GIUDICE DI PACE – Ordinanza 17 giugno 2013
Straniero – Espulsione dal territorio dello Stato – Lesione di diritto fondamentale della persona – Irragionevolezza – Violazione del principio di conformazione alle norme di diritto internazionale – Lesione del principio di inviolabilità della libertà personale – Incidenza sul diritto di difesa – Violazione dei principi di buon andamento della pubblica amministrazione e del giusto processo – Lesione di obblighi internazionali derivanti dalla CEDU – Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, art. 13, comma 5-ter – Costituzione, artt. 2, 3, 10, 13, 24, 97, 111 e 117, primo comma, in relazione all’art. 5 della Convenzione europea dei diritti umani – Espulsione dal territorio dello Stato
Ha pronunciato la seguente ordinanza ai sensi dell’art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87, nell’ambito del procedimento in camera di consiglio (ai sensi degli artt. 737 e seguenti del c.p.c. e degli artt. 13 e 14 del d.lgs. n. 286/1998 e successive modificazioni) di convalida del provvedimento del Questore di Messina del 5/6/2013 e della richiesta di convalida della Questura di Roma del 7/6/2013 del trattenimento stesso, emesso ai sensi dell’art. 14 del d.lgs. n. 286/1998 (modificato dall’art. 13 c. 5 della legge n. 189/2002), presso il Centro di identificazione ed espulsione di Roma Ponte Galeria, della cittadina di paese terzo (extracomunitaria) Yu Feng Hua, nata in Cina Popolare il 9/10/1981, di nazionalità cinese. I) Descrizione della fattispecie.
Il giorno 5/06/2013 la cittadina di paese terzo Yu Feng Hua è stata espulsa dal Territorio nazionale con provvedimento del Prefetto di Messina del 5/06/2013, immediatamente esecutivo, ai sensi dell’art. 14 del d.lgs. n. 286/1998, (così come modificato dalla legge n. 189/2002 e successive modifiche; decreto-legge n. 241/04 convertito dal d.lgs. n. 271/04, decreto-legge 23/06/2011 n. 89 convertito in legge 2 agosto 2011 n. 129) e notificato alla cittadina di paese terzo il giorno 6/06/2013;
Il giorno 6/06/2013 la sig. ra Yu Feng Hua è stata trattenuta presso il Centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria in Roma, in seguito a provvedimento del Questore di Messina del 5/06/2013, di esecuzione del predetto provvedimento di espulsione del Prefetto di Messina del 5/06/2013, ed è stata depositata nella Cancelleria dell’Ufficio del Giudice di Pace di Roma il giorno 8/06/2013 la richiesta della Questura di Roma del giorno 7/06/13 di convalida del predetto provvedimento di trattenimento del 5/6/2013, ai sensi dell’art. 14 del decreto legislativo n. 286/1998 (così come modificato dall’art. 13 c. 5 della legge 30/7/2002 n. 189 e successive modifiche).
Nel corso dell’udienza di convalida, celebratasi il giorno 10 giugno 2013 in un locale del Centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria in Roma, il Giudice di Pace, sentite le parti, con ordinanza emessa all’esito dell’udienza di convalida, ha ritenuto di ufficio che dovesse essere sollevata la questione incidentale di legittimità costituzionale:
a) dell’art. 13 comma 5-ter del decreto legislativo n. 286/1998, come sostituito dal decreto-legge n. 241 del 2004 convertito nella legge n. 271/2004; e b) dei Centri di identificazione ed espulsione, come da ordinanza, sospendendo il procedimento in corso per la convalida del trattenimento della cittadina di paese terzo Yu Feng Hua presso il Centro di identificazione ed espulsione di Roma Ponte Galeria, per violazione al punto a) degli artt. 2, 3, 10, 13, 16, 23, 24, 25, 97, 111, 113 della Costituzione ed in relazione all’art. 5, della Convenzione europea dei diritti umani, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848; ed al punto b) degli artt. 2, 3, 10, 13, 16, 23, 24, 25, 97, 111, 113 della Costituzione ed in relazione all’art. 5 della Convenzione europea dei diritti umani, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848; In quanto rilevanti e non manifestamente infondate. Va premesso che 1) l’avvocato di fiducia dell’espulsa si è opposto alla convalida del trattenimento della predetta cittadina di paese terzo per l’inesistenza delle notifiche degli atti e per l’inutile decorso del termine di quarantotto ore per il deposito degli atti presso la Cancelleria del Giudice di Pace di Roma in quanto adottati in data 5/6/2013 e depositati in Cancelleria soltanto in data 8/6/2013, richiamando l’art. 14 c .3 del d.lgs. n. 286/98 laddove viene disposto il deposito entro 48 ore dall’adozione del provvedimento stesso e non 72 ore;
2) la Questura di Roma, rappresentata da un’assistente capo della Polizia di Stato ha chiesto, di contro, la convalida del predetto trattenimento ed ha fatto presente che era stato disposto il trattenimento della straniera presso il CIE di Ponte Galeria di Roma dal Questore di Messina, in base ai fax ed alle lettere depositati agli atti, in cui si specifica che il Ministero dell’interno, in data 6/6/2013, ha comunicato la disponibilità indicate dalle Questure ove sono ubicati i CIE eccependo la tempestività del deposito del provvedimento di trattenimento in data 6/06/2013 depositando n. 2 documenti in copia, su richiesta del giudice di pace: un fax del Ministero dell’interno Dipartimento della Pubblica Sicurezza Direzione Centrale dell’Immigrazione e della Polizia delle Frontiere del 6/06/2013 diretto alla Questura di Messina c.p.c. alla Questura di Roma, nel quale viene evidenziato che nel decreto di trattenimento deve essere specificato che il CIE di Roma – Ponte Galeria è quello più vicino con effettiva disponibilità di posti e che l’accompagnamento dovrà avvenire entro le ore 20,00 salvo diversi accordi tra le Questure (posto assegnato n. 1, sesso F Stato Cina Popolare);
e l’altro fax della Questura di Messina con la data 6 giugno 2013 avente ad oggetto l’accompagnamento della cittadina cinese Yu Feng Hua al Centro di identificazione ed espulsione di Roma Ponte Galeria nel quale viene riportato che, come disposto dal servizio immigrazione di Roma presso codesto Centro per la permanenza e la conseguente espulsione dal territorio nazionale, la persona indicata in oggetto, raggiunta dal provvedimento di espulsione emesso in data odierna dal Prefetto di Messina, si allegavano i documenti relativi al decreto di espulsione del Prefetto di Messina, in data odierna, al decreto di trattenimento al CIE emesso in data odierna dal Questore di Messina, al verbale di notifica del trattenimento presso il CIE e di esecuzione della misura, al verbale di notifica del decreto di espulsione, alla documentazione relativa ai decreti di espulsione emessi dal Prefetto di Catania in data 19/11/2012, al certificato medico, ai cartellini foto dattiloscopici a 4 fototessere alla copia della nota sul rintraccio.
L’avvocato di fiducia della cittadina di paese terzo, quindi, ha insistito perché non venisse convalidato il trattenimento per decorso del termine, in quanto erano decorse oltre 48 ore dal provvedimento del Questore di Messina del 5/6/2013 del trattenimento presso il CIE di Ponte Galeria di Roma per il deposito nella Cancelleria del Giudice di Pace di Roma, mentre la rappresentante della Questura di Roma ha insistito per la convalida della richiesta di trattenimento della stessa cittadina di paese terzo da parte della Questura di Roma, in quanto emessa in data 7/06/2013 doveva essere considerata dal Giudice di Pace tempestiva ed entro le 48 ore come previsto dal d.lgs. n. 286/1998.
Il Giudice di Pace, nel dubbio tra le due opposte richieste, sospendeva il procedimento in corso ritenendo che non fosse possibile decidere in base agli atti ed alla legislazione vigente se convalidare o meno il provvedimento di trattenimento della Questura di Messina del 5/6/2013, asseritamente notificato il 6/6/2013, oppure quello di richiesta di trattenimento della Questura di Roma emesso in data 7/06/2013, entrambi depositati l’8/06/2013 dalla Questura di Roma nella Cancelleria del Giudice di Pace di Roma, anche alla luce della situazione di fatto rappresentata dalla disamina degli atti e dalla non ragionevolezza delle norme citate di cui al d.lgs. n. 286/98, relative all’accertamento di quale fosse il Centro di identificazione ed espulsione più vicino, nonché di quale fosse il locale idoneo reso disponibile e fornito dalle questure al giudice di pace, al fine di assicurare la tempestività del procedimento di convalida di cui ai commi 4 e 5 dell’art. 13 ed all’art. 14 comma 1 indicato dall’art 13 comma 5-ter del d.lgs. n. 286/1998, così come modificato dalla successiva legislazione, essendovi violazione del principio predetto di ragionevolezza in base al quale le disposizioni normative contenute in atti aventi valore di legge devono essere adeguate o congruenti rispetto al fine perseguito dal legislatore,che in questo caso ha violato il predetto principio essendo stata riscontrata una contraddizione all’interno della predetta disposizione legislativa oppure tra essa ed il pubblico interesse perseguito, e la verifica della irragionevolezza della predetta legge comporta l’indagine sui presupposti di fatto, la valutazione della congruenza tra mezzi e fini, l’accertamento degli stessi fini, come si può constatare dagli stessi lavori preparatori della predetta legge. dalle circolari ministeriali esplicative e dai precedenti storici dell’istituto, in analogia con la normativa relativa all’ordinamento penitenziario.
II) Rilevanza della questione proposta.
Quanto alla rilevanza si osserva che:
a) le situazioni concrete relative alle convalide dei provvedimenti incidenti sulla libertà personale emanati dal Questore, che possono essere effettuate negli stessi locali della Questura, come quelli presenti nei centri di identificazione ed espulsione, dove il giudice di pace dovrebbe recarsi ed essere assistito da appartenenti alla Polizia di Stato, destano serie perplessità sulla interpretazione della normativa predetta della quale appare evidente la rilevanza che nel caso in specie è determinata dalla mancanza di ragionevolezza nel dover interpretare, di volta in volta, sulla base di norme indeterminate e sostanzialmente sub potere esecutivo, rappresentato dal Ministero dell’interno, che decide autonomamente quali siano i Centri di identificazione ed espulsione in tutto il territorio nazionale dove far trattenere cittadini di paesi terzi espulsi anche a centinaia e centinaia di chilometri di distanza per cui il sindacato del potere giurisdizionale viene compresso, non essendovi norme legislative che regolamentino la materia, se non la generica dizione dell’art. 13 comma 5-ter del d.lgs. n. 286/1998 nel quale vengono citate le questure e neppure il Ministero dell’interno ma non viene indicato quali siano le questure competenti quelle del trattenimento, oppure quelle della richiesta del trattenimento, oppure quelle dove sono situati i Centri di identificazione ed espulsione oppure, in definitiva, quelle decise dal Ministero dell’interno.
Ed il giudice di pace della convalida del trattenimento, poi, in base al d.lgs. n. 286/1998, viene di fatto scelto dal Ministero dell’interno scegliendolo in base alla competenza territoriale delle questure dove vengono forniti i locali per lo svolgimento dell’udienza, non essendo legislativamente determinato il giudice naturale come previsto dalla Costituzione all’art. 25, ed il giudice di pace dovrebbe recarsi, a discrezione del potere esecutivo, presso uno dei Centri di identificazione ed espulsione esistenti in tutto il territorio nazionale o presso le Questure, oppure presso gli Aeroporti, oppure presso altri luoghi per verificare l’osservanza dei termini, la sussistenza e legittimità del decreto di espulsione, la sussistenza e legittimità del provvedimento di trattenimento per la relativa tempestiva convalida nel rispetto dei termini, con la verifica di eventuali situazioni personali di stranieri trattenuti in possesso dei requisiti di cui all’art. 19 del d.lgs. n. 286/1998 (divieti di espulsione e di respingimento), in base ai quali in nessun caso può disporsi l’espulsione o il respingimento verso una Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione ed inoltre deve verificare che lo straniero non sia minore di diciotto anni, salvo il diritto a seguire il genitore o l’affidatario espulsi, che lo straniero non sia in possesso del permesso di soggiorno di lunga durata e che non sia convivente con parenti entro il secondo grado o con il coniuge di nazionalità italiana, e che la straniera non sia in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio cui provvedono (esteso quest’ultimo requisito anche al marito convivente della donna in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio in base alla sentenza della Corte costituzionale n. 376 del 7/7/2000) ed ove la pronuncia giudiziale giunga tardivamente, ovvero il giudice non convalidi il trattenimento, il provvedimento del questore perde ogni effetto, ed avendo i decreti di convalida e di proroga di trattenimento pieno contenuto decisorio, con natura sostanziale di sentenza, implicano una presenza del giudice, che deve imparzialmente decidere, e che, nel caso di svolgimento dell’udienza nei locali dei centri di identificazione ed espulsione, non può esaminare gli atti se non velocemente ed altrettanto velocemente decidere sulla libertà personale dei cittadini di paesi terzi.
L’irragionevolezza della predetta legge fa sì che sia affetta dal vizio dell’eccesso di potere legislativo e dovrebbe essere ritenuta costituzionalmente illegittima.
b) sussiste il dubbio sull’illegittimità costituzionale dell’art. 14 del d.lgs. n. 286/1998 laddove cita i Centri di identificazione ed espulsione «quelli individuati o costituiti con decreto del Ministero dell’interno, di concerto con i Ministri per la solidarietà sociale e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica».
Il rinvio ad una fonte secondaria (decreto ministeriale) è problematico: lo è sotto il profilo della fonte dei modi di detenzione e lo è anche dal punto di vista della determinazione per legge dei casi di trattenimento. Infatti, in relazione alla destinazione funzionale dei centri ad una o più delle ragioni sopra indicate, la legge non s’incarica di stabilire parametri di carattere generale ed orientativo della discrezionalità del Ministero dell’interno nell’individuare centri già esistenti come «strutture immobiliari» (evidentemente per altri fini) o costituirne di nuovi.
Sussiste il dubbio sull’incostituzionalità dell’istituto del trattenimento degli stranieri nei centri di identificazione ed espulsione in rapporto al diritto di libertà personale ed in rapporto al principio di eguaglianza e non discriminazione nel godimento dei diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione (art. 3, art. 10, art. 13 Cost.);
esiste anche il dubbio che le norme che regolano il trattenimento degli stranieri nei centri di identificazione ed espulsione rispettino le singole garanzie della libertà personale previste dall’art. 13 della Costituzione; ed è discutibile l’intrinseca ragionevolezza delle misure e la proporzionalità tra le stesse ed il fine perseguito essendo le misure del trattenimento incidenti sulla libertà personale (atto coercitivo con il quale le forze di polizia attuano o ripristinano un provvedimento di trattenimento nel centro di identificazione ed espulsione) disposto dal Questore sia nella stessa condizione giuridica in cui si trova lo straniero trattenuto.
La Costituzione prevede la possibilità della riserva di determinate materie o oggetti alla legge e ciò rappresenta un limite per il legislatore che non può consentire a fonti di rango secondario (i regolamenti dell’esecutivo) di intervenire nella disciplina di queste materie, se non in modo marginale, e deve regolare compiutamente gli oggetti in modo da limitare la discrezionalità delle autorità amministrative e giurisdizionali chiamate a concretizzare il dettato legislativo. Nel caso in esame i centri di identificazione ed espulsione dovrebbero essere interamente regolati dalla legge, e non lo sono attualmente, essendovi un caso di riserva di legge quello previsto dagli artt. 13, 14, 15, 25, 97 della Costituzione. La funzione della riserva di legge è essenzialmente garantista in materia di limitazione dei diritti fondamentali o dell’organizzazione dei pubblici uffici o di importanti organi e, secondo la Costituzione, è giusto che le decisioni vengano prese dall’organo più rappresentativo, il Parlamento, in cui trova spazio la dialettica democratica fra maggioranza ed opposizione.
Il testo unico dell’immigrazione non contiene nessuna prescrizione circa le modalità del trattenimento nei CIE, salva l’indicazione del tutto generica che deve trattarsi di modalità tali da assicurare assistenza e pieno rispetto della dignità; che «è assicurata in ogni caso la libertà di corrispondenza anche telefonica con l’esterno» (art. 14, co. 2) e che «ai fini della comunicazione allo straniero dei provvedimenti concernenti l’ingresso, il soggiorno e l’espulsione, gli atti sono tradotti, anche sinteticamente, in una lingua comprensibile al destinatario» o comunque in una delle lingue «veicolari» (art. 2, co. 6). Innanzi tutto si deve escludere che il riferimento alla traduzione degli «atti» sia rilevante o comunque sufficiente ai fini della definizione delle modalità di restrizione della libertà personale; così come si deve escludere la sufficienza della garanzia della libertà di corrispondenza (che è un aspetto, ma non si identifica con la libertà personale, della cui dimensione complessiva si interessa l’art. 13, co. 2, Cost.).
Ciò premesso, ci troviamo di fronte ad una sostanziale omissione di prescrizioni specifiche di rango legislativo sulle modalità con le quali è realizzata la restrizione della libertà personale disposta dall’art. 14 del testo unico dell’immigrazione. La legge 26 luglio 1975 n. 354 (ordinamento penitenziario) stabilisce le condizioni generali del trattamento penitenziario a partire dalla precondizioni essenziali: partendo dalle caratteristiche degli edifici, per continuare con il vestiario e corredo, l’igiene, l’alimentazione, il servizio sanitario, fino al regime ed all’organizzazione, fra cui le disposizioni in tema di visite agli istituti, e via dicendo. E, per tutto ciò che in ragione del grado di dettaglio non è contenuto nelle prescrizioni di legge, provvede l’apposito regolamento, approvato con d.P.R. (attualmente, n. 230/2000). Così, ad esempio, se la norma di legge prevede che i locali nei quali si svolge la vita di detenuti e internati devono essere di ampiezza sufficiente ed illuminati con luce naturale e artificiale (art. 6), quella regolamentare stabilisce i dettagli delle condizioni igieniche e di illuminazione (es., attivazione dell’illuminazione sia dall’interno, per i detenuti, sia dall’esterno, per il personale). Si tratta di prescrizioni le quali, sia per la legge sia per il regolamento, valgono in maniera indistinta per tutti gli istituti penitenziari di qualunque angolo del territorio nazionale.
Per i Centri di identificazione ed espulsione nulla di tutto questo.
Il Regolamento di attuazione del testo unico immigrazione. (artt. da 20 a 23 del d.P.R. 31.8.1999 n. 394) contiene alcune prescrizioni in materia di modalità di trattenimento e funzionamento dei Centri; ma è il caso di ricordare che il Regolamento non è una «legge» e come tale non può soddisfare la riserva dell’art. 13 della Costituzione, e – in secondo luogo – si tratta comunque di indicazioni insufficienti e problematiche.
Riferendosi al principio di riserva di legge, codesta Corte ha infatti chiarito che esso non può ovviamente tradursi nel riconoscimento di «una potestà illimitata del legislatore ordinario, rimanendo esso sempre sottoposto al controllo di questa Corte per la eventualità che, nel disporre limitazioni ai diritti di libertà, incorra in una qualsiasi violazione delle norme della Costituzione» (sentenza della Corte costituzionle n. 27/1959).
Dunque non v’è una legge, ma solo regolamenti; quanto alle concrete modalità di attuazione della misura essi rimandano a fonti ulteriormente subordinate.
Il principio di riserva di legge è radicalmente compromesso dalla disciplina legislativa del trattenimento nella parte in cui, oltre ai «casi», non disciplina i «modi» di incisione della libertà personale, diritto inviolabile di ogni uomo. La gestione dei Centri, per quanto sostanzialmente attiene al loro funzionamento in concreto, è disciplinata da un capitolato di appalto, approvato con decreto ministeriale del 21 novembre 2008 e non da una legge.
«In ottemperanza alle disposizioni contenute nella legge 241/2004, i locali per lo svolgimento delle udienze di convalida risultano essere a disposizione della Questura». In tal senso, il Ministero dell’interno ha recentemente proposto in un documento programmatico che, «in collaborazione con i locali uffici del Giudice di pace competente, all’interno di tutti i C.I.E. siano predisposte aule idonee per lo svolgimento delle udienze di convalida, evitando così alle Questure un sovraccarico di compiti per l’accompagnamento degli stranieri presso le aule giudiziarie ed evitare, quindi, un maggiore dispendio di risorse umane.».
Ed il Ministero dell’interno auspica che, in sede di concertazione con l’Amministrazione della Giustizia, si valuti la ricerca di soluzioni che contribuiscano al perseguimento degli scopi indicati. Non infrequenti risultano, secondo il Ministero dell’interno, gli episodi di sedizione e rivolta che si registrano all’interno dei Centri. Essi si manifestano in condotte violente e antisociali da parte di alcuni ospiti, che spesso sfociano in danneggiamenti severi delle strutture, con conseguente perdita di ricettività delle stesse o, a volte, necessità di chiusure temporanee per provvedere al ripristino a causa di reati commessi all’interno dei C.I.E., caratterizzati da condotta violenta, per poter attribuire ad autorità amministrative singole (il prefetto o il questore) o collegiali (costituite all’interno dei C.I.E., come, ad esempio, consigli di disciplina partecipati da prefetto e questore), il potere di intervenire in caso di episodi, attuali o potenziali, di insurrezione o di grave danneggiamento, disponendo, in via cautelativa, con provvedimento motivato, di carattere amministrativo, sottoposto al controllo di legittimità del giudice di pace, il trattenimento degli autori, per brevi periodi di tempo,in aree differenziate della struttura, quando, sulla base di riscontri oggettivi, il provvedimento stesso risulti ragionevolmente idoneo a prevenire il danneggiamento delle strutture e a garantire la sicurezza degli ospiti, ovvero a scongiurare la reiterazione degli atti compiuti.». «Al riguardo, va anche precisato che, poiché la totale assenza di attività all’interno dei Centri, che si sostanzia in un ozio forzato, comporta un aumento di aggressività e malessere e si traduce in un aumento di episodi di tensione tra immigrati trattenuti e forze dell’ordine, modalità di trattenimento distinte e una diversa suddivisione degli spazi permetterebbero agli ospiti di trascorrere il tempo in maniera costruttiva, con la possibilità di svolgere, in un contesto più armonico e gradevole, attività ricreative e sportive.
Nella medesima prospettiva potrà essere valorizzata, da parte degli enti gestori, l’attuazione di quanto previsto dalle specifiche tecniche di cui all’allegato 1D dello Schema di Capitolato per la gestione dei Centri di accoglienza, riguardanti i servizi generici alla persona soggiornante nei C.I.E., in particolare il punto 1 lettera d), ai sensi del quale l’associazione/cooperativa che si occupa della gestione del centro è tenuta a «organizzare attività di animazione socio culturale mediante la partecipazione attiva dei beneficiari, nonché quelle dedicate all’espletamento delle funzioni religiose. Ai fini dell’espletamento del servizio è necessario garantire uno spazio fisico adeguato come luogo di riferimento tenendo conto in particolare delle categorie vulnerabili». «Ciò va sottolineato a fronte di un diffuso disinteresse degli ospiti verso le proposte di attività per l’impiego del tempo, che si registra all’interno dei Centri; mentre, d’altro canto, non è infrequente la necessità per le forze dell’ordine di limitare l’utilizzo degli impianti sportivi all’aperto allo scopo di impedire assembramenti e tentativi di fuga. Affinché sia sempre garantito l’utilizzo di tali impianti, è pertanto auspicabile la predisposizione di un sistema di difese passive all’interno di ogni C.LE., in modo da scongiurare sul nascere i tentativi di fuga, attualmente assai frequenti.». Si riporta la sottostante tabella del Ministero dell’interno
Parte di provvedimento in formato grafico
III) Non manifesta infondatezza della questione.
Con riferimento alla non manifesta infondatezza questo giudice la ritiene sussistente in base alle considerazioni che seguono. Come già si è espresso il Consiglio Superiore della Magistratura nel parere del 21/10/2004, con il quale ha evidenziato che «viva preoccupazione suscita la norma cui al comma 5-ter dell’art. 13 T.U. introdotta dal decreto-legge in esame: tale no attribuisce impropriamente ad organi dell’amministrazione dell’interno e non al Ministero della giustizia (art. 110 Cost.) compiti di organizzazione dei servizi della giustizia ed appare idonea a condizionare l’esercizio della giurisdizione», pregiudicandone altresì l’immagine di imparzialità. Peraltro, di fronte ai diritti fondamentali di libertà posti in gioco, non può non assumere preminenza l’esigenza di assicurare tutte le garanzie ordinamentali e processuali a soggetti che, per la loro intrinseca condizione personale, costituiscono a tutti gli effetti soggetti deboli. E in questa ottica non può non mettersi in rilievo la necessità che al giudice di pace, chiamato ad occuparsi di detti procedimenti siano assicurati lo status e la professionalità adeguati ed un’organizzazione dell’ufficio in grado di assicurare certezza ed omogeneità degli indirizzi giurisprudenziali ed efficienza e celerità nella risposta giudiziaria.
Il decreto-legge 14 settembre 2004, n. 241, oltre a riscrivere l’art. 13, comma 5-bis (inserendo altresì un nuovo comma 5-ter) e l’art. 14, comma 4 T.U., ha trasferito al giudice di pace la competenza sui ricorsi avverso i provvedimenti di espulsione amministrativa e sulle convalide dell’accompagnamento coattivo alla frontiera e del trattenimento nei centri di permanenza temporanea ed assistenza, modificando conseguentemente l’art. 11 della legge 21 novembre 1991, n. 374 e succ. mod. in tema di indennità spettanti al giudice di pace.
Tale disposizione (art.13 comma 5-ter d.lgs. n. 286/1998) dovrebbe essere emendata riportando all’interno degli uffici del giudice di pace, o di locali ad esso riferibili, lo svolgimento delle udienze relative alle convalide dei giudici di pace dei trattenimenti, degli stranieri espulsi, presso i centri di identificazione ed espulsione, configurandosi in caso contrario una evidente lesione del diritto di difesa di cui all’art. 24 della Costituzione (il cui esercizio è riconosciuto anche allo straniero irregolarmente soggiornante in Italia – cfr. Corte costituzionale n. 198/2000) e del dovere di imparzialità e di parità davanti ad un giudice terzo (art. 111 della Costituzione). D’altra parte la previsione normativa di cui all’art. 13 comma 5-ter del d.lgs. n. 286/1998 non può non porre in dubbio il giudice sulla non manifesta infondata illegittimità costituzionale della stessa, che appare disattendere la norma dell’art. 97 della Costituzione, in base alla quale i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione,in quanto non garantisce in concreto, nei locali dei centri di identificazione ed espulsione predetti entrambi gli aspetti ordinamentali.
L’interpretazione, d’altra parte, della norma di cui all’art. 13 della Costituzione, secondo la quale la libertà personale è inviolabile e non è ammessa alcuna forma di detenzione, né qualsiasi restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge, non può sottovalutare la condizione dello stesso giudice di pace, per il quale, come riconosciuto dallo stesso Consiglio Superiore della Magistratura nel predetto parere del 21/10/2004, la scelta legislativa di attribuire la competenza predetta non è distonica rispetto ai principi affermati dalla Corte costituzionale, creando in capo ad uno dei giudici che esercitano la funzione giurisdizionale nell’ambito dell’ordinamento (il giudice di pace) una competenza specifica in materia di convalida dei provvedimenti di accompagnamento e di trattenimento, i quali, come già rilevato, sono strettamente collegati tra loro quanto a natura ed a funzione prevenzionale.
In particolare, sotto il profilo dell’individuazione dell’organo giurisdizionale competente nel giudice di pace, da coloro che sostengono questa prima impostazione si rileva che la legge 21 novembre 1991 n. 374, istitutiva del giudice di pace, non esclude che a tale magistrato possa essere affidata la competenza su provvedimenti che abbiano ricadute sulla libertà personale. La Corte costituzionale,d’altra parte, con la sentenza n. 223/2004 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 13, comma 5-bis, del T.U. n. 286/1998 (introdotto dall’art. 2 del decreto-legge 4 aprile 2002, n. 51, convertito, con modificazioni, nella legge 7 giugno 2002, n. 106), nella parte in cui non prevedeva che il giudizio di convalida del provvedimento di accompagnamento coattivo alla frontiera dello straniero irregolarmente soggiornante in Italia doveva svolgersi in contraddittorio prima dell’esecuzione del provvedimento stesso e con le garanzie della difesa. Il decreto legge interviene sulle norme degli artt. 13 e 14 del d.lgs. 25 luglio 1998 n. 286 che disciplinano rispettivamente la «espulsione amministrativa» e la «esecuzione dell’espulsione» dello straniero, le quali, prima dell’intervento della Corte costituzionale, si articolavano in provvedimenti (decreto di espulsione del prefetto, art. 13 comma 3, accompagnamento alla frontiera disposto dal questore, art. 13 comma 5, provvedimento di trattenimento in centro di permanenza temporaneo, art. 14, comma 1) assunti a seguito dell’espletamento di appositi procedimenti amministrativi. Può dunque affermarsi che il regime giuridico dell’accompagnamento alla frontiera, pur permanendone la fonte amministrativa, è oggi ricondotto nell’ambito della giurisdizione, interessando il provvedimento il bene della libertà personale dell’individuo, come tale sottoposto alle garanzie previste dall’art. 13 della Costituzione. L’accompagnamento, infatti, secondo l’impostazione già accolta dalla Corte costituzionale 10.4.2001 n. 105 (pronunziata a proposito della legittimità della norma che revede il trattenimento presso i centri di permanenza, ed espressamente richiamata dalla sentenza n. 222/04), «presenta quel carattere di immediata coercizione che qualifica, per costante giurisprudenza costituzionale, le restrizioni della libertà personale e che vale a differenziarle dalle misure incidenti solo sulla libertà di circolazione» e che non [può] «essere assunto dall’autorità di polizia come pienamente legittimo e ancora eseguibile quando il giudice ne abbia accertato l’illegittimità ponendo proprio tale accertamento a fondamento del diniego di convalida». Gli argomenti che precedono, confermando la rilevanza ai fini del decidere della questione proposta e la non manifesta infondatezza della stessa, inducono questo giudice a rimettere gli atti alla Corte costituzionale per le valutazioni di competenza non essendovi possibilità di dare al testo legislativo censurato un’interpretazione costituzionalmente orientata ed avendo esposto le ragioni che impediscono di pervenire ad un risultato idoneo a superare i dubbi di costituzionalità, essendo stati evidenziati inconvenienti di diritto, scaturenti dall’interpretazione delle norme censurate, che non sono estranei al controllo di costituzionalità.
P.Q.M.
Visto l’art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
Ritiene che ai fini del presente procedimento non appare manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale
a) dell’art. 13, comma 5-ter., d.lgs. n. 286/1998 (come sostituito dal d.l. 14 settembre 2004, n. 241 convertito con modificazioni nella legge 12 novembre 2004, n. 271) nella parte in cui prevede che «al fine di assicurare la tempestività del procedimento di convalida dei provvedimenti di cui ai commi 4 e 5 dell’art.13 e all’art.14 comma 1 le questure forniscono al giudice di pace, nei limiti delle risorse disponibili, il supporto occorrente e la disponibilità di un locale idoneo» per contrasto con gli articoli 2, 3, 10, 13, 24, 97, 111, e 117 della Costituzione in relazione all’art. 5 della Convenzione europea dei diritti umani, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848;
b) dell’art.14 del decreto legislativo n. 286/1998, e della legge 6 marzo 1998 n. 40 art. 12 (quando non è possibile eseguire con immediatezza l’espulsione mediante accompagnamento alla frontiera, ovvero il respingimento, perché occorre procedere al soccorso dello straniero, ad accertamenti supplementari in ordine alla sua identità o nazionalità, ovvero all’acquisizione di documenti per il viaggio, ovvero per l’indisponibilità di vettore o altro mezzo di trasporto idoneo, il questore dispone che lo straniero sia trattenuto per il tempo strettamente necessario presso il centro di permanenza temporanea e assistenza più vicino, tra quelli individuati o costituiti con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con i Ministri per la solidarietà sociale e del Tesoro), in riferimento ai Centri di identificazione ed espulsione perché non istituiti né regolamentati con legge, violando il principio della riserva di legge nell’organizzazione dei pubblici uffici per contrasto con gli articoli 2, 3, 10, 13, 24, 97, 111, e 117 della Costituzione, in relazione all’art. 5, della Convenzione europea dei diritti umani, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848;
Secondo quanto esposto nella motivazione;
Ritiene che la stessa sia rilevante ai fini del decidere;
Sospende il procedimento in corso per la convalida del trattenimento nei confronti di Yu Feng Hua nata in Cina di nazionalità cinese (R.G. 41422/13);
Ordina l’immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
Ordina altresì che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti nonché al Presidente del Consiglio dei Ministri;
Ordina che la stessa venga comunicata ai Presidenti della Camera
dei Deputati e del Senato della Repubblica;
—
Provvedimento pubblicato nella G.U. 13 novembre 2013, n. 46
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