CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 11 ottobre 2013, n. 23114
IRAP – Facchini – Organizzazione in cooperative – Prelievo fiscale – Sussiste
Svolgimento del processo
La C.F.D. di Firenze proponeva ricorso dinanzi alla CTP di Firenze avverso la cartella, emessa ex art. 36 bis dpr 600/73, con la quale veniva richiesto il pagamento dell’IRAP per l’anno 2000; a sostegno del ricorso deduceva di non svolgere un’attività autonoma, in quanto i C. erano entrati a far parte dell’organizzazione amministrativa delle Dogane, con la quale si era venuto pertanto a configurare un rapporto di lavoro di tipo subordinato ed a tempo indeterminato; di conseguenza, non poteva ritenersi sussistente il presupposto dell’IRAP, e cioè “l’esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla produzione di servizi”.
L’adita CTP accoglieva il ricorso.
Con sentenza depositata il 10-11-2005 la CTR Toscana rigettava l’appello dell’Ufficio; in particolare la CTR asseriva l’Irrilevanza, ai fini di causa, della natura giuridica del rapporto di lavoro, e rilevava che nella specie non sussistevano gli elementi in base ai quali individuare un’attività autonomamente organizzata; ciò principalmente in quanto l’attività dei “Facchini della Carovana” era caratterizzata da una serie di poteri e di vincoli e dalla modesta entità dei beni strumentali utilizzati nell’espletamento dell’attività.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per Cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidato ad un motivo; resisteva P.F., in proprio e nella qualità di console della “C.F.D. di Firenze”.
Motivi della decisione
Contrariamente a quanto sostenuto dal resistente nel controricorso, va preliminarmente affermata l’ammissibilità del ricorso proposto dall’Agenzia, atteso che la sentenza gravata è stata depositata il 10-11-2005 e che il detto ricorso è stato Inviato alle notifiche il 27-12-2006 (v. cronologico in atti), e quindi entro la data di scadenza del termine annuale (ivi incluso il calcolo della sospensione) per l’impugnazione di cui all’art. 327 cpc, ratione temporis applicabile.
Venendo, quindi, al merito, con l’unico motivo l’Agenzia, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt 3, comma 144 L 662/96, 2,3,8,27 e 36 d.lgs 446/1997 e del R.D. 2046/1864 e del Regolamento del 27-2-1930, approvato il 7-3-1930, nonché omessa, contradditoria ed insufficiente motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia, contestava innanzitutto l’asserita irrilevanza della natura giuridica del rapporto di lavoro tra la Carovana e l’Agenzia delle Dogane, e sosteneva, al riguardo, (come affermato anche dal Tribunale di Firenze nella sentenza 1641/03 del 30-12-2003) la natura autonoma del detto rapporto, con conseguente conferma della legittimità dell’atto impositivo; siffatta autonomia era evidenziata anche dalla gestione tipicamente imprenditoriale.
dell’Ente, nettamente distinta da quella del soggetto pubblico Amministrazione Doganale, risultante dalla “prima nota cassa della Carovana”, basata su di un’attività del tutto autonoma (v., in particolare, ancoraggio del compenso corrisposto dagli spedizionieri alla quantità della merce movimentata); in proposito evidenziava anche la contradditorietà della statuizione impugnata, in quanto la stessa, pur prendendo atto della sentenza del Tribunale di Firenze, sez. lavoro (che aveva escluso la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato), prescindeva poi dalle considerazioni sulla natura del rapporto ed arrivava ad una conclusione (mancanza di autonomia rispetto all’Amministrazione Doganale) che non poteva che implicare la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato; contestava, inoltre, che i poteri direttivi sopra riportati potessero dimostrare l’inserimento dei C. nell’organizzazione delle Dogane, atteso che siffatti poteri erano riconosciuti all’Amministrazione non in quanto datore di lavoro ma in quanto soggetto istituzionalmente preposto a svolgere la funzione pubblica.
Il motivo è fondato.
Va innanzitutto ribadito che, per costante e condiviso principio di questa Corte, “In tema di IRAP, presupposto per l’applicazione dell’imposta, secondo la previsione dell’art. 2 del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, è l’esercizio abituale dì un’attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi, che ricorre qualora il contribuente sia il responsabile dell’organizzazione ed impieghi beni strumentali, eccedenti per quantità o valore, il minimo generalmente ritenuto indispensabile per l’esercizio della professione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui” (Cass. 26161/2011).
Questione principale della presente causa è, pertanto, accertare se la “C.F.D. di Firenze” eserciti la sua attività con la predetta autonomia organizzativa, o se, invece, in virtù dell’inserimento nell’organizzazione della Dogana e dell’assoggettamento ai poteri di quest’ultima, sia priva di siffatta autonomia.
Al riguardo va premesso che, come chiarito da precedenti statuizioni di questa Corte (v. Cass. 14084/2010 e Cass. 2816/97), la legge 3 maggio 1955 n.407, riferita esplicitamente alle carovane di facchini, è intervenuta al fine di porre rimedio agli inconvenienti derivati dalla mancanza di qualsiasi disciplina nel lavoro dei facchini e, in particolare dalla indiscriminata e incontrollata partecipazione di lavoratori disoccupati alle operazioni di facchinaggio, con conseguente inevitabile insorgere di conflitti tra lavoratori professionalmente addetti al settore e lavoratori meramente occasionali; a tal fine la legge ha appunto regolato il lavoro dei “facchini liberi esercenti”, prescrivendo per loro l’iscrizione di cui all’art. 121 del tu. delle leggi P.S. 18 giugno 1931 n. 773, e prevedendo (art. 6) che i facchini potessero associarsi in cooperative o nelle cosiddette carovane o in altro tipo di associazione, sempre che i soci soddisfacessero – anche singolarmente – le condizioni poste dalla legge per l’esercizio di questa attività; siffatti “organismi” si impegnavano a proprio rischio al compimento del servizio per conto del committente, fornendo la mano d’opera, riscuotendo il compenso, retribuendo i singoli facchini e provvedendo a pagare per essi i contributi previdenziali; la “Carovana”, in particolare, perseguiva il fine mutualistico della ripartizione del lavoro tra i facchini soci.
Siffatto quadro legislativo (v. in particolare il rapporto diretto tra Carovana e committenti) in uno con la gestione imprenditoriale della Carovana distinta da quella del soggetto pubblico (v, “prima nota cassa” della Carovana – pag. 10 ricorso, non contestata) induce a ritenere sussistente l’autonomia organizzativa ed imprenditoriale della Carovana (a disposizione della quale vi sono peraltro anche beni ammortizzabili, sia pure di scarso rilievo – v. sentenza impugnata), sicché, come sostenuto dal ricorrente, i limiti ed i controlli posti dalla gravata sentenza a base del convincimento della insussistenza di detta autonomia organizzativa (v. in particolare, i vincoli previsti dal Regolamento generale: R.D. 4-12-1864 n. 2046, emanato in applicazione dell’art. 4 L. 1797 del 1864, come modificato dall’Intendenza di Finanza di Firenze in data 7-3-1930) non sono ricollegabili ad una posizione dell’Amministrazione quale datrice di lavoro in un rapporto di lavoro subordinato (o, comunque, espressione di un potere di dominio esercitato dall’Amministrazione sui fattori produttivi), né appaiono di grado tale da incidere sulla sussistenza dell’autonomia organizzativa in questione, e sono invece da considerare ordinaria manifestazione della funzione pubblica di vigilanza (necessaria quando soggetti economici privati intervengono in attività dotate di rilevanza pubblica).
In conclusione, pertanto, in accoglimento del ricorso, va cassata l’impugnata sentenza, che non ha fatto corretto uso dei principi di cui sopra, e, non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa va decisa nel merito ex art 384 cpc, con il rigetto del ricorso introduttivo.
In considerazione dell’evolversi della vicenda processuale, si ritengono sussistere giusti motivi per dichiarare compensate tra le parti le spese del giudizio di merito.
Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo; dichiara compensate tra le parti le spese del giudizio di merito; condanna F. F., in proprio e nella qualità di console della “C.F.D. di Firenze”, al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi euro 2,200,00, oltre spese prenotate a debito.
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