affidato a due motivi; l’Agenzia non svolgeva attività difensiva
Motivi della decisione
Con II primo motivo la società, deducendo -ex art. 360 n. 3 e 5 cpc- violazione e falsa applicazione degli artt. 13, comma 1, d.lgs 472/1997, 4 L. 449/1997 e 10, comma 1, L. 212/2000, nonché omessa, Insufficiente e contradditoria motivazione su un punto decisiva della controversia, sosteneva: che il ravvedimento operoso, che la CTR aveva implicitamente posto a base della gravata sentenza, era invece precluso, in quanto era stata già contestata la violazione; che comunque essa società non era tenuta ad alcuna rettifica, potendo far valere in sede di accertamento la bontà della dichiarazione o del pagamento effettuato; che la società aveva dimostrato di avere diritto al credito d’imposta ex art. 4 L. 449/97, sicché non vi era dubbio che nella specie si era verificato un mero errore materiale.
Con il secondo motivo la società, deducendo -ex art. 360 n. 4 cpc- nullità della sentenza, rilevava che quest’ultima non conteneva l’esposizione dei fatti, sicché era impossibile l’individuazione delle motivazioni poste a base del dispositivo.
Siffatto motivo, da esaminarsi per primo per ragioni di ordine logico, é infondato.
Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la gravata sentenza contiene una concisa esposizione dello svolgimento del processo e dei fatti rilevanti della causa, e, attraverso gli stessi, é agevole individuare i tratti essenziali della lite e gli elementi di fatto considerati o presupposti nella decisione; di conseguenza, stante anche il principio della strumentalità della forma, per il quale la nullità non può essere mal dichiarata se l’atto ha raggiunto il suo scopo (art. 156, comma 3, cod. proc civ.), il motivo non può trovare accoglimento.
Il primo motivo è, invece, fondato.
Al riguardo va preliminarmente precisato che, come risulta dalla sentenza gravata, i fatti sono pacifici, sicché deve ritenersi che l’utilizzazione nel modello F24 di un codice (6705) al posto di un altro (6700) è stata dovuta ad un mero errore materiale del contribuente, riconosciuto come tale, in sede contenziosa, sia dall’Agenzia sia dallo stesso contribuente.
Ciò posto, va rilevato che li contribuente, anche in sede contenziosa, ben può emendare errori materiali e solo formali, in tal modo evitando la realizzazione di un prelievo fiscale indebito e più gravoso di quello previsto dalla legge, in contrasto con i principi costituzionali della capacita contributiva e della correttezza dell’azione amministrativa, che avrebbero dovuto indurre l’Ufficio a prendere atto dell’errore e annullare fatto impugnato (v., In senso conforme, sia pur in tema di ritrattabilità della dichiarazione redditi, Cass. 1926/2008; Cass. 2226/2011; Cass. 5852/2012).
In conclusione, pertanto, va accolto il ricorso e cassata l’Impugnata sentenza; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito e va accolto il ricorso introduttivo proposto dal contribuente.
In considerazione dell’evolversi della vicenda processuale, si ritiene sussistano giusti motivi per dichiarare compensate tra le patti le spese del giudizi di merito; le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo proposto dal contribuente; dichiara compensate tra le parti le spese dei giudizi di merito; condanna l’Agenzia al pagamento del compensi di lite relativi al presente giudizio di legittimità, che si liquidano In complessivi euro 2.200,00, di cui euro 200,00 per spese; oltre accessori di legge.
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