Corte di Cassazione sentenza n. 32428 del 13 agosto 2012
SICUREZZA SUL LAVORO – INFORTUNIO SUL LAVORO – ATTREZZATURE DI LAVORO – PREVENZIONE – MACCHINARI NON CONFORMI ALLE PRESCRIZIONI ANTINFORTUNISTICHE
massima
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Vi è la responsabilità del legale rappresentante dell’impresa per aver cagionato a lavoratore lesioni personali consistite nell’amputazione di quattro dita della mano destra, dalle quali era derivata una malattia ed una incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni superiore a quaranta giorni con perdita dell’uso dell’organo della prensione. In particolare il datore di lavoro aveva consentito al lavoratore di operare, nello stabilimento sulla macchina ondulatrice “Olivini”, in assenza d’istruzioni e di procedure scritte per l’uso della stessa; nè aveva impedito al dipendente, intento a lavorare alla regolazione dei rulli ondulatori della macchina, tra i quali aveva fatto passare una striscia di carta, che ne rimanesse bloccata la mano destra tra il cilindro ondulatore (in movimento) e quello incollatore (fermo), nel tentativo di recuperare una striscia di carta rimasta attaccata al cilindro ondulatore inferiore.
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FATTO
Con sentenza 4 ottobre 2010, la Corte d’appello di Firenze confermava la sentenza emessa il 15 ottobre 2008 dal Tribunale di Firenze – Sezione staccata di Empoli che giudicò (Omissis) ed (Omissis) (imputato non ricorrente) responsabili del delitto di cui agli artt.113, 590, commi 1, 2 e 3 in relazione all’art. 583 c.p., comma 1, n. 1 e comma 2, n. 3, per aver cagionato: il (Omissis), in qualità di legale rappresentante della (Omissis) s.r.l., a (Omissis), lesioni personali consistite nell’amputazione di quattro dita della mano destra – dalle quali era derivata una malattia ed una incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni superiore a quaranta giorni con perdita dell’uso dell’organo della prensione – versando in colpa generica e nella specifica violazione del Decreto Legislativo n. 626 del 1994, art. 35; fatto commesso in (Omissis).
In particolare il (Omissis) aveva consentito al (Omissis) di operare, nello stabilimento della (Omissis) s.r.l. sulla macchina ondulatrice “Olivini” (costruita ed installata dal coimputato (Omissis) secondo modalità non conformi alle norme di sicurezza antinfortunistiche) in assenza d’istruzioni e di procedure scritte per l’uso della stessa; nè aveva impedito al dipendente, intento a lavorare alla regolazione dei rulli ondulatori della macchina, tra i quali aveva fatto passare una striscia di carta, che ne rimanesse bloccata la mano destra tra il cilindro ondulatore (in movimento) e quello incollatore (fermo), nel tentativo di recuperare una striscia di carta rimasta attaccata al cilindro ondulatore inferiore.
Avverso la sentenza ricorre per cassazione l’imputato, per tramite del difensore, anche nella veste di amministratore unico e legale rappresentante della (Omissis) s.r.l. responsabile civile articolando un’unica censura, per erronea applicazione del Decreto Legislativo n. 626 del 1994, art. 35 e per contraddittorietà e/o illogicità della motivazione.
Secondo il ricorrente, diversamente da quanto sostenuto dalla Corte d’appello di Firenze, alla stessa parte offesa – assunta con il preciso incarico di procedere al collaudo del macchinario sulla base della sua esperienza di lavoro di quarant’anni incombeva l’obbligo di verificarne anche la conformità alle disposizioni antinfortunistiche. L’operaio avrebbe quindi dovuto rilevare la carenza di schermatura dei rulli contrapporti,trattandosi di elemento di per sè evidente. L’evento – ad avviso della difesa – risaliva ad una condotta abnorme del (Omissis) che avrebbe in ogni caso dovuto astenersi dal raccogliere con la mano la carta direttamente dai rulli, in quanto ben consapevole della pericolosità oltreché della inutilità della manovra.
Da ultimo eccepisce il ricorrente la sopravvenuta estinzione per prescrizione del reato commesso il (Omissis).
DIRITTO
Preliminarmente deve esser esaminata la questione dell’eccepita prescrizione. Ritiene il Collegio che – avuto riguardo al tempus commissi delicti ((Omissis)), al titolo del reato (lesioni colpose gravi commesse con violazione della normativa antinfortunistica) ed alla pena edittale per lo stesso prevista – deve ritenersi ormai definitivamente maturata detta causa estintiva del reato, anteriormente all’odierna udienza (anche a voler tener conto di pregressi periodi di sospensione che conducono a procrastinare il termine ultimo di prescrizione fino al 14 febbraio 2011, come riportato in atti) essendo interamente decorso il termine massimo di prescrizione (sette anni e sei mesi) applicabile nel caso di specie, vuoi con la previgente disciplina dell’istituto che con quella attualmente in vigore, a seguito delle modifiche introdotte con la Legge n. 251 del 2005.
Tanto premesso, occorre ciononostante verificare se, avuto riguardo ai motivi dedotti dal ricorrente in relazione alle argomentazioni svolte dalla Corte d’Appello di Firenze nell’impugnata sentenza, il ricorso presenti profili di inammissibilità per la manifesta infondatezza delle doglianze ovvero perchè basato su censure non deducibili in sede di legittimità, tali, dunque, da non consentire di rilevare l’intervenuta prescrizione (posto che si tratterebbe di causa originaria di inammissibilità). Ebbene, il rilievo della prescrizione va escluso, nella concreta fattispecie, ostandovi l’inammissibilità del ricorso perchè manifestamente infondato e perchè contenente la deduzione di censure di merito, non consentite in sede di legittimità.
Circa l’unica doglianza dedotta in relazione a presunti vizi motivazionali, osserva il Collegio che la Corte distrettuale, nel respingere l’appello proposto dal (Omissis), ha puntualmente e congruamente evidenziato, a dimostrazione della fondatezza della prospettazione accusatoria anche in relazione al profilo di colpa specifica per la violazione del Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 35, contestata all’imputato, che a nulla rilevava, al fine dell’esclusione della responsabilità dell’imputato, che il (Omissis) fosse stato assunto con lo specifico incarico di procedere al collaudo della macchina ondulatrice, in forza della sua quarantennale esperienza attesochè era preciso obbligo del datore di lavoro mettere a disposizione di quanti operavano nell’azienda, macchinari conformi alle prescrizioni antinfortunistiche, a prescindere dalle competenze professionali o dalle specifiche mansioni esercitate. Nè era dimostrato che la parte offesa avesse avuto incarico dal (Omissis) di verificare la rispondenza della macchina alle prescrizioni antinfortunistiche. In tal caso, comunque, sarebbe stato preciso obbligo dell’imputato, prima dell’installazione della macchina e della sua messa in funzione, procedere ad una specifica verifica della stessa con l’ausilio di personale tecnico esperto, in collaborazione diretta con la ditta costruttrice. Ha poi escluso la Corte d’appello, giudicando infondati gli assunti dedotti dall’imputato a propria discolpa, che la condotta della parte lesa, con particolare riferimento all’aver infilato la mano fra i rulli in movimento, avesse determinato l’interruzione del nesso di causa a causa dell’abnormità, dell’eccezionalità e dell’imprevedibilità di siffatto comportamento. Alla stregua della giurisprudenza di legittimità, ivi citata (Sez. 4 n. 16422 del 2007), nessuna efficacia causale può infatti attribuirsi alla condotta del lavoratore nel caso in cui l’evento lesivo discenda dalla mancanza od insufficienza di quelle cautele antinfortunistiche che, ove adottate, avrebbero neutralizzato il rischio insito nella condotta stessa. Nel caso di specie era stato pacificamente acclarato in punto di fatto che la parte lesa,lungi dal compiere un’azione del tutto esorbitante ed avulsa rispetto alle mansioni demandategli, verosimilmente con un gesto tanto semplice quanto irriflessivo ed istintivo, aveva tentato di impedire la caduta dalla macchina, del materiale del quale era intento a provare l’impiego, senza considerare – o non considerando a sufficienza – il rischio che la mano potesse essere afferrata dalle parti in movimento della stessa, prive di protezione. è principio di diritto costantemente riaffermato dalla citata giurisprudenza di legittimità quello secondo il quale le prescrizioni antinfortunistiche sono volte a tutelare il lavoratore stesso anche dagli incidenti dovuti a sua negligenza, imprudenza od imprudenza.
Alla declaratoria di inammissibilità segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché (trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente cfr. Corte Costituzionale sent. n. 186 del 7-13 giugno 2000) al versamento, a favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in euro 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 1.000,00 a favore della cassa delle ammende.
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