In caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo nella cui nozione rientra l’ipotesi di riassetti organizzativi attuati per la più economica gestione dell’azienda, purché non pretestuosi o meramente strumentali ad incrementi dei profitti, ma funzionali a fronteggiare situazioni sfavorevoli non contingenti, le quali influiscono in modo decisivo sulla normale attività produttiva ed impongano un effettiva necessità di riduzione dei costi – grava sull’imprenditore l’onore della prova tanto della effettività delle ragioni poste a fondamento del licenziamento, quanto della impossibilità del dipendente licenziato nell’ambito dell’organizzazione aziendale.
NARRAZIONE
La sentenza in esame prende spunto dal licenziamento di un lavoratore per giustificato motivo oggettivo, legato alla riorganizzazione del settore e alla redistribuzione dell’incarico di responsabilità vendite Italia, ricoperto dal medesimo, su altri impiegati per la necessità di ridurre i costi. Il lavoratore adiva il Tribunale del lavoro per sentir dichiarare del licenziamento intimatogli nel 2003 per giustificato motivo oggettivo, a suo avviso insussistente, e la condanna alla riassunzione e al risarcimento del danno legge n 300/ 1970 ex art. 18. Il giudice di primo grado rigettava la domanda del ricorrente.
La Cortedi Appello di Brescia, successivamente adita dal lavoratore con sentenza del 2007 riformava la sentenza di primo grado, dichiarando illegittimo il licenziamento alla data della reintegra, altresì interessi e rivalutazione.
La società ricorreva pertanto, per Cassazione lamentando in particolare che il lavoratore non avesse dimostrato e neppure allegato l’esistenza di posizioni lavorative scoperte che potessero essere attribuite allo stesso. Alla luce di cio’ la società formulava il seguente quesito di diritto: “ se in caso di mancata allegazione da parte di lavoratore di posizioni di lavoro scoperte allo stesso attribuibili, la società debba provare l’impossibilità di reimpiego dello stesso.
Se nel caso di mancata allegazione da parte del lavoratore circa posizioni di lavoro scoperte che avrebbe potuto ricoprire, l’onere della prova possa ritenersi assolto con la dimostrazione della soppressione delle mansioni assegnate e con la prova della mancata assunzione di altri lavoratori in sostituzione di quello licenziato.
Se il licenziamento per giustificato motivo oggettivo sia incompatibile con l’assunzione di altri lavoratori in posizioni diverse da quelle soppressa e con inquadramenti contrattuali diversi.”
La SupremaCorteha rigettato il ricorso della società, richiamando l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, secondo la quale: in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo_ nella cui nozione rientra l’ipotesi di riassetti organizzativi attuati per la piu’ economica gestione dell’azienda, purché non pretestuosi o meramente strumentali ad incrementi dei profitti, ma funzionali a fronteggiare situazioni sfavorevoli non contigenti, le quali influiscono in modo decisivo sulla normale attività produttiva ed impongono un effettiva necessità di riduzione dei costi- grava sull’imprenditore l’onore della prova tanto, della effetività delle ragioni poste a fondamento del licenziamento, quanto della impossibilità di impiego del dipendente licenziato nell’ambito dell’organizzazione aziendale(ex multis, Cass n 10527/1996;C ass n 13021/2001 Cass 7717/2003).
Tanto premesso. La SupremaCorteha rilevato che proprio con riguardo alla sussistenza delle ragioni oggettive poste a base del licenziamento in esame ed assolvimento del conseguente onere probatorio, gravante su datore di lavoro, la Corteterritoriale avesse esaminato le risultanze istruttorie e dopo averle complessivamente valutate fosse prevenuta alla conclusione della insussistenza delle ragioni obbiettive che avevano determinato la società a recedere dal rapporto con il lavoratore.
La SupremaCorteha poi osservato chela Corted’appello in proposito- ricordando, altresi’ come l’unico licenziamento fosse venuto a cadere su un lavoratore con cui si erano verificati attriti e di cui era stato contestato l’operato – aveva rilevato che nessun altro licenziamento risultava su un organico di 70 dipendenti, e che pur essendo stato smantellato come ufficio autonomo quello cui era addetto il lavoratore, fosse residuata una attività non irrilevante per cui non vi era stata la dismissione dell’interno settore.
Cosi argomentandola Cortedi merito aveva aderito all’orientamento giurisprudenziale consolidato secondo il quale nella nozione di giustificato motivo oggettivo di licenziamento è riconducibile anche l’ipotesi del riassetto organizzativo dell’azienda attuato al fine di una piu’ economica gestione di essa e deciso dall’imprenditore non semplicemente per un incremento del profitto, ma per far fronte a sfavorevoli situazioni, non meramente contigenti, influenti in modo decisivo sulla normale attività produttiva, imponendo un effettiva necessità di riduzione dei costi. Tale motivo oggettivo è rimesso alla valutazione del datore di lavoro, senza che il giudice possa sindacare la scelta dei criteri di gestione dell’impresa, atteso che tale scelta è espressione di libertà di iniziativa economica tutelata dallàrt. 41 Cost. mentre al giudice spetta il controllo della reale sussistenza del motivo addotto dall’imprenditore, con la conseguenza che non è sindacabile nei suoi profili di congruità ed opportunità la scelta imprenditoriale che abbia comportato la soppressione del settore lavorativo o del reparto o del posto cui era addetto il lavoratore licenziato, sempre che risulti l’effettività e la non presuntuosità del riassetto organizzativo operato, non essendo peraltro necessario, ai fini della configurabilità del giustificato motivo che vengono soppresse tutte le mansioni in precedenza attribuite al lavoratore licenziato, ben potendo le stesse essere solo diversamente ripartite ed attribuite( eùx mulits, Cass n 21286/2006).
Applicando i suddetti principi al caso di specie, secondola Cortedi cassazione poichéla Corted’appello aveva escluso, con motivazione non adeguatamente censurata sul punto, la sussistenza delle esigenze tecnico- economiche dedotte dal datore di lavoro e che la posizione lavorativa del lavoratore dovesse essere sacrificata per quelli ragioni era venuta meno la necessità dell’indicazione da parte del lavoratore dei posti in azienda ai quali potesse essere assegnato, prova che secondola Corte, logicamente deve essere data una volta verificata l’effettività delle ragioni giustificatrici della soppressione della posizione lavorativa occupata dal lavoratore licenziato.
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