La Corte di Cassazione, sezione civile, con la sentenza n. 26124 depositata il 21 novembre 2013 intervenendo in tema di transazioni e procedure concorsuali ha statuito che in tema di revocatoria di transazione si deve anzitutto osservare che il divieto d’impugnazione della transazione per causa di lesione, sancito dall’art. 1970 c.c., si riferisce alle parti transigenti e non ai creditori di esse, che sono estranei all’atto. Pertanto, i creditori e, dopo il fallimento del debitore, il curatore ben possono esercitare l’azione revocatoria contro un atto di transazione posto in essere in danno delle ragioni dei creditori. Il punto, che non è controverso tra le parti, evidenzia, tuttavia, una difficoltà strutturale, alla base della esclusione della risolubilità per lesione, nel valutare tutti gli elementi che hanno indotto le parti a transigere, al fine di stabilire se la rinuncia fatta da una di esse ad alcune delle sue pretese sia o meno proporzionata a quella fatta dall’altra parte. Secondo una risalente pronunzia di questa Corte tale difficoltà dovrebbe essere superata, caso per caso, dal prudente apprezzamento del giudice di merito, e cioè “dall’accertamento giudiziale ex post di quella che era la reale situazione giuridica precedente alla transazione, e, quindi, dalla prova che dalla transazione è derivato un regolamento non conforme a tale realtà, vale a dire pregiudizievole” per i creditori (Cass. 14 maggio 1963, n. 1180, con riferimento ad una revocatoria ordinaria di transazione)
La vicenda aveva riguardato la transazione stipulata tra due società con riferimento alla controversia pendente innanzi al Tribunale ed avente ad oggetto la domanda di risarcimento dei danni formulata dalla prima, successivamente fallita, nei confronti della seconda per la mancata fornitura di telefoni cellulari.
Il fallimento della società che aveva subito il danno da mancata fornitura impugna la transazione sottoscritta inanzi al Tribunale che accoglie la domanda di revoca, ai sensi dell’art. 67, comma 1 n. 1, l. fall, e dell’art. 2901 c.c. della transazione. In sede di Appello promosso dalla parte soccombente i giudici territoriali in totale riforma della sentenza di primo grado rigettavano la domanda del fallimento della società danneggiata. In particolare in merito alla subordinata, i giudici distrettuali, rigettavano la richiesta di revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c., in quanto era rimasta sfornita di prova l’affermazione della curatela secondo cui entrambi i contraenti erano a conoscenza del gravissimo pregiudizio che la transazione avrebbe arrecato al ceto creditorio, mentre nulla era stato dedotto a proposito dell’esistenza del credito pregiudicato e dell’eventus damni.
Il fallimento per la cessazione della sentenza della Corte di Appello propone ricorso, basato su sei motivi di censura, alla Corte Suprema.
Gli Ermellini rigettano il ricorso. I giudici di legittimità puntualizzano che il divieto di impugnazione della transazione per causa di lesione, ex art. 1970 c.c., si riferisce alle parti transienti e non anche ai creditori di esse, estranei all’atto. I creditori e, dopo il fallimento del debitore, il curatore, pertanto, possono legittimamente esercitare l’azione revocatoria contro un atto di transazione posto in essere in danno delle ragioni creditorie.
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