La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza n. 25196 depositata il 8 novembre 2013 intervenendo in materia di retribuzione domenicale ha affermato che per i lavoratori per i quali il riposo settimanale viene spostato a giornata diversa dalla domenica, il diritto al compenso per la particolare penosità del lavoro domenicale (ancorché con differimento del riposo settimanale in un giorno diverso) può essere soddisfatto, oltre che con supplementi di paga o con specifiche indennità, con l’attribuzione di vantaggi e benefici economici contrattuali di diversa natura, atteso che la penosità del lavoro domenicale può anche essere eliminata o comunque ridotta mediante un sistema di riposi settimanali che, permettendone il recupero in forma continua e concentrata nel tempo, risulti suscettibile di reintegrare compiutamente le energie psicofisiche del lavoratore.
La vicenda ha riguardato un professore di orchestra dipendente di una fondazione il quale ricorreva al Tribunale, in veste di giudice del lavoro, a cui chiedeva che il riconoscimento di una maggiorazione retributiva pari a quella prevista per il lavoro straordinario per le prestazioni professionali eseguite di domenica. Sulla base del differente trattamento economico stabilito dal CCNL per tali lavoratori rispetto a quello previsto per gli impiegati, godendo del riposo settimanale nella giornata del lunedì. Il Tribunale adito rigettava la richiesta del dipendente.
Il lavoratore impugnava la decisione del giudice di prime cure ed adiva alla Corte d’appello. I giudici territoriali rigettavano ancora la domanda assumendo che la maggiore penosità del lavoro domenicale fosse compensata non solo dal riposo compensativo, ma anche da una più favorevole disciplina collettiva rispetto al trattamento economico e normativo riconosciuto agli altri lavoratori.
La Corte Territoriale, in particolare, rilevava che l’art. 64 del contratto di categoria prevedeva per gli impiegati un orario di lavoro di 39 ore settimanali e per i professori d’orchestra (anch’essi contrattualmente titolari di qualifica impiegatizia) il minore orario di 28 ore, con la prestazione di un orario di lavoro di sole tre ore domenicali, oltre che un trattamento tariffario minimo di gran lunga superiore a quello impiegatizio.
Il professore d’orchestra proponeva avverso la sentenza del giudice di merito ricorso alla Corte Suprema.
Gli Ermellini hanno osservato il collegio giudicante che il professore svolgeva la sua prestazione sulla base di sei giornate lavorative ricomprendenti la domenica con esclusione del lunedì, destinato al riposo settimanale.
Inoltre, i giudici di legittimità, evidenziano come sia la contrattazione collettiva che, in questi casi, deve prevedere un giusto equilibrio tra le esigenze di flessibilità della prestazione e il rispetto del diritto del lavoratore . I giudici del Palazzaccio nelle loro motivazioni hanno puntualizzato che il giudice di merito con motivazione di fatto congruamente articolata e incensurabile in sede di legittimità, ha deciso che la maggiore penosità del lavoro domenicale nel caso di specie è compensata — in osservanza della normativa delineata dal contratto collettivo applicato – non solo dal riposo compensativo, ma da una riduzione dell’orario di lavoro d’obbligo e da un più alto trattamento economico rispetto a quello del personale avente lo stesso livello contrattuale (quello impiegatizio) e tenuto alla normale turnazione settimanale della prestazione con riposo domenicale.
Sono quindi destituite di fondamento le obiezioni mosse dal ricorrente a proposito dell’incongruità del raffronto tra la sua posizione e quella del personale impiegatizio Quanto al raffronto, deve rilevarsi che il giudice di merito ha avvicinato le due posizioni contrattuali sul piano non della natura della prestazione, ma del trattamento riconosciuto nell’ambito del comune livello di inquadramento, allo scopo di identificare quali fos-sero i tratti distintivi dei benefici (non solo economici) riconosciuti ai professori di orchestra. Tale raffronto è stato, dunque, effettuato nella piena consapevolezza del diverso ruolo aziendale ricoperto dal ricorrente, allo scopo di effettuare quella valutazione di “normalità causale e ragionevolezza” richiesta dalla giurisprudenza.. Il ricorso è stato, pertanto, ritenuto infondato e quindi rigettato.
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