CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 23 ottobre 2013, n. 24017
Tributi – Imposte dirette – Condono ex Legge n. 516/82 – Dichiarazione dei redditi presentata – Mancata indicazione degli elementi attivi e passivi per la determinazione del reddito imponibile – Configurazione di omessa dichiarazione – Esclusione
Svolgimento del processo
S.S. presentava dichiarazione redditi per il 1974 e, nel relativo quadro 740/E, escludeva per il detto anno l’esistenza di proventi e spese; al riguardo chiariva che per i films ai quali stava lavorando erano sì previsti compensi ma da erogarsi negli anni successivi al 1974, in quanto per gli stessi era stata concordata una retribuzione pari al 50% dei ricavi provenienti dalla distribuzione dei films, in data 31-12-1980 veniva notificato alla contribuente avviso di accertamento, con il quale veniva determinato in lire 920.000.000 il reddito complessivo netto assoggettabile all’Irpef per il 1974, con conseguente determinazione di Imposta.
La contribuente, avvalendosi del condono fiscale di cui alla L. 516/1982, rendeva la prevista dichiarazione integrativa facendo riferimento ad un imponibile di lire 552.000.000 (pari al 60% del reddito accertato), così come disposto dal comma 1 dell’art 16.
L’Ufficio delle II.DD. di Roma iscriveva tuttavia a ruolo un imponibile maggiore (lire 644.000.000, pari al 70% del reddito accertato) rispetto a quello come integrato dalla S. (lire 552.000.000); ciò in quanto sosteneva che la dichiarazione mod. 740 presentata dalla S. per il 1974, in quanto priva degli elementi attivi e passivi necessari alla determinazione dell’imponibile, doveva considerarsi omessa (al sensi dell’art. 1, comma 2, dpr 600/73); ne conseguiva che, ai fini del condono, doveva applicarsi il secondo comma dell’art. 16, e quindi la percentuale del 70% ivi prevista.
S.S. proponeva ricorso dinanzi alla Commissione di primo grado di Roma avverso avviso di mora (che la ricorrente sosteneva essere il primo atto notificatole) recante la detta iscrizione a ruolo, e chiedeva, quindi, lo sgravio della maggiore Imposta iscritta.
L’adita Commissione accoglieva il ricorso; al riguardo osservava che l’Ufficio era incorso in errore nella liquidazione del condono, in quanto, ritenendo che non fosse stata presentata la dichiarazione dei redditi per l’anno 1974, aveva effettuato un’iscrizione a ruolo in relazione al 70% del reddito accertato, anziché al 60% previsto dal comma 1 della L. 516/1982.
La Commissione di secondo grado confermava la decisione di primo grado.
Con sentenza 10540/2006, depositata il 21-12-2006, la Commissione Tributaria Centrale di Roma accoglieva il ricorso dell’Ufficio e riformava l’impugnata decisione; in particolare la CTC rilevava che la dichiarazione mod. 740 per l’anno 1974, presentata dalla ricorrente congiuntamente al marito P.C., era totalmente priva degli elementi attivi e passivi, e doveva quindi essere equiparata -ex art 1, comma 2, dpr 600/73- ad omessa dichiarazione; di conseguenza doveva ritenersi legittima la liquidazione del condono effettuata dall’Ufficio, in quanto, come previsto dall’art 16, comma 2, L. 516/1982, in caso di omessa dichiarazione (come appunto nel caso di spese), l’imponibile automaticamente definito doveva essere pari al 70% (e non 60%) del reddito accertato.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per Cassazione la contribuente affidato ad un motivo; resistevano l’Agenzia ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze con controricorso; la contribuente presentava anche memorie ex art. 378 cpc.
Motivi della decisione
Con unico motivo la ricorrente deduceva -ex art 360 n. 3 e 5- violazione e falsa applicazione degli artt. 1 dpr 600/73, 16 d.l. 429/82 (convertito in L. 516/82), 12 e 14 disp. sulla legge in generale, nonché omessa, insufficiente e contradditoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Al riguardo, in primo luogo, rilevava che la CTC, nell’adottare la decisione impugnata, si era limitata a riportare il contenuto delle norme denunciate e ad aderire alla tesi prospettata dall’Amministrazione, senza esplicitare il procedimento logico-giuridico posto a base della decisione, ed era quindi incorsa in un insanabile vizio della motivazione su un punto decisivo della controversia.
Sosteneva, altresì, che la CTC, con interpretazione non conforme alla lettera del citato art 16, aveva erroneamente equiparato l’ipotesi della omessa dichiarazione [prevista dal secondo comma) a quella (prevista dal primo comma) della dichiarazione regolarmente presentata nei termini anche se priva dei requisiti necessari; rilevava, inoltre, che la dichiarazione presentata dalla ricorrente per l’anno 1974 (nella quale quest’ultima aveva assunto di non avere percepito alcun reddito e di non avere quindi alcun attivo o passivo da dichiarare) non poteva comunque essere equiparata a dichiarazione omessa, in quanto, ai sensi dell’art 1 dpr 600/73, ciò che poteva essere considerato omesso non era l’adempimento fiscale (presentazione della dichiarazione nei termini di legge) bensì il singolo reddito di categoria (fondiario, di impresa, di lavoro autonomo), per la cui determinazione era necessaria l’indicazione di tutti gli elementi attivi e passivi (in caso contrario, cioè in caso di mancata indicazione, il reddito era considerato “non dichiarato”).
Il motivo è fondato.
Questione principale per cui è causa è stabilire se, nel caso in cui il contribuente (pur presentando la dichiarazione del redditi) abbia tuttavia escluso nel relativo quadro l’esistenza di proventi e spese, sia applicabile, ai fini del condono ex art 16 L. 516/82, il primo o il secondo comma della detta disposizione, con le differenti percentuali ivi previste.
Per una migliore comprensione della detta questione, appare opportuno riportare il testo delle su indicate norme, nella parte che rileva ai fini di causa.
art 16 L 516/1982: “Per i periodi d’imposta relativamente al quali anteriormente alla data di presentazione della dichiarazione integrativa è stato notificato accertamento in rettifica o d’ufficio, la controversia si estingue se la dichiarazione integrativa reca un imponibile non inferiore alla somma del sessanta per cento dell’imponibile accertato dall’ufficio e del quindici per cento dell’imponibile dichiarato dal contribuente. Se nella dichiarazione originarla, ancorché tardiva oltre il mese, non sono stati indicati redditi imponibili relativamente ad una o più imposte cui la dichiarazione si riferiva, la controversia si estingue se la dichiarazione integrativa reca imponibili non inferiori al 60 per cento di quello accertato dall’ufficio relativamente alle medesime imposte…
Le disposizioni del comma precedente non danno in nessun caso diritto alla riduzione dell’imposta ad un ammontare inferiore al venti per cento della differenza tra l’imposta corrispondente all’imponibile accertato e quella corrispondente all’imponibile dichiarato. Nei casi di omessa dichiarazione, la controversia sì estingue se la imposta risultante dalla dichiarazione integrativa non è inferiore a quella determinata riducendo l’imponibile accertato dall’ufficio di un importo pari al trenta per cento.
Art. 1 dpr 600/73, comma 2: “La dichiarazione è unica agli effetti dell’imposta sul reddito delle persone fisiche o sul reddito delle persone giuridiche e dell’imposta locale sui redditi e deve contenere l’indicazione degli elementi attivi e passivi necessari per la determinazione degli imponibili secondo le norme che disciplinano le imposte stesse. I redditi per i quali manca tale indicazione si considerano non dichiarati ai fini dell’accertamento e delle sanzioni”.
Orbene, rileva innanzitutto questa Corte che il primo ed il secondo comma dell’art. 16 vanno valutati unitariamente, in quanto entrambi stabiliscono le duplici condizioni necessarie per giungere alla definizione della controversia nel caso in cui sia Intervenuto un accertamento in rettifica o d’ufficio; in particolare:
– il primo comma fissa l’Importo minimo dell’imponibile da indicare nella dichiarazione integrativa; importo minimo diverso nell’ipotesi di imponibile originariamente dichiarato dal contribuente (importo che non deve essere inferiore alla somma del sessanta per cento dell’Imponibile accertato dall’ufficio e del quindici per cento dell’imponibile dichiarato dal contribuente) rispetto all’ipotesi in cui nella dichiarazione originaria non sono indicati redditi imponibili (importo non Inferiore al 60% dell’imponibile accertato dall’ufficio);
– il secondo comma pone ulteriori condizioni e fissa l’importo minimo dell’imposta conseguente a detto imponibile; ai sensi di tale disposizione. Invero, anche nel caso di dichiarazione integrativa che (in ordine all’imponibile) rispetti le condizioni previste dal primo comma, non si ha “in nessun caso” diritto alla definizione della controversia;
nell’ipotesi in cui vi sia stata dichiarazione originaria, se, calcolando l’imposta rispetto a tale imponibile originariamente dichiarato, l’imposta stessa si viene a ridurre ad un ammontare inferiore al 20% della differenza tra l’imposta corrispondente all’imponibile accertato e l’imposta corrispondente all’imponibile dichiarato (es. imponibile accertato 200; imposta 20; imponibile dichiarato 100; imposta 10; differenza tra imposte: 20 meno 10 uguale 10; 20% di 10 uguale 2; l’imposta deve essere superiore a 2); nell’ipotesi in cui non vi sia stata dichiarazione originaria, se l’imposta risultante dalla dichiarazione integrativa è inferiore a quella determinata riducendo l’imponibile accertato dall’Ufficio di un importo pari al 30% (es, imponibile accertato 200; ridotto del 30% uguale 140; corrispondente imposta 14; importo risultante dalla dichiarazione integrativa 100; corrispondente imposta 10; in tal caso la controversia potrà essere definita perchè 14 è maggiore di 10).
Ciò posto, appare evidente, dato anche il tenore letterale delle disposizioni su esaminate, che l’Ufficio ha illegittimamente applicato il secondo comma dell’art 16, e ciò sia perché, come detto, tale comma si riferisce al calcolo dell’importo dell’imposta e non alla determinazione dell’imponibile, sia perché il comma medesimo prevede l’ipotesi (non ricorrente nella specie) dell’omessa dichiarazione” dei redditi; correttamente, invece, il contribuente, che aveva presentato originariamente la dichiarazione dei redditi pur non indicando redditi imponibili, ha fatto riferimento, nel presentare ai fini del condono la dichiarazione integrativa, al primo comma dell’art. 16 (ed alla percentuale ivi indicata), atteso che quest’ultima norma prevede espressamente l’ipotesi (quale quella in questione) di presentazione della dichiarazione originarla nella quale “non sono stati indicati redditi imponibili relativamente ad una o più imposte cui la dichiarazione si riferiva”.
A conforto di tale soluzione, e (in particolare) della distinzione tra assoluta omessa presentazione della dichiarazione e mancata dichiarazione dì redditi imponibili nella presentata originaria dichiarazione, soccorre, tra l’altro, anche il tenore letterale del su riportato art. 1, comma 2 dpr 600/73; siffatta norma, invero, nel disciplinare il contenuto della dichiarazione dei redditi, prevede espressamente che la stessa debba contenere l’indicazione degli elementi attivi e passivi necessari per la determinazione degli imponibili…” e che “i redditi per i quali manca tale indicazione si considerano non dichiarati ai fini dell’accertamento e delle sanzioni”; in tal modo statuendo esplicitamente che, nell’ipotesi (cui può essere ricondotta quella in questione) in cui non sono indicati gli elementi attivi e passivi necessari per la determinazione degli imponibili, la dichiarazione si deve ritenere presentata e solo i singoli redditi (fondiario, di impresa, di lavoro autonomo), si devono considerare non dichiarati.
In conclusione, quindi, va accolto il ricorso della contribuente e, per l’effetto, va cassata la gravata sentenza; non essendo state sollevate altre eventuali questioni e non essendo, pertanto, necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito ex art. 384, comma 2, cpc, con l’accoglimento del ricorso introduttivo proposto dalla contribuente.
In considerazione delle contrastanti decisioni susseguitesi nei gradi di merito, si ritiene sussistano giusti motivi per dichiarare compensate tra le parti le spese di lite relative ai detti gradi.
Le spese ed i compensi di lite relativi al presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo proposto dalla contribuente; dichiara compensate tra le parti le spese del gradi di merito; condanna i resistenti al pagamento dei compensi di lite relativi al presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 7.000,00, oltre euro 200,00 per spese ed oltre accessori di legge.
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