CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 09 ottobre 2013, n. 22933
Tributi – Imposte indirette – Iva – Rettifica – Nullità basata sul procedimento penale – Sussistenza
Svolgimento del processo
Con sentenza n. 113/7/07, depositata il 10.1.2007, la CTR della Liguria rigettava l’appello proposto dall’Ufficio avverso la sentenza della CTP di Genova che aveva annullato l’avviso d’accertamento, con cui erano stati imputati alla Società “Italconcert S.a.s. di C. G. C. e C” maggiori ricavi, ai fini ILOR ed IVA per l’anno 1996, a seguito di controlli effettuati sui conti bancari.
L’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza, con sei motivi. L’intimata resiste con controricorso, successivamente illustrato da memoria.
Motivi della decisione
1. Va, anzitutto, disattesa l’eccezione d’inammissibilità del ricorso, per difetto di jus postulandi. Questa Corte (cfr. Cass. SS.UU. 23020/05, Cass. n. 11227/2007, n. 3427/2010) ha, già, affermato che, in caso di patrocinio facoltativo e non i obbligatorio dell’Avvocatura dello Stato -ipotesi qui ricorrente per effetto del richiamo all’art. 43 del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, contenuto nell’art. 72 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300-, non è necessario il rilascio in favore dell’Avvocatura dello Stato di una specifica procura riferita al singolo giudizio, essendo, in tal caso, applicabile la disposizione dell’art. 1, comma 2 del R.D. cit, secondo cui gli avvocati dello Stato esercitano le loro funzioni innanzi a tutte le giurisdizioni ed in qualunque sede e non hanno bisogno di mandato.
2. Occorre rilevare che, in seno alla memoria, la controricorrente, richiamando la sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 14815/2008, ha, tra l’altro, chiesto dichiararsi la nullità delle sentenze rese nei gradi di merito, per violazione del litisconsorzio necessario.
3. Premesso che, come riferisce la ricorrente e si desume dalla sentenza d’appello, gli atti impositivi impugnati sono costituiti: dall’avviso d’accertamento relativo ad ILOR (n. R4C2000125) e dalla rettifica relativa ad IVA (n. 800910/2001), entrambi per l’anno 1996, la statuizione invocata va emessa limitatamente al giudizio relativo alle imposte dirette, che avrebbe dovuto svolgersi con la necessaria partecipazione dei soci, in applicazione del principio espresso nella citata sentenza n. 14815/2008, secondo cui “In materia tributaria, l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui all’art. 5 d.P.R. 22/12/1986 n. 917 e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci -salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali-, sicché tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario. Conseguentemente, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 14 d.lgs. 546/92 (salva la possibilità di riunione ai sensi del successivo art. 29) ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti Ì litisconsorzi necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche dì ufficio”. 4. La ritenuta nullità delle intere fasi di merito, svoltesi senza la presenza di tutti i litisconsorti (Società ed intera compagine sociale), in violazione dell’art. 14 del DL.gs. n. 546 del 1992, travolge sia la sentenza impugnata che quella di primo grado, con rinvio alla CTP affinché provveda a decidere la controversia sulle imposte dirette, previa integrazione del contraddittorio.
5. Tale statuizione non va estesa, tuttavia, alla causa relativa all’IVA societaria e relativi accessori. Il Collegio ritiene, infatti, di dover dare continuità alla giurisprudenza (Cass, n. 12236 del 2010; n. 11240 del 2011; n. 16661 del 2011) secondo cui il litisconsorzio necessario tra società di persone e tutti i soci sussiste, solo, nei tributi imputati per trasparenza, mentre ove la lite concerna, come nella specie, anche l’IVA, la necessità del simultaneus processus va affermata nella residuale ipotesi, qui non ricorrente, in cui l’Agenzia abbia contestualmente proceduto, con unico atto, ad accertamenti ILOR ed IVA, e ciò in quanto: a) nell’ambito del contenzioso tributario l’inscindibilità di cause è riscontrabile quando, per effetto della norma tributaria o della stessa azione dall’Ufficio, l’atto impositivo impugnato in giudizio sia, appunto, unico e coinvolga, in una sola fattispecie costitutiva di obbligazione, una pluralità di rapporti e soggetti diversi; b) il giudicato in materia di tributi diretti non è, di norma, preclusivo delle questioni concernenti il diverso rapporto giuridico d’imposta in tema di IVA, anche se relativo alla stessa annualità e scaturente dalla medesima indagine di fatto (cfr, Cass. n. 25200 del 2009; n. 16661 del 2011 cit).
6. Passando all’esame del merito della causa sull’IVA, va rilevato che, col primo motivo, l’Agenzia deduce la violazione degli artt. 112 e 167 epe, 1 del d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, 1° co, n. 4 epe, per avere i giudici d’appello affermato che non tutti Ì conti verificati erano riconducibili alla contribuente, perché intestati a terzi, senza che tale questione fosse stata contestata ex adverso, né in sede di verifica né nel corso del giudizio.
7. Col secondo motivo, la ricorrente deduce la violazione degli artt. 32, co 1 n. 2, del dPR n. 600 del 1973 e 51, co 2, del dPR n. 633 del 1972 in relazione all’art 360, co 1, n. 3 c.p.c., formulando il seguente quesito di diritto: “dica codesta Suprema Corte se si pone in contrasto con la presunzione legale prevista dagli artt. 32, co 1 n. 2, del dPR n. 600 del 1973 e 51, co 2, n. 2 del dPR n. 633 del 1972 richiedere, al fine della validità dell’accertamento posto in essere dall’Amministrazione finanziaria fondato sui movimenti bancari, elementi ulteriori rispetto a quelli risultanti dalle analisi delle suddette movimentazioni”.
8. Col terzo ed il quarto motivo, si denuncia, ex art 360, 1° co n. 5 c.p.c., rispettivamente, che: a) nell’annullare gli atti impositivi, la CTR non aveva considerato i rilievi dell’Ufficio in ordine alle riprese afferenti ai ricavi accertati sui conti correnti diversi da quello intestato alla contribuente; b) la motivazione non esponeva, in modo sufficiente, le ragioni per le quali i movimenti bancari relativi ai conti intestati alla contribuente costituivano partite di giro necessarie per pagare i compensi degli artisti stranieri.
9. Col quinto motivo, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 25 del d.lgs. n. 74 del 2000, 12 della 1. n. 516 del 1982, 408 e 654 c.p.p. in relazione all’art. 360, 1° co, n. 3 c.p.c., chiedendo a questa Corte di affermare che viola le denunciate norme “la pronuncia del giudice tributario che annulla le pretese erariali ritenendo che la loro infondatezza sia confermata da un decreto di archiviazione a carico del legale rappresentante della società verificata nonostante che, peraltro, l’oggetto del procedimento penale sia solo parzialmente coincidente con quello della fattispecie tributaria”.
10. Col sesto motivo si denuncia vizio di motivazione, per avere la CTR affermato che l’infondatezza delle pretese erariali era confermata dal decreto di archiviazione emesso nei confronti del legale rappresentante della contribuente, senza esporre gli elementi del processo penale significativi al riguardo.
11. Occorre rilevare che la CTR è pervenuta al rigetto dell’appello, osservando che: a) non tutti i conti erano intestati alla Società; b) era provato che le maggiori entrate costituivano, per lo più, partite di giro necessarie par pagare gli artisti stranieri; c) il decreto di archiviazione del giudice penale del procedimento a carico del legale rappresentante della Società confermava tale conclusione.
12. Procedendo, perché logicamente prioritaria, alla valutazione congiunta dei motivi terzo e quarto, relativi alla proposizione sub b) del precedente punto 11, gli stessi sono inammissibili per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis. 13. In base a tale norma, la censura con cui si deduce il motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c., deve all’esito della sua illustrazione esser corredata dall’esposizione chiara e sintetica del fatto controverso, in relazione al quale la motivazione si assume rispettivamente, omessa, contraddittoria, o inidonea a giustificare la decisione (cri. Cass. n. 4556 del 2009) non essendo sufficiente che lo stesso sia rilevabile dal complesso della censura proposta (cfr, Cass. n 18946 del 2009, 24255 del 2011), 14. Nella specie, peraltro, a fronte di una motivazione congrua, ancorché succinta, la ricorrente si limita a censurare la valutazione del materiale probatorio effettuata dai giudici d’appello con affermazioni inammissibilmente tendenti ad una nuova valutazione delle prove e dei fatti.
15. I motivi primo e secondo restano, in conseguenza, assorbiti: la presunzione di cui all’art 51, co 2, del dPR n. 633 del 1972 (che qui rileva venendo in considerazione solo l’IVA) secondo cui i dati e gli elementi risultanti dai conti correnti bancari sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dal successivo art. 54, è, infatti, a carattere relativo ed ammette la prova contraria, a carico del contribuente, circa la non riferibilità ad operazioni imponibili dei singoli movimenti bancari; prova che la CTR ha ritenuto raggiunta relativamente a tutti i conti verificati -intestati o meno che fossero alla contribuente- con accertamento di fatto inammissibilmente censurato, secondo quanto si è esposto ai punti 12-14.
16. Il quinto motivo è infondato. Le risultanze di un procedimento penale possono esser valutate dal giudice tributario, che può legittimamente porle a base del proprio convincimento, pure se questo processo è destinato a concludersi con una pronuncia non opponibile alle parti del giudizio civile, semprechè le sottoponga ad un’autonoma valutazione (cfr., da ultimo, Cass. n. 6918 del 2013).
17. Tanto si è verificato nella specie, essendosi la CTR limitata a trarre dall’emissione del decreto di archiviazione elementi di conforto della tesi cui era pervenuta, senza ritenersene vincolata né riconoscere a tale atto gli effetti della cosa giudicata, come pare sostenere la ricorrente, con censura che, peraltro, non sembra cogliere la ratio decidendi dell’impugnata sentenza.
18. Il vizio motivazionale dedotto col sesto motivo è inammissibile, perché privo del ed. quesito di fatto. In relazione ad esso valgono le argomentazioni esposte ai punti 12-14.
19. In relazione al tempo in cui si è formata la giurisprudenza, le spese del giudizio vanno interamente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso relativo all’IVA, e, decidendo sul ricorso relativo alle imposte dirette, dichiara la nullità dei giudizi di merito, cassa sul punto le sentenze di entrambi i gradi e rinvia le parti ad altra sezione della CTP di Genova. Compensa le spese dell’intero giudizio.
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