La Corte di Cassazione sez. lavoro con la sentenza n. 23238 depositata il 14 ottobre 2013 intervenendo in materia di licenziamento disciplinare ha statuito che la funzione propria del quesito di diritto, inteso come sintesi logico-giuridica della questione, è quella di far comprendere alla Corte di Cassazione, all’esito della sua semplice lettura, sia l’errore di diritto asseritamente compiuto dal Giudice di merito che la regola da applicare secondo la prospettazione del ricorrente.
La vicenda ha riguardato un dipendente che a seguito di una procedura disciplinare aperta per aver lasciato incustodito il detto furgone, con sportelli aperti e chiavi inserite nel cruscotto, così facilitandone il furto. Al termine di tale procedura veniva licenziato.
Il dipendente impugnava, inanzi al Tribunale in veste di giudice di lavoro, il licenziamento lamentando la illegittimità dello stesso per “la mancata affissione, in luogo accessibile a tutti, del codice disciplinare; ed inoltre per la violazione del principio di immediatezza per avere la datrice di lavoro comunicato il licenziamento dopo oltre 15 giorni dalla scadenza del termine assegnato al lavoratore per presentare le proprie controdeduzioni (art. 153 del c.c.n.l. per i dipendenti delle aziende del terziario del 1994); che il licenziamento era privo di giustificato motivo ed in ogni caso sproporzionato.”
Il Tribunale adito accoglieva la domanda, dichiarando illegittimo il licenziamento con le conseguenze di cui all’art. 18 L. n. 300\70 e riconoscendo dovuti al lavoratore €.6.631,25 per differenze retributive, mensilità aggiuntive e maneggio denaro; rigettava la riconvenzionale della società. Quest’ultima proponeva appello; resisteva A.M.D., succeduta all’O., proponendo appello incidentale. La Corte d’Appello in parziale accoglimento di entrambi i gravami, ribadiva l’illegittimità del licenziamento, limitando il risarcimento del danno a tre mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto; condannava la datrice di lavoro al pagamento dell’ulteriore somma di €.16.683,39 a titolo di lavoro straordinario, indennità sostitutiva del preavviso e t.f.r.
La società proponeva ricorso, basandolo su tre motivi di censura, alla Corte Suprema per la cassazione della sentenza dei giudici di merito.
Gli Ermellini rigettano il ricorso della società poiché i questi e con essi le motivazioni sono inammissibili. La Corte oltre a precisare la funzione del quesito di diritto ribadisce che “per costante giurisprudenza di questa S.C, in tema di licenziamento individuale per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo, ai sensi dell’art. 2119 c.c. o della L. n. 604 del 1966, art. 3, il giudizio di proporzionalità o adeguatezza della sanzione dell’illecito commesso – istituzionalmente rimesso al giudice di merito – si sostanzia nella valutazione della gravità del comportamento imputato al lavoratore in relazione a tutte le circostanze del caso, specie con riferimento alle particolari condizioni ed avvenimenti in cui è posto in essere, ai suoi modi, ai suoi effetti ed all’intensità dell’elemento psicologico dell’agente (ex plurimis, Cass. 26 gennaio 2011 n. 1789, Cass. 29 ottobre 2010 n. 22170, Cass. 29 marzo 2010 n. 7518, Cass. 22 giugno 2009 n. 14586).”
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