CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 02 dicembre 2013, n. 27008
Tributi – Attribuzione di rendita catastale – Motivazione – Necessità
Svolgimento del processo e motivi della decisione
L’Agenzia del Territorio ricorre per cassazione avverso la sentenza 52/14/10 del 16 giugno 2010 con cui la Commissione Tributaria Regionale del Veneto – Mestre aveva rigettato l’appello dell’Ufficio avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale La pronuncia di primo grado aveva accolto il ricorso della contribuente avverso l’avviso di accertamento con cui l’Agenzia del Territorio aveva provveduto a variare la rendita catastale denunciata dalla contribuente in riferimento ad unità immobiliare adibita in sede bancaria, e che aveva formato oggetto di una ristrutturazione.
La contribuente si è costituita in giudizio ed ha anche depositato memoria.
Il ricorso deve essere rigettato.
E’ opinione del Collegio che sussista un obbligo della Amministrazione di sorreggere con adeguata motivazione ogni atto con cui ‘‘accerti” un quid di fiscalmente rilevante.
E’ -per contrapposto- ovvio che non occorre alcuna motivazione ove la Amministrazione operi su dati fomiti dal contribuente o comunque già definiti fra le parti. Ed è altrettanto ovvio che l’obbligo di motivazione assume contenuti e portata differenti a seconda di ciò che si “accerta”.
Nel caso di specie, relativo alla attribuzione di una rendita catastale per “stima diretta” l’ammontare della rendita stessa discende dal valore attribuito al bene. La mera indicazione di una diversa valutazione rispetto a quella proposta dal contribuente costituisce quindi il dispositivo dell’atto e non la motivazione, che deve (a somiglianza di quanto accade in caso di applicazione dell’imposta di registro) invece enunciare i criteri e gli elementi che determinano la mancata accettazione delle indicazioni del contribuente.
Appare perciò corretta la decisione del giudice d’appello secondo cui “le motivazioni ad origine dell’atto impositivo sono espresse in forma tale che si possono intendere assenti o espresse in maniera oggettivamente succinta, non indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che determinarono la decisione”. Laddove la portata della espressione “oggettivamente succinta” (che di per sé sola non integrerebbe un difetto di motivazione), è chiarita dalle successive parole (che trovano rispondenza nel testo dell’atto riportato nel controricorso) secondo cui non erano indicati “i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche” dell’avviso emesso dalla Amministrazione.
La complessità e novità delle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese.
P.Q.M.
Rigetta il riscorso. Compensa fra le parti le spese del presente grado di giudizio.
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